29 Ottobre 2024

Documento telematicamente depositato nel (solo) giudizio di primo grado e dimostrazione in appello del fatto storico ivi rappresentato

di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. III, 8 ottobre 2024, n. 26298, Pres. Scarano, Est. Ambrosi

[1] Processo civile – Formazione del fascicolo – Documenti – Principio di non dispersione (o di acquisizione) della prova – Effetti sul giudizio d’appello.

In materia di prova documentale nel processo civile, il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova” – che opera anche per i documenti, prodotti con modalità telematiche o in formato cartaceo – comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione.

CASO

[1] Il Tribunale di Nocera Inferiore pronunciava decreto ingiuntivo a carico della ASL di Salerno per il pagamento del corrispettivo delle prestazioni rese in suo favore da una casa di cura nell’anno 2008.

La debitrice ingiunta proponeva opposizione ex art. 645 c.p.c. contestando parzialmente la somma ingiunta, sostenendo che la struttura privata aveva sforato il “tetto di spesa” previsto per il 2008 all’interno di un contratto (non depositato) recante la disciplina del rapporto per quell’anno.

Concessa la parziale provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo limitatamente al minore importo non contestato, con successiva ordinanza il Tribunale, ritenendolo necessario ai fini della formazione del proprio convincimento sulla vicenda, invitava le parti a depositare agli atti del giudizio ulteriore documentazione, tra cui il contratto (già richiamato dalla stessa ASL opponente quale presunta fonte dell’invocato limite di spesa), intervenuto tra le parti nel 2008.

All’esito del giudizio, il Tribunale di Nocera Inferiore rigettava l’opposizione della ASL di Salerno, confermando integralmente il decreto ingiuntivo opposto.

Avverso tale decisione la ASL di Salerno proponeva appello, che veniva integralmente accolto dal giudice di seconde cure, il quale revocava integralmente il decreto ingiuntivo opposto senza condannare l’ASL nemmeno al pagamento del minore importo da questa non contestato. Nel dettaglio, la corte di merito riteneva sfornita di prova l’esistenza di un valido ed efficace rapporto tra le parti, e ciò perché: a) il contratto intervenuto tra le parti non avrebbe potuto essere valutato dal giudice di prime cure, il quale avrebbe errato nel sollecitare le parti al relativo deposito, violando così i principi di cui all’art. 2697 c.c.; b) il contratto stesso non sarebbe stato depositato dall’appellata agli atti del giudizio di appello; c) non sarebbe stata raggiunta neppure la prova dell’accreditamento della struttura, presupposto per l’instaurazione del rapporto contrattuale.

Avverso tale pronuncia, la casa di cura proponeva ricorso per cassazione censurando, per quanto di interesse nella presente sede, due ordini di questioni.

Anzitutto, censurava la sentenza di secondo grado, nella parte in cui ha ritenuto che il contratto del 2008 non fosse stato nuovamente depositato in appello dall’esponente. Secondo la ricorrente, l’errore consisterebbe nel fatto che, per i documenti depositati telematicamente (e il contratto del 2008 – come dimostra l’allegata schermata polisweb, nonché come risulta dalla consultazione del fascicolo telematico di primo grado del Tribunale di Nocera Inferiore – era stato depositato telematicamente dalla medesima ricorrente nel giudizio di primo grado di opposizione a decreto ingiuntivo), non vi sarebbe stato alcun onere per l’appellante di depositarli nuovamente in appello: essi, infatti, farebbero parte del fascicolo telematico di primo grado che viene d’ufficio acquisito dalla corte di seconde cure.

In secondo luogo, censurava la sentenza d’appello nella parte in cui rilevava d’ufficio – nonostante nessun motivo in proposito fosse stato articolato nell’atto di appello, e che la stessa sentenza di primo grado avesse acclarato l’intervenuto accreditamento della struttura – la presunta mancanza della prova della sussistenza dell’accreditamento, e con motivazione apparente giudicava non sufficienti le prove fornite per dar conto della sussistenza dell’accreditamento della struttura e dei relativi limiti operativi.

SOLUZIONE

[1] Tali due motivi di ricorso, per motivi di connessione, vengono congiuntamente esaminati dalla Cassazione, che li giudica fondati.

Contrariamente a quanto statuito dalla Corte d’Appello di Salerno, infatti, parte ricorrente ha documentato l’avvenuto deposito telematico del contratto del 2008 in prime cure, come emerge dalla schermata polisweb munita di attestazione di conformità, dove si dà atto di un documento depositato nella data ivi indicata e, pertanto, tale parte non risultava gravata di alcun onere di depositare nuovamente il contratto concluso con l’ASL.

Quanto, poi, alla circostanza dell’accreditamento, come esattamente rilevato da parte ricorrente essa non è stata neppure posta in discussione dalle deduzioni della ASL, la quale con l’atto di appello aveva dato conto della sua sussistenza, nonché dell’esistenza tra le parti di un contratto recante la disciplina del rapporto per l’anno 2008, che tra i presupposti (espressamente richiamati all’interno dello stesso atto) prevedeva proprio l’accreditamento della struttura contraente.

La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso proposto, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno la quale, in diversa composizione, procederà a nuovo esame facendo applicazione dei principi disattesi.

