Il diritto all’uso dell’ascensore è annoverabile tra i diritti individuali inviolabili
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFCorte di Cassazione – Seconda sez. civile – n. 219009-19, (relatore Dott. Correnti)
“Sono nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito, con oggetto non ricompreso nelle competenze dell’assemblea, incidenti su diritti individuali o sulla proprietà esclusiva di un condomino mentre sono annullabili quelle affette da vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, adottate con maggioranze inferiori a quelle prescritte, affette da vizi formali in ordine al procedimento di convocazione e/o informazione dell’assemblea, affette genericamente da irregolarità nel procedimento di convocazione”.
“Le delibere incidono sul diritto del singolo (proprietario dell’ultimo piano) rispetto all’utilizzo di un bene comune (ascensore) perché gli impediscono un uso pieno e incidono anche sul valore della proprietà esclusiva.”
CASO
La controversia in questione attiene all’impugnazione di due successive delibere assembleari, riguardanti l’installazione di un ascensore nel vano scale di un condominio. Il condomino, venuto a conoscenza (soltanto con la seconda delibera, quella nella quale risultava presentato il progetto esecutivo) che l’ascensore in progetto non raggiungeva l’ultimo piano, ove insistevano due dei suoi appartamenti, ricorreva all’autorità giudiziaria competente, per avanzare azione di nullità e/o comunque invalidità delle delibere con le quali si approvavano i ridetti lavori. Il Tribunale aveva accolto la domanda del condomino, ritenendo le delibere impugnate invalide, in quanto preclusive del diritto all’suo del bene comune, mentre la Corte di Appello, richiamata la distinzione tra delibere nulle e annullabili, riformava la sentenza del giudice di prime cure, escludendo che il diritto all’uso dell’ascensore fosse annoverabile tra i diritti individuali inviolabili. Il condomino soccombente proponeva ricorso in cassazione, affidandosi a quattro capi di censura e coinvolgendo molteplici norme afferenti la normativa speciale L.69/09, la comunione ed il condominio.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, prendendo le mosse da una oramai radicata distinzione tra delibere nulle ed annullabili, richiamando suoi specifici precedenti, tra i quali, l’insegnamento granitico di Sezioni Unite n. 4806/2005, accoglieva il ricorso del condomino, riconosceva l’incidenza delle delibere rispetto al diritto del condomino su un bene comune ed il pregiudizio derivante al diritto individuale di quest’ultimo e cassava la sentenza della Corte d’Appello.
QUESTIONI
L’installazione di un ascensore condominiale rientra nell’alveo delle c.d. “innovazioni”, ovverosia quelle opere che, come autorevolmente affermato da dottrina e giurisprudenza[1] importano un’alterazione nell’entità sostanziale o un mutamento nella destinazione della cosa comune.
E’ noto che la normativa codicistica (articoli 1102 c.c., 1120, comma 2^ c.c. ) è affiancata dalla legge speciale art. 2, comma 2 l.13/1989, la quale riconosce il diritto all’esecuzione delle opere di installazione dell’ascensore, SEMPRE E COMUNQUE, a prescindere dall’approvazione delle opere per effetto delle maggioranze codicistiche, allorchè esse possano essere eseguite senza che ciò comporti violazione alcuna del diritto degli altri condomini né tanto meno pregiudizio per il fabbricato e se le medesime trovino piena giustificazione nei primari e superiori interessi diritti primari della persona di rango costituzionale, con ciò intendendosi il diretto e stretto collegamento delle norme rivolte all’eliminazione delle barriere architettoniche, al più ampio e diffuso interesso protetto a che tutti coloro che entrino in contatto con il fabbricato in generale, non ricevano discriminazioni di sorta all’utilizzo del bene, consentendosi la realizzazione, senza pregiudizio di altri diritti all’eliminazione di ogni ostacolo, che favorisca lo sviluppo della persona umana.
