Divisione ereditaria: formazione delle porzioni e rappresentazione
di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDFCassazione Civile, Sez. 2, Sentenza n. 139 dello 08/01/2020
DIVISIONE EREDITARIA – OPERAZIONI DIVISIONALI – STIMA – FORMAZIONE DELLE PORZIONI – In caso di rappresentazione – Formazione delle porzioni con riferimento agli eredi o alle stirpi condividenti – Formazione di sole porzioni all’interno di ciascuna stirpe – Esclusione – Limiti
Per il combinato disposto degli artt. 469 e 726 c.c., la divisione ereditaria, quando vi è rappresentazione, avviene per stirpi, procedendosi alla formazione di tante porzioni, una volta eseguita la stima, quanti sono gli eredi o le stirpi condividenti, mentre non è prevista l’ulteriore formazione di altrettante subporzioni all’interno di ciascuna stirpe, sempre che non si formi al riguardo un accordo fra tutti i partecipanti.[1]
Disposizioni applicate
Art. 469 e 726 cod. civ.
[1] La Cassazione si è di recente trovata a dover dirimere alcune questioni ereditarie in ordine ai contrasti sorti all’interni di una famiglia; contrasti emersi nel lontano 1974 da cui sono sorte diverse cause giudiziarie, le quali hanno portato a due pronunce della Suprema Corte emesse a breve distanza una dall’altra. La presentazione di due distinti ricorsi in Cassazione ha necessitato una presa di posizione della Suprema Corte, innanzitutto, sull’opportunità di riunire i procedimenti, affermandosi sul punto che “la riunione richiesta, pur attenendo a cause connesse, non garantisce l’economia ed il minor costo dei due giudizi, né favorirebbe la loro ragionevole durata”. Per tale ragione, si rinvengono i due pronunciati giudiziali de qua, evidentemente risolti con applicazione del medesimo principio e statuizioni conformi.
La pronuncia in commento si riferisce all’impugnazione di una sentenza della Corte di Appello di Torino del 2017; ma, come detto, la ricostruzione storica degli eventi deve risalire fino al 1974, anno in cui Tizio convenne innanzi al Tribunale di Asti il fratello germano Caio, le sorelle unilaterali Mevia e Filana, figlie del secondo matrimonio del comune padre Tizione, deceduto due anni prima, e la loro madre, Sempronia, deducendo che il de cuius aveva disposto per testamento del proprio patrimonio, nominando erede universale il figlio Caio e usufruttaria la moglie, restando pretermessi sia lui che le sorelle Mevia e Filana. L’attore domandò perciò, innanzitutto, di accertare la sua qualità di erede e la lesione della propria quota di legittima; propose, poi, altre domande tese alla esatta ricostruzione del patrimonio ereditario attraverso l’accertamento di negozi simulati nonché la collazione delle donazioni effettuate in vita dal de cuius, e infine la divisione di tutti i beni immobili e mobili caduti in successione. Con successivo atto di citazione notificato nel 1976, tutte le parti del primo giudizio vennero convenute innanzi al medesimo Tribunale di Asti da Tizietta, sorella del defunto Tizione, la quale, dando atto di rinunciare alle disposizioni testamentarie fatte dal padre, Caione, e di voler ottenere la sola quota prevista ex lege a suo favore, chiedeva dichiararsi la nullità delle disposizioni contenute nei testamenti di Caione (testamento pubblico del 12 maggio 1955, con il quale veniva costituito, tra l’altro, l’usufrutto a favore di Tiziona, moglie del testatore, premorta allo stesso; testamento pubblico del 6 ottobre 1972, con cui veniva costituito anche un prelegato a favore del nipote Caio; testamento olografo pubblicato ad ottobre 1976, con cui veniva costituito l’usufrutto generale a favore della nuora Sempronia, vedova di Tizione). Tizietta domandò, altresì, di dichiarare la simulazione di un atto di compravendita del 1956, concretante, in realtà, una donazione del padre a favore del figlio Tizione, nonché di condannare i coeredi Tizio, Mevia, Filana, Caio e Sempronia a conferire i beni loro pervenuti in qualità di eredi di Tizione, ai fini della determinazione dell’eredità di Caione e della divisione pro quota tra gli aventi diritto. Il Tribunale di Asti sospese il primo giudizio promosso da Tizio e, con sentenza del 1980, decise su alcune delle domande avanzate da Tizietta, la quale, proposto gravame innanzi la Corte d’Appello di Torino, ottenne dalla stessa, con sentenza del 1983, la determinazione della quota del patrimonio del padre Caione a lei spettante, riconosciuta non gravata da alcun usufrutto. Con altra sentenza non definitiva del 1988 il Tribunale di Asti deliberò la formazione dei due lotti da attribuire agli eredi di Caione, Tizietta e Tizione, ovvero agli eredi di quest’ultimo. Proposto ulteriore gravame, la Corte di Appello di Torino, con sentenza del 1998, passata in giudicato, provvide alla formazione di due lotti denominati A) e B), assegnandoli rispettivamente a Tizietta e agli eredi di Tizione. Riassunto il primo giudizio incardinato da Tizio nel 1974, il Tribunale di Asti, con sentenza non definitiva del 2003, dichiarò Tizio illegittimamente pretermesso nel testamento olografo di Tizione ed accolse in parte le ulteriori domande del medesimo. La Corte di Appello di Torino riformò parzialmente la detta sentenza, ma in relazione ad aspetti che non direttamente rilevano nella presente trattazione.
