Doveri e responsabilità del liquidatore di una società di capitali
di Eleonora Giacometti, Avvocato Scarica in PDFParole chiave: Società di capitali – Società a responsabilità limitata – liquidazione – liquidatore – par condicio creditorum – prelazione – azione di responsabilità – amministrazione – mala gestio.
Massima: “Il liquidatore di società di capitali ha il dovere di procedere ad un’ordinata liquidazione del patrimonio sociale, pagando i debiti secondo il principio della “par condicio creditorum”; in particolare, egli ha l’obbligo di accertare la composizione dei debiti sociali e di riparare eventuali errori od omissioni commessi dagli amministratori nel rappresentare la situazione contabile e patrimoniale della società, riconoscendo debiti eventualmente non appostati nei bilanci e graduando l’insieme dei debiti sociali, dopo averli verificati, in base ai privilegi legali che li assistono, il pagamento dei quali deve avvenire prima di quello dei crediti non garantiti da cause di prelazione”.
Disposizioni applicate: artt. 2392 s.s. c.c. e 146 L.F. e art. 2764 c.c.
Con il giudizio in esame il liquidatore di una società fallita ha impugnato la sentenza di primo grado del Tribunale delle Imprese di Milano che lo aveva condannato ad un risarcimento dal danno in favore della fallita nel contesto di un’azione di responsabilità ex artt. 2392 ss c.c. e 146 L.F. intrapresa dal curatore fallimentare.
In particolare, quest’ultimo gli aveva contestato i seguenti atti di mala gestio: a) la prosecuzione di rapporti di fornitura con una società già insolvente; b) l’inerzia nel recupero di un ingente credito già scaduto, c) il subentro in un contratto di leasing avente ad oggetto un telaio per la produzione tessile mai utilizzato dalla società e d) l’esecuzione, in fase di liquidazione, di pagamenti preferenziali in favore di una S.r.l. da lui stesso partecipata ad amministrata in conflitto di interesse.
A fronte di tali condotte, tutte validate dal giudice di prime cure, il liquidatore ha proposto un appello fondato su tre principali motivi, ossia l’erroneità in primo grado della valutazione delle prove concernenti il suddetto conflitto di interesse e di quelle relative al mancato utilizzo del telaio oggetto del contratto di leasing e l’erroneità della valutazione del Tribunale che ha ritenuto illegittimi, perché preferenziali in violazione della par condicio creditorum, i pagamenti effettuati in favore della società partecipata, trattandosi di pagamenti aventi ad oggetto canoni di locazione scaduti.
Analizzando tali motivi, la sentenza ha preliminarmente richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in merito alle responsabilità incombenti sul liquidatore di una società di capitali il quale ha il dovere di “accertare la composizione dei debiti sociali e di riparare eventuali errori od omissioni commessi dagli amministratori cessati dalla carica nel rappresentare la situazione contabile e patrimoniale della società, riconoscendo debiti eventualmente non appostati nei bilanci e graduando l’insieme dei debiti sociali, dopo averli verificati, in base ai privilegi legali che li assistono, il pagamento dei quali deve avvenire prima di quello dei crediti non garantiti da cause di prelazione” (così la recente Ordinanza della Corte di Cassazione n. 521 del 15 gennaio 2020).
Partendo da tale presupposto, la Corte d’Appello di Milano ha ritenuto corretta la sentenza impugnata, in quanto i pagamenti effettuati dal liquidatore appellante erano effettivamente imputabili ai canoni di locazione, ma l’art 2764 c.c. prevede un privilegio speciale sui beni che servono a fornire l’immobile solo in relazione al credito del locatore “dell’anno in corso, dell’antecedente e dei successivi” (ad esempio, nel caso di un immobile industriale, il privilegio sui macchinari, la materia prima, il prodotto lavorato ed il prodotto finito).
Dalla documentazione prodotta in primo grado emergeva tuttavia che la società in liquidazione aveva versato, nel 2012, anche i canoni di locazione relativi agli anni 2008 e 2009; si trattava, pertanto, di pagamenti di canoni scaduti da più di due anni, non più assistiti dal privilegio speciale di cui all’art 2764 c.c.
Trattandosi quindi di un credito chirografario, nel disporre i suddetti pagamenti in via privilegiata il liquidatore aveva violato la regola della par condicio creditorum, con ciò confermando il proprio inadempimento e la propria fonte di responsabilità.
Analogamente, anche con riguardo alle altre contestazioni, la Corte milanese ha rilevato che il liquidatore era risultato inadempiente in quanto aveva continuato, per un lungo periodo, a far credito ad una società che, come confermato dai bilanci depositati in primo grado, si trovava già in uno stato di insolvenza ed era, inoltre, subentrato in un contratto di leasing relativo ad un macchinario di cui, però, non era riuscito a dimostrarne l’effettivo utilizzo da parte della società (e neppure vi sarebbe riuscito se fossero state ammesse le testimonianze richieste in primo grado in quanto erano stati citati come testimoni i legali rappresentanti di altre società che nulla avrebbero potuto sapere del caso di specie).
Per tutti i suddetti motivi, la Corte d’Appello di Milano ha quindi rigettato l’impugnazione, confermando la sentenza di primo grado e condannando il liquidatore appellante alla rifusione delle spese di lite in favore del fallimento.
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