Di tali principi, ha fatto applicazione nel panorama giurisprudenziale recente, il Tribunale di Firenze, Sez. II, sentenza 19 gennaio 2016, n. 174 – Giudice M.T. Paternostro, opportunamente individuata dai commentatori come l’affermazione in materia di condominio del concetto di «solidarietà condominiale», attraverso una rilettura delle norme codicistiche e delle leggi speciali in linea con il dettato di cui all’art.2 Cost, e quindi come si suole affermare, costituzionalmente orientata, ed in cui nei principi generali, che sono stati ispirazione per il legislatore del 1989, devono essere risolti i conflitti fra i diversi interessi in ambito condominiale, pur se facenti capo a situazioni non necessariamente proprietarie.
La ratio della disciplina è proprio quella di consentire la c.d. «visitabilità» degli edifici da parte di tutti coloro che hanno occasione di accedervi. Deve quindi prescindersi dalla titolarità di un diritto personale di godimento o di un diritto reale da parte del portatore di handicap, in quanto il presupposto richiesto dalla norma è piuttosto il fatto che l’edificio sia accessibile da chiunque.
Nella fattispecie in commento, l’interesse degli ermellini si concentra sulla seconda e terza censura, involgenti rispettivamente le circostanze che soltanto con la seconda delibera impugnata il ricorrente constatava che il progetto di esecuzione dell’ascensore approvato escludeva l’ultimo piano (ove per l’appunto insistevano, due appartamenti di sua proprietà) e che sussisteva la violazione dello specifico diritto di godere di un bene comune.
Difatti, la Corte di Cassazione richiama espressamente la storica sentenza delle S.U. n. 4806/2005[2], la quale detta apoditticamente, con approccio chiaro ed analitico, il differente regime delle invalidità delle delibere assembleari: “Le cause di nullità, afferendo all’oggetto, raffigurano le uniche cause di invalidità riconducibili alla “sostanza” degli atti” ed essendo rilevanti per l’ordinamento, non sono soggette a termine per l’impugnazione. “Sono inficiate da un vizio di forma le deliberazioni quando l’assemblea decide senza l’osservanza delle forme procedimentali stabilite dalla legge per assicurare la partecipazione di tutti i condomini alla formazione della volontà collettiva per gestire le cose comuni». In tali circostanze la delibera è annullabile e non producendo un vizio “grave”, se ne prescrive il termine decadenziale di trenta giorni, per l’impugnazione.
“Le diverse cause di invalidità sono state, quindi, ricondotte al tipo di interesse leso: interessi sostanziali inerenti all’oggetto delle delibere, per la nullità; strumentali, in quanto connessi con le regole procedimentali relative alla formazione degli atti, per l’annullabilità”.
Nel caso di specie, la Cassazione riforma la sentenza della Corte d’Appello giacché il relativo provvedimento presentava un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”[3]; ed invero, la Corte d’Appello da un lato escludeva l’interesse ad impugnare del condomino, negando la violazione di un diritto, e dall’altro affermava la decadenza dall’impugnazione, ritenendo la delibera annullabile e dunque impugnabile nel termine di trenta giorni.
Peraltro, criticamente, la Cassazione rileva come il giudice d’appello avesse escluso apoditticamente che un diritto all’utilizzo dell’ascensore possa essere annoverato tra i diritti individuali inviolabili, ritenendo invece che le delibere impugnate pregiudicano proprio il diritto del singolo (condomino proprietario dell’ultimo piano), riguardo all’utilizzo di un bene comune (ascensore), in quanto gli impediscono un uso pieno dello stesso e, concretamente, incidono peggiorativamente sul valore venale della proprietà esclusiva, con ciò determinando l’assoluta nullità delle delibere, impugnabili in ogni tempo e senza il rispetto del termine decadenziale per l’impugnazione.
[1] Cass. Civ. Sez. II n. 14384 del 29 luglio 2004; Cass. Civ.,Sez.II, n.11936 del 23.10.1999.
[2] Cass, civ, 5814/16; Cass. civ. 11034/16
[3] Cass. civ. 14324/15; SU 8053/14
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia