14 Settembre 2015

Divieto di nuovi mezzi di prova ex art. 345, co. 3, c.p.c. nel procedimento per decreto ingiuntivo

di Andrea Giordano Scarica in PDF

Cass., Sez. Un., 10 luglio 2015, n. 14475

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Procedimento per decreto ingiuntivo – documenti allegati al ricorso per decreto ingiuntivo ma non prodotti nella fase di opposizione – produzione nel giudizio di appello – ammissibilità.
(C.p.c., art. 345)

[1] I documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo, anche qualora non siano stati nuovamente prodotti nella fase di opposizione, non possono essere considerati nuovi ex art. 345, co. 3, c.p.c. e, pertanto, se allegati all’atto di appello avverso la sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti ammissibili.

CASO
[1] Avverso il decreto ingiuntivo conseguito dalla Società Alfa, proponeva opposizione la Beta, deducendo l’insussistenza dei presupposti di cui agli artt. 633 ss. c.p.c. 
Il Tribunale accoglieva l’opposizione, rilevando il difetto di prova del credito, per non essere stati nuovamente depositati, nella fase a cognizione piena, i documenti a fondamento della richiesta.

La Società creditrice impugnava la sentenza, ritenendo bastevole l’avvenuta produzione nella fase monitoria, e, comunque, non ostando l’art. 345, co. 3, c.p.c. al deposito in appello dei giustificativi del credito a suo tempo allegati al ricorso per decreto ingiuntivo.

La Corte di Appello, pur qualificando “nuovi” i documenti versati all’atto del gravame, tuttavia li ammetteva, ritenendoli indispensabili ai fini del decidere.

Ricorreva per cassazione la Società soccombente.

SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, statuendo che non possono essere considerati “nuovi” ex art. 345, co. 3, c.p.c. i documenti che, pur non essendo stati prodotti nella fase di opposizione, siano stati allegati al ricorso per decreto ingiuntivo.

QUESTIONI
[1] Che il nuovo sappia di antico è cosa che, nella sentenza n. 14475 del 2015, sembra trovare smentita. Secondo le Sezioni Unite, non sarebbe, infatti, “nuovo” quel documento già “antico”, per essere già stato prodotto, nella fase monitoria, dal ricorrente per decreto ingiuntivo.

Eppure ha un cuore antico il principio di cui alla pronuncia, che oltre ad allinearsi ad un recente indirizzo, che ha ritenuto ammissibili in appello i documenti fondanti il ricorso monitorio, ancorché non allegati in sede di opposizione al fascicolo dell’opposta (Cass., 27 maggio 2011, n. 11817; tuttavia, contra, pur con le corrette precisazioni evidenziate da Cass., n. 14475/2015, le sentt. Cass., 7 ottobre 2004, n. 19992, Cass., 18 aprile 2006, n. 8955, Cass., 18 luglio 2013, n. 17603), segue la scia di un più risalente arresto, che ha etichettato “nuovi” i soli documenti la cui ammissione non sia stata in precedenza mai richiesta (Cass., sez. un., 20 aprile 2005, n. 8203).

Dire che è “nuovo” ex art. 345, co. 3, c.p.c. un documento prodotto nella sola fase monitoria, e non anche nell’opposizione, si porrebbe, del resto, in contrasto con la consolidata ricostruzione, in termini unitari, delle due fasi del rito ingiuntivo (Cass., 1 febbraio 2007, n. 2217), e con la – sempre più pressante – esigenza di preservare le fonti probatorie, non solo nell’ottica dell’economia dei giudizi (Comoglio, Il principio di economia processuale, I-II, Padova, 1980-1982), ma anche della c.d. “giusta decisione” (Taruffo, La semplice verità. Il giudice e la costruzione dei fatti, Roma-Bari, 2009, 116 ss.).

Se, agli effetti dell’art. 345, co. 3, c.p.c., non è, dunque, nuovo ciò che sia “antico”, per essere comunque parte della piattaforma probatoria (v., in tal senso, la stessa lettera del disposto, che parla nei lati termini di «primo grado»), appare invece antica la novità del principio per i radicati fondamenti che vanta. Tanto radicati da non trovare smentita alla luce dei limiti strutturali del giudizio di appello – che, anzi, per definizione, non ostano all’ingresso di elementi già agli atti, per essere stati prodotti in una fase del primo grado di giudizio –, o del diritto alla difesa del debitore – che, se ha proposto opposizione, non può non aver visionato i documenti la cui ostensione è garantita dall’art. 638, co. 3, c.p.c. –, ma, piuttosto, conferme nell’ottica di quella “giusta” decisione, che, prima di essere adesione ai fatti controversi, è esercizio di buon senso.