Nel 2007 venne, poi, intrapresa da Caio nei confronti di Tizio, Mevia, Filana e Sempronia (quest’ultima poi deceduta nel 2010) causa per lo scioglimento della comunione dei beni del lotto B) attribuito dalla Corte di Appello di Torino agli eredi di Tizione. In relazione a tale causa, il Tribunale di Asti, individuò i beni compresi nell’asse, disponendo di procedersi alla vendita degli immobili specificatamente individuati, e accertò le quote di spettanza dei singoli comunisti. Tale sentenza è stata confermata dalla Corte d’Appello di Torino, ed è in relazione ad essa che è stato proposto il ricorso per cassazione che ha portato alla pronuncia n. 33438/2019.
Con sentenza del 2014, poi, il Tribunale di Asti definiva il giudizio incardinato da Tizio nel 1974, addivenendo, previa pronuncia di scioglimento della comunione, all’assegnazione in favore del medesimo Tizio della quota a lui spettante della successione del padre Tizione, e confermando la legittimazione passiva di Mevia e Filana. Tizio propose appello innanzi alla Corte di Torino, lamentando, tra l’altro, un’erronea applicazione dell’art. 727 c.c. in relazione alla divisione e assegnazione dei beni in causa. La Corte di Appello di Torino, con sentenza del 2017, in relazione alla lamentata mancata ricomprensione nel compendio divisionale dei beni facenti parte dell’asse del defunto Caione, replicava che la propria sentenza del 1998 aveva definitivamente accertato la composizione del patrimonio ereditario di Caione, patrimonio che, a causa della premorienza, non sarebbe mai entrato, per la rispettiva quota di legge, in quello del figlio Tizione, al quale, invece, erano succeduti per rappresentazione i figli Tizio, Caio, Mevia e Filana, oltre alla defunta coniuge Sempronia[2].
La Corte di Appello di Torino aggiunse che il giudice di primo grado aveva correttamente chiarito che le quote da attribuire a Tizio, Caio, Mevia e Filana per rappresentazione del padre Tizione nella successione del nonno Caione erano già state individuate nella sentenza del 1988 dello stesso Tribunale, passata in giudicato.
[2] Dopo aver esaminato i motivi attinenti alla lesione dei diritti dei legittimari e, conseguentemente, i profili legati all’azione di riduzione, gli Ermellini si dedicano alla ricostruzione della vicenda al fine di circoscrivere l’ambito della comunione ereditaria del defunto Tizione e della coniuge Sempronia, comunione intercorrente tra Tizio, ed i fratelli Caio, Filana e Mevia. L’oggetto di tale comunione ereditaria è stato in parte determinato nel giudizio originato dalla citazione del 2007 di Caio, avendo riguardo, in particolare, al “lotto B” attribuito ai medesimi eredi di Tizione per effetto della sentenza della Corte di Appello di Torino del 1988. Tale sentenza, in particolare, definì, in modo divenuto irretrattabile poiché passata in giudicato, la consistenza dell’intero patrimonio del de cuius Caione, nonché, una volta eseguita la stima, i beni specificamente compresi nella porzione assegnata a Tizio, Caio, Filana e Mevia per rappresentazione del padre Tizione.
