22 Novembre 2016

Eccezione di giudicato esterno ed autosufficienza del ricorso per cassazione

di Enrico Picozzi Scarica in PDF

 

Cass., Sez. II, 5 settembre 2016 n. 17576 (sent.)

Pres. Mazzacane – Est. Criscuolo

Impugnazioni civili – Ricorso per cassazione – Eccezione di giudicato esterno –Principio dell’autosufficienza – Condizioni (C.p.c. artt. 324, 366, 1° comma, n. 6; c.c. art. 2909)

Impugnazioni civili – Sentenza che proceda alla formazione di autonomi progetti divisionali – Interesse ad impugnare – Insussistenza (C.p.c. art. 100)

[1] Il ricorrente che deduca la violazione di un giudicato esterno deve, a pena di inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa. 

[2] È privo di interesse il motivo di impugnazione mediante il quale si censuri il criterio divisionale adottato, allorquando sia stata assicurata ai condividenti la corrispondenza delle quote in natura al valore delle quote ideali da questi vantate. 

CASO
[1] [2] Nell’ambito di un giudizio di scioglimento delle comunioni, il Tribunale adito dispone la divisione dei beni appartenenti a diverse masse, formando un unico progetto divisionale e dichiarando inammissibile la domanda diretta al conseguimento dei frutti prodotti dai beni collazionati. La Corte d’Appello, riforma la pronuncia, disponendo, da un lato, che la divisione debba realizzarsi sulla base di distinti progetti divisionali, giacché i beni coinvolti provengono da differenti titoli e costituiscono quindi autonome masse; dall’altro lato, accoglie la domanda relativa ai frutti. L’originario attore ricorre dunque per cassazione, censurando quella parte di sentenza che aveva optato per un diverso criterio divisionale come pure quella che, nel riconoscere il diritto ai frutti, avrebbe violato, a suo dire, il formarsi di un giudicato esterno circa l’inammissibilità della pretesa.

SOLUZIONE
[1] [2] La Suprema Corte respinge il primo motivo di gravame tanto in rito quanto nel merito. Più precisamente, il ricorrente, nel censurare la violazione di un giudicato esterno (rappresentato da una sentenza non definitiva) non ha trascritto integralmente il testo della sentenza, contravvenendo così al principio indicato nella prima massima. In ogni caso, anche nel merito, la censura risulta infondata, poiché la sentenza non definitiva – di cui si lamenta l’erronea valutazione – non ha affrontato la questione relativa al riconoscimento dei frutti sui beni donati. Alla declaratoria di inammissibilità, il giudice di legittimità perviene anche in riferimento all’ulteriore motivo di impugnazione: infatti, la situazione dell’impugnante non viene a mutare se la sua quota – identica a quella dell’altra parte – venga calcolata in base ad una pluralità di progetti divisionali piuttosto che in base ad un unico progetto.

QUESTIONI
[1] [2] La pronuncia in commento – per quanto concerne la prima soluzione adottata – aderisce all’orientamento maggioritario nonché più rigido in tema di autosufficienza (cfr. Cass., Sez. Lav., 10 maggio 2016, n. 9472; Cass., Sez. V, 11 febbraio 2015, n. 2617; Cass., Sez. III, 13 luglio 2012, n. 13658). La conclusione non persuade in quanto si pone in contrasto con i principi espressi dal Protocollo d’intesa sottoscritto dalla Corte di Cassazione e dal C.n.f. (v. Donzelli, Il protocollo d’intesa sulle regole redazionali degli atti del giudizio di cassazione in materia civile e tributaria). Inoltre, anche da un’altra prospettiva ovvero quella del «right of access to a court» (v. Cedu, 22 febbraio 2012, caso Andreyev c. Estonia), la sanzione dell’inammissibilità sembra eccessiva ogniqualvolta le lacune documentali del ricorso principale possano essere colmate – in via di eterointegrazione – dal controricorso (così isolatamente Cass., Sez. V, 6 febbraio 2015, n. 2218, in Riv. dir. proc., 2016, 553 e ss.; ma contra Cass., Sez. V, 20 marzo 2015, n. 5655; Cass., Sez. Un., 9 giugno 2014, n. 12922): ciò che, peraltro, si è verificato nella fattispecie in esame ove all’affermazione della violazione del canone di autosufficienza, ha fatto seguito una pronuncia sul merito del motivo. Appare, invece, condivisibile, la seconda massima, giacché l’accoglimento della censura non avrebbe determinato alcun mutamento – né in termini di maggior vantaggio né in termini di minor pregiudizio – nella posizione sostanziale del ricorrente.