Il «diritto» all’ascolto del minore nel processo civile
di Mara Adorno Scarica in PDFAbstract
Il d. leg. 154/2013, nel quadro della riforma della filiazione preannunciata dalla l. 219/2012, segna l’ultima tappa di un articolato percorso evolutivo – affiancato altresì da una intensa produzione giurisprudenziale – che dalla mera facoltà per il giudice di ascoltare il minore ha ad oggi consacrato l’ascolto come un vero e proprio diritto del minore, non solo nella fase fisiologica del rapporto genitoriale, ma anche nella fase patologica di crisi della famiglia legittima e di fatto. E’, dunque, acquisito come diritto vivente il riconoscimento di una nuova dignità del figlio, non più inteso come «oggetto di tutela» ma come «titolare di diritti soggettivi perfetti, autonomi e azionabili».
Il tema dell’ascolto del minore per lungo tempo affidato a molteplici e disomogenee fonti normative nonché alle prassi applicative, spesso raccolte nei c.d. protocolli dell’ascolto in uso presso gli uffici giudiziari, è stato negli ultimi anni oggetto di ripetuti interventi normativi che hanno condotto alla consacrazione del «diritto» all’ascolto del minore.
Il primo passo verso il riconoscimento del diritto del minore ad essere ascoltato è stato compiuto dalla l. 54/2006 sull’affidamento condiviso dei figli che, con l’introduzione dell’art. 155 sexies c.c., ha sancito il dovere del giudice di disporre nel corso dei procedimenti di separazione personale, di divorzio e di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio «l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento». Questa disposizione segna l’avvicinamento del nostro ordinamento alle disposizioni vigenti a livello sovranazionale orientate a valorizzare il diritto del minore, dotato di discernimento, ad esprimere la propria opinione su ogni questione che lo riguarda (il riferimento è all’art. 12 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo; all’art 3 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 sull’esercizio dei diritti dei minori; all’art. 23 del Regolamento n. 2201/03/CE del 27 novembre 2003; all’art 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2009, nonché alle Linee guida del Consiglio d’Europa del 17 novembre 2010 che promuovono «una giustizia a misura di minore».
Sul rapporto tra fonti nazionali e fonti sovranazionali, v. L. Querzola, Profili processuali del diritto europeo in tema di famiglia, in A. Ronco (a cura di), Profili processuali del diritto di famiglia, in Giur. it., 2014, 2343 ss.; F. Tommaseo, Il processo civile familiare e minorile italiano nel contesto dei principi europei, in Dir. famiglia, 2012, 1265 ss.).
Si tratta di una norma di portata generale che configura un preciso obbligo per il giudice di procedere all’ascolto del minore e che può trovare applicazione in tutti i procedimenti in cui siano coinvolti gli interessi del minore, quali i procedimenti di separazione giudiziale e consensuale ed i procedimenti di divorzio, anche su domanda congiunta (in tal senso, v. A. Graziosi, Profili processuale della l. n. 54 del 2006 sul c.d. affidamento condiviso dei figli, in Dir. fam. 2006, 1856; A. Nascosi, La separazione consensuale e il divorzio su ricorso congiunto, in Aa. Vv., I processi di separazione e di divorzio, a cura di A. Graziosi, Torino, 2011, 323 s.; per una diversa posizione, v. R. Lombardi, I procedimenti fondati sull’accordo tra le parti, in Trattato della separazione e divorzio, cura di M.A. Lupoi, II, Ravenna, 2015, II, 523 ss.).
Si allinea a questo nuovo contesto normativo anche la giurisprudenza di legittimità che ha affermato l’obbligatorietà dell’audizione del minore dotato di discernimento nelle procedure giudiziarie concernenti il suo affidamento, salvo che la stessa possa essere in contrasto con i suoi interessi (questa tendenza è stata inaugurata da Cass., sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238, Foro it., 2010, I, 903, Riv. dir. proc., 2010, 1468 ss. con nota di F. Danovi, L’audizione del minore nei processi di separazione e divorzio tra obbligatorietà e prudente apprezzamento, Fam e dir. 2010, 364, con nota di A. Graziosi, Ebbene sì, il minore ha diritto di essere ascoltato nel processo, Dir. famiglia, 2010, 106, con nota di M.G. Ruo, The long, long way del processo minorile verso il giusto processo; seguita poi da Cass., 8 marzo 2013, n. 5847, Foro it., Rep. 2013, voce Sentenza civile, n., 48, che qualifica l’audizione del minore come un «adempimento necessario»; 15 maggio 2013, n. 11687, id., 2013, I, 1839, con nota di G. Casaburi, e Giur. it. 2014, 294, con nota di L. Airola Tavan, L’ascolto del minore nei procedimenti di separazione dei coniugi: da dovere del giudice a diritto del figlio; 27 gennaio 2012, n. 1251, Foro it., 2012, voce Adozione, n. 22)
E’ soltanto con l’ultima riforma in materia di filiazione avviata dalla l. 219/2012 e completata con il d. leg. 154/2013, emanato in attuazione della delega contenuta nella l. 219 cit. che si realizza un rafforzamento dell’istituto dell’ascolto del minore.
