16 Febbraio 2021

Divisione e risoluzione dei conflitti tra comproprietario e creditore pignorante

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. II, 24 novembre 2020, n. 26692 – Pres. Di Virgilio – Rel. Tedesco

Espropriazione di beni indivisi – Trascrizione del pignoramento – Anteriorità rispetto alla trascrizione della divisione – Opponibilità della divisione – Applicabilità dell’art. 2913 c.c. – Esclusione – Notifica dell’avviso previsto dall’art. 599 c.p.c. – Necessità

Nel caso di espropriazione forzata di immobile indiviso, la mancata notifica ai comproprietari, da parte del creditore procedente, dell’avviso prescritto dagli artt. 599 c.p.c. e 180 disp. att. c.p.c. determina l’opponibilità della divisione, anche se intervenuta successivamente alla trascrizione del pignoramento, non trovando applicazione l’art. 2913 c.c., che riguarda la diversa ipotesi degli atti con i quali il debitore trasferisca ad altri il diritto di proprietà o costituisca in favore di altri diritti reali sull’immobile oggetto di esecuzione.

CASO

La comproprietaria di un compendio immobiliare, dopo essersi vista assegnare, all’esito del giudizio di divisione, alcune delle particelle originariamente in comunione, agiva nei confronti di coloro che, risultati aggiudicatari nell’esecuzione forzata che era stata promossa contro l’altro condividente, erano divenuti proprietari, in base al decreto di trasferimento, anche di una porzione degli immobili assegnati all’attrice.

Nello specifico, tale porzione costituiva proprietà congiunta di altre particelle oggetto del pignoramento: quest’ultimo, pertanto, si era automaticamente esteso dal bene principale alla proprietà congiunta, la quale, nel giudizio di divisione, era stata assegnata all’attrice.

Sia in primo che in secondo grado, la domanda della comproprietaria volta a ottenere il completo ripristino del diritto di proprietà sulla porzione attribuitale in sede di divisione veniva respinta, dal momento che la trascrizione del pignoramento era precedente a quella della sentenza di divisione, mentre la relativa domanda non era stata trascritta, sicché, in applicazione dell’art. 2913 c.c., la divisione non era stata considerata opponibile al creditore procedente e, di riflesso, agli aggiudicatari.

La comproprietaria risultata soccombente proponeva, quindi, ricorso per cassazione, lamentando che, nell’ambito del processo esecutivo, non le era stato notificato l’avviso previsto dall’art. 599 c.p.c. e che il criterio dettato dall’art. 2913 c.c., riguardando gli atti di alienazione, non era applicabile alla divisione.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di censura articolato dalla ricorrente, ritenendo che il conflitto tra creditore pignorante e comproprietario risultato assegnatario di un bene colpito dal pignoramento non sia risolvibile sulla base della regola dettata dall’art. 2913 c.c., che ha per oggetto gli atti di alienazione del bene pignorato.

QUESTIONI

Nell’interessante pronuncia che si annota, vengono esaminati i rapporti tra pignoramento e giudizio di divisione, nel caso in cui quest’ultimo non si inserisca all’interno e nell’ambito del processo esecutivo, ai sensi degli artt. 600 e 601 c.p.c., ma sia stato autonomamente promosso dai comproprietari per addivenire allo scioglimento della comunione.

Nello specifico, il tema indagato dai giudici di legittimità atteneva ai conflitti tra creditore pignorante e aggiudicatario – da una parte – e condividente – dall’altra parte – divenuto proprietario esclusivo dei beni assegnatigli all’esito del giudizio di divisione e al quale non era stato notificato l’avviso prescritto dall’art. 599, comma 2, c.p.c.

I giudici di merito, considerando la divisione atto soggetto a trascrizione ai sensi dell’art. 2913 c.c., avevano sancito la prevalenza del diritto dell’aggiudicatario su quello attribuito al condividente all’esito della divisione giudiziale, giacché la relativa domanda non era stata trascritta, mentre la trascrizione della sentenza era successiva a quella del pignoramento: ciò in applicazione del principio prior in tempore potior in iure sancito dagli artt. 2644 e 2914 c.c.

Nella sentenza, tuttavia, si osserva che la norma dell’art. 2646 c.c., nel prevedere la trascrizione della divisione che ha per oggetto beni immobili, non richiede l’espletamento della formalità ai fini dell’opponibilità ai terzi, dal momento che non è ravvisabile un conflitto né, da un lato, tra colui che acquisti dai comproprietari il bene comune e non trascriva e gli stessi comproprietari che abbiano trascritto la divisione prima della trascrizione dell’acquisto, né, dall’altro lato, fra un terzo avente causa o creditore che abbia conseguito un diritto su un bene della comunione in forza di atto concluso con uno dei comproprietari e un altro comproprietario, che si veda assegnare in sede di divisione quello stesso bene; la divisione, infatti, in virtù della sua efficacia retroattiva (sancita dagli artt. 757 e 1116 c.c.), non opera alcun trasferimento di diritti dall’uno all’altro dei condividenti, sicché questi ultimi non sono né successori della collettività, né aventi causa l’uno dall’altro, ma direttamente dal dante causa dei partecipanti alla comunione medesima.

D’altro canto, la trascrizione della domanda di divisione non segue il medesimo regime delle altre domande giudiziali, ma produce gli effetti previsti dall’art. 1113 c.c. – ai sensi del quale i creditori e gli aventi causa da un partecipante alla comunione possono intervenire nella divisione, ma non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un’opposizione anteriormente alla divisione stessa e, trattandosi di beni immobili, l’abbiano trascritta prima della trascrizione dell’atto di divisione, ovvero della domanda (se si tratta di divisione giudiziale) – ed è richiesta al fine di garantire la continuità delle trascrizioni ai sensi dell’art. 2650 c.c.

