Il disconoscimento delle prove digitali
di Giuseppe Vitrani, Avvocato Scarica in PDFLe tematiche legate all’istruzione probatoria del processo si incrociano sempre più frequentemente sia con quelle relative alla prova digitale (e da ciò derivano spesso questioni relative alla produzione di detti allegati probatori, questioni che sono state esaminate in un articolo già apparso su questa rivista, reperibile al seguente link: https://www.eclegal.it/deposito-prove-digitali-formati-non-ammessi-dalle-specifiche-tecniche-sul-pct/) sia con quelle legate alla produzione di scansioni di documenti nativi informatici, come ad esempio e-mail o riproduzioni di pagine web.
Si pone in particolare il tema della contestazione di siffatti documenti, che, come noto, deve essere effettuata ai sensi dell’art. 2712 c.c. che così recita: “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.
Per consolidata giurisprudenza, non è però sufficiente la generica eccezione di difformità dall’originale delle riproduzioni informatiche per escluderne il valore di prova, essendo necessaria l’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà rappresentata.
Così statuisce correntemente in proposito la Corte di Cassazione, secondo la quale: “in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c. il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta” (così Cass. 2.9.2016, n. 17526; conf. Cass. ord. 2.10.19, n. 24613).