16 Maggio 2023

Donazioni lesive dei diritti dei legittimari e modalità di riduzione

di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDF

Cass. Civ., Sez. 2, Ordinanza n. 35461 del 02/12/2022

Successioni “mortis causa” – successione necessaria – reintegrazione della quota di riserva dei legittimari – azione di riduzione (lesione della quota di riserva) – oggetto – donazione legittimario – reintegrazione della quota di riserva – azione di riduzione – modalità di riduzione delle donazioni – dalla più recente alla più vecchia – inderogabilità – scelta del legittimario di ridurre una donazione anteriore senza previamente aggredire quella posteriore – limiti – onere del legittimario (e del giudice) di scomputare dal valore della riduzione richiesta il valore della riduzione che il legittimario avrebbe potuto chiedere al donatario posteriore.

In tema di tutela dei diritti del legittimario, le donazioni che il “de cuius” abbia fatto in vita, qualora debbano essere oggetto di riduzione ai fini della reintegrazione della quota di riserva, si riducono a cominciare dall’ultima e risalendo via via alle anteriori. Tale ordine è tassativo ed inderogabile, cosicché non è consentito al legittimario di far ricadere il peso della riduzione in modo difforme da quanto disposto dagli artt. 555, 558 e 559 cod. civ. e, pertanto, la scelta del legittimario di ridurre una donazione anteriore senza previamente aggredire quella più recente incontra il limite rappresentato dall’onere di scomputare dal valore della riduzione richiesta quello della riduzione che il legittimario avrebbe potuto richiedere al donatario posteriore, giacché egli non può recuperare, a scapito di un donatario anteriore, quanto potrebbe conseguire agendo in riduzione nei confronti del donatario più recente. 

Disposizioni applicate

Articoli 555, 558 e 559 cod. civ.

[1] La sentenza in commento si rileva di estremo interesse sotto molteplici aspetti dei quali, nella presente sede, ci si limiterà ad evidenziare quello attinente alle modalità di riduzione degli atti di liberalità compiuti dal de cuius.

Il caso analizzato dai giudici riguarda la successione testamentaria di Tizio. Alla morte, egli lasciava a sé superstiti la coniuge Tizia e le figlie Caia e Sempronia.

Il testamento di Tizio nominava erede la moglie, lasciando alle figlie la sola quota di riserva.

Sempronia promuoveva un giudizio contro la sorella, nei cui confronti, nel contraddittorio con Tizia, fu chiesta la riduzione delle donazioni elargite dal genitore a favore di Caia. Il Tribunale, dopo aver accertato l’entità dei beni relitti e dei beni donati e aver stabilito la misura della quota di riserva, ha riconosciuto il diritto dell’attrice ad incamerare la totalità dei beni relitti e ha condannato la donataria, convenuta in riduzione, a corrispondere per equivalente quanto ancora occorrente per reintegrare la quota di riserva spettante all’attrice.

La Corte d’Appello, adita da Caia, ha confermato la decisione del Giudice di primo grado.

[2] Caia adiva, dunque, la Cassazione, fondando il proprio ricorso su diversi motivi. La Corte ha ritenuto il ricorso fondato, rinviando la causa innanzi alla Corte d’Appello per una corretta e compiuta ricostruzione dell’asse ereditario e delle liberalità effettuate in vita dal de cuius ai fini dell’esatta determinazione dell’eventuale lesione dei diritti di legittima subiti da Sempronia.

Come anticipato, la presente analisi si focalizzerà solo su uno degli aspetti esaminati dagli Ermellini: l’ordine di riduzione delle donazioni effettuate in vita dal de cuius.

La Suprema Corte ha, al riguardo, avuto modo di analizzare la portata delle disposizioni di cui agli artt. 555 e ss. cod civ., ricordando come “se il de cuius ha fatto più donazioni o disposizioni testamentarie, in prima linea sono soggette a riduzione, fino a esaurimento dei beni che ne formano oggetto, le disposizioni testamentarie; successivamente si passa alle donazioni (art. 555, comma 2, cod. civ.). Se le disposizioni testamentarie sono più di una la loro riduzione avviene proporzionalmente senza distinguere fra eredi e legatari (art. 558 cod. civ.). In caso di più donazioni queste non si riducono proporzionalmente, come le disposizioni testamentarie (art. 558 cod. civ.), ma «cominciando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori» (art. 559)”.

Da tale sistema di norme emerge con evidenza l’interesse di Caia, da un lato, a far risultare che i beni relitti avessero una consistenza maggiore rispetto a quella indicata dai giudici di merito, in modo da escludere o circoscrivere l’esistenza di una lesione cagionata dalle donazioni, dall’altro, a fare emergere l’esistenza di eventuali donazioni, in ipotesi anteriori alla sua, in guisa da elidere o circoscrivere la riducibilità delle proprie.