Pertanto, chi trascrive contro uno dei comproprietari prima della trascrizione della divisione (o della domanda di divisione giudiziale) non consolida definitamente il proprio acquisto secondo lo schema dell’art. 2644 c.c., ma, ricorrendo le condizioni previste dall’art. 1113 c.c., acquisisce il diritto di impugnare la divisione già eseguita nella quale non sia potuto intervenire o di disconoscerne l’efficacia.

L’art. 1113 c.c., infatti, prevede, al comma 3, che debbono essere chiamati a partecipare al giudizio, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull’immobile da dividere, in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima dell’atto di divisione o della domanda giudiziale; dall’omissione della chiamata degli aventi diritto scaturisce, in capo a questi ultimi, il potere di impugnare la divisione (se la violazione è incorsa in danno di chi abbia fatto opposizione e abbia ricevuto un danno), ovvero di disconoscerne l’efficacia (da parte di chi abbia trascritto il negozio di acquisto o iscritto l’ipoteca).

Per quanto riguarda i vincoli e le limitazioni inerenti alla quota di un comproprietario (ivi compreso il pignoramento), essi, una volta attuata la divisione, si concentrano sui singoli beni assegnati a tale comproprietario, fermo restando che, mentre è consentita l’espropriazione dell’intera quota delle cose comuni spettante a uno dei comproprietari, limitatamente a tutti i beni di una determinata specie (immobili, mobili o crediti), non è ammissibile l’espropriazione forzata della quota di un singolo bene indiviso, quando la massa in comune comprenda più cose della stessa specie; ciò in quanto, potendosi assegnare al debitore – in sede di divisione – una parte di altro bene compreso nella medesima massa, il pignoramento rischierebbe di non conseguire i suoi effetti, per inesistenza (nel patrimonio del debitore) dell’oggetto dell’esecuzione.

D’altra parte, una volta compiuta la divisione, i creditori possono fare valere le loro ragioni non solo sui beni assegnati al debitore esecutato, ma anche sulle somme a lui dovute a titolo di conguaglio o quale quota del prezzo della cosa, se questa è venduta a un terzo, mentre se al debitore è stato assegnato solo denaro, il procedimento esecutivo si concentra direttamente sulla somma attribuitagli, che forma oggetto di distribuzione ai sensi dell’art. 596 c.p.c.

In questo contesto, dunque, qualunque sia il mezzo adoperato per sciogliere la comunione fra il debitore e gli altri compartecipi, il creditore di uno dei comproprietari non può pretendere di assoggettare a espropriazione i beni assegnati agli altri.

Da questo punto di vista, il condividente assegnatario prevarrà a prescindere dalla priorità della trascrizione, trattandosi di fattispecie totalmente estranea a quella contemplata dall’art. 2914 c.c.: per quanto, infatti, le Sezioni Unite della Corte di cassazione abbiano recentemente fatto propria l’opzione interpretativa che attribuisce natura costitutiva alla divisione (per giustificare l’applicazione a essa dei divieti stabiliti dalla disciplina urbanistica in materia di immobili abusivi e non già nel senso che la divisione sia il risultato di un trasferimento delle quote indivise degli altri condomini, tale da rendere applicabili le regole del contratto traslativo), è indubbio che la legge attribuisca alla divisione efficacia retroattiva, impedendo di assimilarla a un atto traslativo per quanto riguarda il regime della trascrizione.

Di qui l’errore compiuto dai giudici di merito, dal momento che, nella espropriazione di beni indivisi, la trascrizione del pignoramento è disposta, ai fini dell’art. 2913 c.c., per risolvere il conflitto che può insorgere tra creditore pignorante e terzi che acquistano un diritto reale dal debitore esecutato, cosicché tale norma non riguarda i creditori del comproprietario che hanno trascritto il pignoramento eseguito sugli immobili nei limiti della quota spettante al debitore.

Nei confronti del creditore pignorante, l’inopponibilità della divisione non può farsi discendere dalla trascrizione del pignoramento ai sensi dell’art. 2913 c.c., ma presuppone la notificazione dell’avviso previsto dagli artt. 599 c.p.c. e 180 disp. att. c.p.c., in assenza della quale la divisione operata dopo la trascrizione dell’atto di pignoramento immobiliare è pienamente efficace e può essere opposta da ciascuno dei comproprietari non obbligati, nel senso che la procedura esecutiva può svolgersi solo sui beni assegnati con la divisione al debitore esecutato; l’eventuale inopponibilità (in virtù di quanto stabilito dall’art. 1113 c.c. e sempre che sia stato espletato l’incombente prescritto dall’art. 599, comma 2, c.p.c.) non comporta comunque la prevalenza immediata e diretta del diritto del creditore rispetto a quello dei condividenti, ma, più semplicemente, l’inefficacia della divisione operata e la necessità di rifarla ex novo.

Oltre a ciò, l’omissione della notifica dell’avviso di pignoramento può, di per sé, incidere anche sul corso del processo esecutivo: poiché, infatti, l’avviso è diretto a consentire ai comproprietari di interloquire attivamente, in funzione dell’esercizio – da parte del giudice dell’esecuzione – del potere di disporre la separazione in natura, la divisione giudiziale o la vendita della quota, è stato pure affermato che, mancando tale notifica e nel caso in cui, dunque, i comproprietari non siano stati sentiti, nessuna delle opzioni contemplate dall’art. 600 c.p.c. può essere realizzata e il processo esecutivo deve arrestarsi (Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 1999, n. 718).

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Vendita telematica e offerta