Viene a tal riguardo richiamato l’orientamento costante della Cassazione, fondato sul combinato disposto degli artt. 469 e 726 c.c., secondo cui “la divisione ereditaria, quando vi è rappresentazione (quel che nella specie avvenne per la divisione del patrimonio ereditario di Caione, intercorrente tra l’erede Tizietta e i discendenti, subentranti per rappresentazione, dell’altro erede premorto Tizione) avviene per stirpi, procedendosi alla formazione di tante porzioni, una volta eseguita la stima, quanti sono gli eredi o le stirpi condividenti, mentre non è prevista l’ulteriore formazione di altrettante sub-porzioni all’interno di ciascuna stirpe, sempre che non si formi al riguardo un accordo fra tutti i partecipanti, non potendo i restanti condividenti essere tenuti a subire le remore e le spese di una suddivisione interna alla stirpe cui non appartengono e che quindi non li interessa in alcun modo.[3] Stabilito con sentenza quali siano i beni da dividere e formate le porzioni quanti siano gli eredi o le stirpi condividenti, le statuizioni relative all’appartenenza alla massa di detti beni ed alla loro concreta attribuzione diventano irrevocabili ed irretrattabili a causa della mancata impugnazione”.
[3] La pronuncia in oggetto diviene l’occasione per ribadire un principio pacifico in dottrina e giurisprudenza.
Può ben essere che una divisione ereditaria veda la partecipazione di soggetti chiamati in quote diverse; e non è certamente raro che tra i comunisti alcuni vengano alla successione per rappresentazione di un proprio ascendente premorto al de cuius.
Al riguardo, viene in esame il secondo comma dell’art. 726 cod. civ., a norma del quale “eseguita la stima, si procede alla formazione di tante porzioni quanti sono gli eredi o le stirpi condividenti in proporzione delle quote”.
Fermandosi alla lettura solo di tale norma, si potrebbe esser portati a ritenere che, in ipotesi di rappresentazione, i rappresentati possano partecipare all’attribuzione delle porzioni quali “singoli”, dovendo a loro essere riconosciuta, senza dubbio, la qualità di eredi. Ovviamente, vedrebbero assegnarsi beni corrispondenti alla loro quota, ma ciò che rileva è che, così ragionando, il giudizio di divisione dovrebbe formarsi sulla quota di ciascuno di essi.
Giurisprudenza e dottrina chiariscono, tuttavia, come la disposizione sopra citata debba esser letta in uno con l’art. 469 cod. civ., ove si stabilisce, ai 3° e 4° comma, che “quando vi è rappresentazione, la divisione si fa per stirpi” e che “se uno stipite ha prodotto più rami, la suddivisione avviene per stirpi anche in ciascun ramo, e per capi tra i membri del medesimo ramo”.
In ipotesi di successione per rappresentazione, dunque, la divisone dovrà avvenire per stirpi e la stirpe costituisce un’unica parte.
Inevitabile conseguenza di tale impostazione è che tra i rappresentati permanga uno stato di comunione che necessiterebbe di un ulteriore giudizio di divisione. Affinché lo scioglimento di tale comunione possa pronunciarsi nel giudizio che potremmo definire “principale”, la Cassazione precisa che perché possa aversi suddivisione anche della quota attribuita alla stirpe dei rappresentati sarà necessario il consenso di tutti i partecipanti.
[1] Conforme a Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 33438 del 17/12/2019
[2] Al riguardo, a giudizio dello scrivente, errata è la ricostruzione (o il semplice riportare dei fatti) operata dalla Cassazione, poiché in caso di premorienza ed applicazione dell’istituto della rappresentazione, alcun diritto sarebbe spettato alla moglie del premorto Tizione, posto che detto istituto opera solo a favore dei discendenti e non del coniuge. Sempronia avrebbe vantato diritti sulla successione di Caione solo in caso di trasmissione del diritto all’eredità (ossia in caso di decesso di Tizione successivo all’apertura della successione).
[3] Vengono richiamate: Cass. Civ., Sez. 2, n. 11762/1992; Cass. Civ., Sez. 2, n. 3894/1977; Cass. Civ., Sez. 2, n. 604/1970
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