La Suprema Corte procede, dunque ad una dettagliata analisi critica dell’operato del giudice di merito. Costui ha accertato che il valore dei beni relitti non eguagliava la quota riservata a Sempronia, la quale, a differenza di Tizia e Caia, non aveva beneficiato di alcuna liberalità; per tale ragione ha attribuito all’attrice la totalità del relictum, consentendole poi di recuperare quanto ancora occorrente per la integrazione della quota riservata tramite la riduzione del donatum a Caia. Il tribunale, nell’operare il calcolo, ha chiaramente identificato l’esistenza di una donazione fatta al coniuge, ma ha escluso il carattere lesivo della stessa in considerazione del fatto che il testatore aveva istituito le figlie nella sola quota di legittima, lasciando quindi la quota di un mezzo del patrimonio al coniuge, la cui donazione era però di valore inferiore.

Gli Ermellini evidenziano come sia, rispetto a tale modo di procedere, “inevitabile obiettare che il tribunale ha operato una (parziale) redistribuzione del donatum fra le coeredi. Un simile effetto, però, è una conseguenza dell’operatività della collazione, che il tribunale e la Corte d’appello non hanno applicato. I giudici di merito si sono mossi nella logica della riduzione, che imponeva di considerare l’ordine cronologico delle donazioni (supra). Secondo le regole della riduzione, le donazioni non sono redistribuite fra i coeredi indistintamente, come nella collazione, ma sono sacrificabili a favore del legittimario nell’ordine stabilito dagli art. 555 e 559 cod. civ. Insomma, se il calcolo generale della quota di riserva, imposto dall’art. 556 cod. civ., rivela che la disponibile è stata esaurita in vita con donazioni, la considerazione che una donazione più recente è di valore inferiore alla quota di eredità, eventualmente spettante al donatario in forza del testamento, non vale a sottrarla dalla riduzione. La salvaguardia della proporzionalità fra quota e porzione è assicurata, nei rapporti indicati dall’art. 737 cod. civ., dalla collazione, mentre la riduzione non ha altra finalità che la reintegrazione della quota di riserva eventualmente lesa dalla donazione”. [1]

Caia, pertanto, istituita nella sola quota di riserva, conservava le proprie donazioni oltre tale limite, beneficiando anche di parte della disponibile che, in base al testamento, spettava per intero al coniuge, la quale aveva ricevuto una donazione inferiore alla metà dell’asse, cui avrebbe avuto diritto in base all’istituzione testamentaria.[2] Tale aspetto, però, che coinvolge i rapporti fra Caia e Tizia, non ha costituito oggetto di censura da parte della stessa Tizia.

[3] Come anche evidenziato nella sentenza in esame, l’ordine di riduzione delle diverse disposizioni lesive dei diritti di alcun legittimario (siano esse testamentarie o donative) viene ritenuto inderogabile dalla Giurisprudenza di legittimità.[3]

Se si tiene presente che su colui che agisce in riduzione non grava l’onere di convenire in giudizio tutti i beneficiari di disposizioni lesive, non verificandosi, pertanto, alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario,[4] ci si deve interrogare su quali siano le conseguenze operative della suddetta tassatività.

Può ben essere, infatti, che il legittimario non agisca nei confronti di tutti coloro che abbiano ricevuto un beneficio per via testamentaria in misura tale da ledere i suoi diritti. Ciò avviene, ad esempio, quando l’azione dovrebbe essere promossa nei confronti di un legatario che non sia anche coerede ed il legittimario non abbia accettato (e non sia più nella possibilità di farlo) l’eredità con beneficio di inventario.[5] Potrebbe, altresì, essere lo stesso legittimario a non volere (per ragioni personali) agire contro un determinato soggetto. Orbene, in tutte tali ipotesi, egli “non potrà recuperare, a scapito dei convenuti, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia voluto o potuto convenire in riduzione”.[6]

Ulteriore conseguenza dei principi dettati dal nostro codice circa le modalità ed ordine di riduzione è che il legittimario può aggredire i donatari solo con riferimento alla differenza (del tutto eventuale) fra la legittima e il valore dei beni relitti. Se, infatti, il c.d. relictum è sufficiente a soddisfare i diritti dei legittimari, i donatari sono al riparo da qualsiasi pretesa. Anche in tal caso, dunque, l’eventuale mancata citazione in giudizio di coloro che abbiano conseguito i beni relitti non può andare a discapito di coloro che abbiano ricevuto liberalità nel corso della vita del de cuius.

Infine, con riferimento all’ipotesi in cui il relictum non sia sufficiente (in tutto o in parte) a reintegrare il legittimario nella propria quota di riserva, dovrà rispettarsi il criterio cronologico stabilito dal legislatore con riferimento alle donazioni (dalla più recente alla più antica).