QUESTIONI

[1] La principale questione affrontata dalla Suprema Corte attiene all’idoneità del deposito documentale effettuato in prime cure a valere anche per i successivi gradi di merito del medesimo procedimento: nel caso di specie, infatti, il contratto intercorrente tra la casa di cura creditrice e l’ASL debitrice era stato telematicamente depositato dalla prima nel giudizio di primo grado, ma non riprodotto, dalla medesima, nel giudizio di seconde cure.

Per rispondere a tale quesito, il provvedimento che si commenta si conforma integralmente a un principio recentemente affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione, secondo cui in materia di prova documentale nel processo civile, il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova” – che opera anche per i documenti, prodotti con modalità telematiche o in formato cartaceo – comporta che il fatto storico in essi rappresentato si abbia per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione (in tal senso, Cass., sez. un., 16 febbraio 2023, n. 4835, in Riv. dir. proc., 2024, 649 ss. con nota di N. Rascio, Principio di acquisizione e onere della prova nel giudizio di appello; in www.eclegal.it, 9 maggio 2023, con nota di F. Tedioli, Il dovere del giudice d’appello di prendere in considerazione il documento prodotto in primo grado).

All’interno della stessa pronuncia è stato precisato che allorché la parte abbia ottemperato all’onere processuale di compiere nell’atto di appello o nella comparsa di risposta una puntuale allegazione del fatto rappresentato dal documento (cartaceo) acquisito in primo grado, del quale invochi il riesame in sede di gravame, e la controparte non abbia provveduto a offrire in comunicazione lo stesso nel giudizio di secondo grado, il giudice può ritenere provato il fatto storico rappresentato dal documento nei termini specificamente allegati nell’atto difensivo.

Tale decisione, come noto, interviene su questione fortemente dibattuta sia in giurisprudenza sia in dottrina, e segna il superamento del precedente indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, all’opposto, “essendo l’appellante tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza delle singole censure mosse alle singole soluzioni offerte dalla sentenza impugnata, il cui riesame è chiesto per ottenere la riforma del capo decisorio appellato, l’appello da lui proposto, in mancanza di tale dimostrazione deve essere, in base ai principi, respinto, con conseguente conferma sostitutiva dei capi di sentenza appellati, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale” (così, Cass., sez. un., 23 dicembre 2005, n. 28498, in Riv. dir. proc., 2006, 1397 ss., con nota di R. Poli, L’oggetto del giudizio di appello; in Foro it., 2006, I, 1436 ss., con nota di G. Balena, R. Oriani, A. Proto Pisani, N. Rascio, Oggetto del giudizio di appello e riparto degli oneri probatori: una recente (e non accettabile) pronuncia delle sezioni unite; in Giur. it., 2007, 672 ss., con nota di A. Ronco, Appello e mancata (ri)produzione di un documento già prodotto in primo grado: onere della prova sulla fondatezza del motivo di gravame od onere della prova sulla fondatezza della domanda devoluta al giudice dell’impugnazione).

Tale orientamento ha trovato conferma, in particolare, nella successiva Cass., sez. un., 8 febbraio 2013, n. 3033 (in Riv. dir. proc., 2013, 1184 ss., con nota di R. Poli, Appello come revisio prioris instantiae e acquisizione del documento erroneamente interpretato o valutato dal giudice di primo grado), la quale ha ribadito essere “onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, al fine di dimostrare l’ingiustizia o l’invalidità della sentenza impugnata, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà di cui all’art. 76 disp. att. c.p.c. di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti, perché questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello”.

Il superamento di tale indirizzo, avvenuto per mano della richiamata Cass., sez. un., n. 4835/2023, è stato sollecitato dall’ordinanza interlocutoria del 9 maggio 2022, n. 14534 (in Riv. dir. proc., 2022, 1234 ss., con nota di M.C. Vanz, L’onere di (ri)produzione documentale: esigenze di speditezza processuale e nuove tecnologie digitali), la quale ha ravvisato l’opportunità di valorizzare le potenzialità proprie del c.d. processo civile telematico, la cui disciplina, con la formazione di un unico fascicolo che raccoglie tutti i documenti, avrebbe potuto condurre all’accantonamento della distinzione tra il fascicolo d’ufficio e il fascicolo di parte e comunque, non essendo contemplata la possibilità di ritiro dei documenti informatici, avrebbe dovuto determinare il risultato che questi venissero telematicamente appresi – con piena attuazione del principio di immanenza delle prove – dal giudice di secondo grado con l’acquisizione dell’unico fascicolo e indipendentemente dal comportamento dell’appellato.

Le Sezioni Unite del 2023, pur negando la predicabilità di un superamento tra fascicolo di parte e fascicolo d’ufficio, accolgono le istanze sottese all’ordinanza di rimessione, ampliando gli effetti del principio di acquisizione delle prove documentali, facendo leva sul valore della giustizia della decisione.

Tale indirizzo, come accennato, è stato sposato anche dal provvedimento in commento, che non ha mancato di rilevare, a tal proposito, come nel fascicolo informatico pacificamente confluiscano anche i documenti di parte, purché depositati telematicamente in primo grado e raccolti, pertanto, nel fascicolo d’ufficio. Da ciò, è derivata l’affermazione circa il positivo adempimento, da parte della casa di cura appellata, dell’onere di produrre il contratto stipulato con la ASL nel 2008 (telematicamente depositato in primo grado) anche per il grado d’appello, e l’accoglimento del motivo di ricorso per cassazione formulato.

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