Sul nuovo diritto del minore all’ascolto, cfr. G. Ballarani, Contenuto e limiti dell’ascolto nel nuovo art. 336 bis c.c.: il legislatore riconosce il diritto del minore a non essere ascoltato, in Dir. fam. pers., 2014, 841 ss.; G. Casaburi, Il completamento della riforma della filiazione (d.leg. 28 dicembre 2013 n. 154), Foro it., 2014, V, 1; Id., Novità legislative in tema di affidamento e di mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio: profili sostanziali, id., 2013, V, 79 ss.; F. Danovi, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, Famiglia e dir., 2014, 535 ss.; Id., L’ascolto del minore nel processo civile, Dir. famiglia, 2014, 1592 ss.; C.V. Giabardo, Il minore e il suo diritto a essere ascoltato nel processo civile, in A. Ronco (a cura di), Profili processuali del diritto di famiglia, cit., 2357 ss.; L. Querzola, La revisione delle norme in materia di filiazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2014, 181 ss. Per un’ampia rassegna delle disposizioni che prevedono l’ascolto del minore, v. M. Acierno, Ascolto del minore: cosa è cambiato con il d.leg. n. 154/2013?, in P. Rescigno (a cura di), Lo status di figlio, in Giur. it., 1274 ss.
Sicché, da un lato, il nuovo art. 315 bis, 3° comma, c.p.c. (introdotto dalla l. 219/2012) sancisce il diritto del figlio minore di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, «così guardando al fanciullo non più come semplice oggetto di protezione ma come vero e proprio soggetto di diritto, a cui va data voce nel momento conflittuale della crisi familiare» (in tal senso, v. Trib. Varese 24 gennaio 2013, Foro it., Rep. 2013, voce Separazione di coniugi, n. 183, e Corriere merito, 2013, 619, con nota di B. Paparo, L’ascolto del minore non è solo un dovere del giudice ma un diritto soggettivo del figlio).
Dall’altro lato, l’art. l’art. 336 bis c.c. e l’art. 337 octies c.c. – in cui è confluito il contenuto dell’art. 155 sexies c.c. abrogato – (introdotti successivamente dal d. leg. 154/2013), sono norme di carattere generale (non a caso l’art. 336 bis c.c. è rubricato «Ascolto del minore») e contengono una disciplina organica dell’ascolto del minore. In particolare, sono compiutamente definite le modalità di esercizio di siffatto diritto ed i suoi limiti.
Con riferimento alle modalità dell’ascolto, l’art. 336, 1° comma, c.c. prevede che il giudice disponga l’ascolto del minore che abbia compiuto dodici anni e anche di età inferiore «ove capace di discernimento» nei procedimenti in cui devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano.
Pertanto, mentre è prevista una presunzione assoluta della capacità di discernimento del minore di età superiore a dodici anni, invece, per il minore infradodicenne l’accertamento di tale capacità è rimessa ad una prudente valutazione del giudice. In linea generale, si afferma che la capacità di discernimento sia svincolata dal dato anagrafico e vada apprezzata in concreto in relazione alla situazione concreta ed alla personalità e maturità del minore (sul punto, v. Cass. 19 gennaio 2015, n. 752, Foro it., Le banche dati, archivio Cassazione civile).
Riguardo agli aspetti dinamici dell’ascolto, l’art. 336 bis c.c. riserva al presidente del tribunale o al giudice delegato il compito di condurre l’ascolto del minore, «anche avvalendosi» di esperti o di altri ausiliari. Malgrado il testo letterale denoti una preferenza del legislatore per l’ascolto diretto del minore, tuttavia, la giurisprudenza di legittimità si è espressa in favore della possibilità per il giudice di determinare le modalità dell’ascolto e, ove richiesto da particolari circostanze, di delegare l’ascolto a uno o più esperti (in tal senso, v. Cass. 5 marzo 2014, n. 5097, id., 2014, I, 1067, con osservazioni di G. Casaburi; 24 luglio 2013, n. 17992, id., 2013, Adozione, n. 42).