Anche in tal caso, il legittimario non può recuperare a scapito di un donatario anteriore quanto potrebbe ricevere dal donatario posteriore[7] e, pertanto, se la donazione posteriore è capiente le anteriori non sono riducibili, anche se la prima non sia stata attaccata in concreto con l’azione di riduzione.[8]

Eccezione a tale rigoroso criterio cronologico si ha solo allorché non sia possibile stabilire, tra più liberalità, quale sia anteriore. In caso di donazioni coeve, infatti, la giurisprudenza ritiene si debba procedere alla riduzione proporzionale di tutte, analogamente a quanto avviene per le disposizioni testamentarie.[9] Se più donazioni sono state stipulate lo stesso giorno con atti distinti, l’art. 559 cod. civ. troverà applicazione solo se i vari rogiti risultino stipulati in ore diverse e sempre che l’orario risulti dal rogito. Vi è da dire che sin dall’anno 2007, per tutti gli atti notarili conservati a raccolta, è prevista l’indicazione dell’ora di sottoscrizione; sebbene una eventuale mancanza non abbia riflessi sulla validità dell’atto (derivandone solo una sanzione disciplinare a carico del Notaio), essa sarà pressoché sempre presente, così venendo in concreto ad escludere in radice la problematica paventata.

[1] In questo senso si vedano Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 23403 del 27/07/2022; nonché, in particolare, Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 28196 del 10/12/2020: “Mentre la riduzione sacrifica i donatari nei limiti di quanto occorra per reintegrare la legittima lesa ed è quindi imperniata sul rapporto fra legittima e disponibile, la collazione, nei rapporti indicati nell’art. 737 cod. civ., pone il bene donato, in proporzione della quota ereditaria di ciascuno, in comunione fra i coeredi che siano il coniuge o discendenti del “de cuius”, donatario compreso, senza alcun riguardo alla distinzione fra legittima e disponibile. Nondimeno, il rilievo che la collazione può comportare di fatto l’eliminazione di eventuali lesioni di legittima, consentendo agli eredi legittimi di conseguire nella divisione proporzioni uguali, non esclude che il legittimario possa contestualmente esercitare l’azione di riduzione verso il coerede donatario, atteso che solo l’accoglimento di tale domanda assicura al legittimario leso la reintegrazione della sua quota di riserva con l’assegnazione di beni in natura, privando i coeredi della facoltà di optare per l’imputazione del relativo valore. Al contempo, e in modo speculare, deve riconoscersi che l’azione di riduzione, una volta esperita, non esclude l’operatività della collazione con riguardo alla donazione oggetto di riduzione, fermo restando che mentre la collazione, ove richiesta in via esclusiva, comporta il rientro del bene donato nella massa, senza riguardo alla distinzione fra legittima e disponibile, nel caso di concorso con l’azione di riduzione essa interviene in un secondo tempo, dopo che la legittima sia stata reintegrata, al fine di redistribuire l’eventuale eccedenza, e cioè l’ulteriore valore della liberalità che esprime la disponibile”.

[2] Si veda Cass. Civ., Sez. 2, Ordinanza n. 14193 del 05/05/2022

[3] Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 4721 del 10/03/2016;

[4] Si veda Cass. Civ., Sez. 6, Ordinanza n. 32197 del 05/11/2021: “L’azione di riduzione non dà luogo a litisconsorzio necessario, né dal lato attivo né dal lato passivo, e può, quindi, essere esercitata nei confronti di uno solo degli obbligati alla integrazione della quota spettante al legittimario”.

[5] Si veda Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 1562 del 18/06/1964

[6] Così, in parte motiva, la sentenza in commento.

[7] Si vedano Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 22632 del 03/10/2013: “In tema di azione di riduzione, qualora il legittimario, ai sensi dell’art. 564 cod. civ., non possa aggredire la donazione più recente a favore di un non coerede per aver accettato l’eredità senza beneficio d’inventario, egli non può aggredire la donazione meno recente a favore del coerede, se non nei limiti in cui risulti dimostrata l’insufficienza della donazione più recente a reintegrare la quota di riserva, non potendo ricadere le conseguenze negative del mancato espletamento di quell’onere su soggetti estranei all’assolvimento dello stesso”; Cass. Civ., Sez. 2, Ordinanza n. 17881 del 03/07/2019; Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 3500 del 22/10/1975

[8] Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 17926 del 27/08/2020. Si veda, altresì, Cass. Civ. n. 32197/2021 cit.: qualora il legittimario “non abbia attaccato tutte le disposizioni testamentarie lesive, non potrà recuperare, a scapito dei convenuti, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia voluto o potuto convenire in riduzione, e potrà pretendere dai donatari solo l’eventuale differenza tra la legittima, calcolata sul “relictum” e il “donatum”, e il valore dei beni relitti – giacché la loro sufficienza libera i donatari da qualsiasi pretesa – né potrà recuperare a scapito di un donatario anteriore quanto potrebbe pretendere dal donatario posteriore, giacché se la donazione posteriore è capiente le anteriori non sono riducibili, ancorché la prima non sia stata attaccata in concreto dall’azione”.

[9] Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 29924 del 30/12/2020: “Il criterio cronologico di riduzione delle donazioni previsto dall’art. 559 cod. civ. non può operare allorquando si sia in presenza non già di donazioni successive, ma di più donazioni coeve, per le quali non sia possibile stabilire quale di esse sia anteriore rispetto alle altre. Ne consegue che in tale ipotesi, ove nessuno dei donatari è in grado di reclamare una priorità del suo titolo, non resta che applicare la riduzione proporzionale stabilita dall’art. 558 cod. civ. per le disposizioni testamentarie”.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Predisposizione e interpretazione del testamento: il ruolo dell’avvocato