Sulle modalità operative adottate in passato dai giudici di merito per assumere l’ascolto del minore e che sono state recepite dall’art. 336 bis c.p.c., v. G. Casaburi, , La Cassazione e i (falsi?) protocolli sull’ascolto del minore, in Foro it., 2013, I, 1857 ss.
Risponde all’esigenza che il minore partecipi all’ascolto in maniera consapevole e sia informato degli effetti delle sue dichiarazioni, la previsione dell’art. art. 336 bis, 3° comma, c.c., secondo cui «prima di procedere all’ascolto, il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell’ascolto», che individua nel giudice la figura più idonea a relazionarsi con il minore (v. in tema di sottrazione internazionale di minore, Cass. 27 luglio 2007, n. 16753, id., Rep. 2007, voce Minore, infanzia e maternità, n. 51, e Nuova giur. civ., 2008, I, 373, con nota di P. Pazè, Le garanzie processuali nel procedimento civile per la sottrazione internazionale di minori). Ampia discrezionalità è, altresì, riconosciuta al giudice in ordine alla opportunità di autorizzare i genitori, anche se parti del procedimento, i difensori, il curatore ed il P.M. a partecipare all’ascolto del minore. Sarebbe auspicabile un’applicazione in senso restrittivo della disposizione, che limiti sensibilmente l’esercizio della facoltà concessa al giudice, soprattutto a causa degli inevitabili condizionamenti che potrebbe subire il minore per la presenza dei genitori durante l’ascolto (v. Cass. 5 marzo 2014, n. 5097, cit.; e, prima della riforma, Cass. 10 giugno 2011, n. 12739, Foro it., Rep. 2012, voce Adozione, n. 36, e Famiglia e dir., 2012, 37, con nota di F. Tommaseo, Per una giustizia «a misura del minore»: la cassazione ancora sull’ascolto del minore; 26 marzo 2010, n. 7282, Foro it., Rep. 2011, voce cit., n. 39, e Famiglia e dir., 2011, 268, con nota di L. Querzola, La cassazione prosegue nel comporre il mosaico del processo minorile).
Nel nuovo quadro normativo, l’ascolto diventa, quindi, una condizione di procedibilità della domanda (cfr. V. Carnevale, La fase presidenziale, in Aa. Vv., I processi di separazione e di divorzio, cit., ove ulteriori riferimenti), un «adempimento necessario» per il giudice allorché debba adottare decisioni che riguardino, anche indirettamente, il minore (in tal senso, v. Cass. 10 settembre 2014, n. 19007, Foro it., 2014, I, 377, con osservazioni di G. Casaburi; 5 giugno 2014, n. 5237, id., Rep. 2014, voce Minore, infanzia e maternità, n. 43, e Nuova giur. civ., 2014, I, 793, con nota di S. Taccini, Sottrazione internazionale: sul rimpatrio sceglie il minore capace di discernimento; 5 marzo 2014, n. 5097, cit. Sulla doverosità dell’ascolto nel giudizio di appello, v. Cass. 26 marzo 2015, n. 6129, Foro it., 2015, I, 1543, con osservazioni di G. Casaburi; 11 settembre 2014, n. 19202, id., 2014, I, 3077, con osservazioni di G. Casaburi).
Sull’obbligatorietà dell’ascolto del minore nel procedimento di separazione giudiziale, v., da ultimo, Cass. 29 settembre 2015, con nota di R. Lombardi, L’ascolto del minore nel procedimento di separazione giudiziale, in www.eclegal.it.
E però alla doverosità dell’ascolto del minore corrisponde l’obbligo per il giudice di fornire puntuali motivazioni in ordine alla scelta di non procedere in tal senso.
Con la conseguenza che l’omissione di tale adempimento non sorretta da adeguata motivazione comporta la nullità della sentenza che può essere fatta valere nei limiti e con le forme previste dall’art. 161 c.p.c. (v. Cass. 29 settembre 2015, n. 19327, Foro it., Rep. 2015, voce Separazione di coniugi, n. 91; 10 settembre 2014, n. 19007, cit.; 8 marzo 2013, n. 5847, cit.; 15 maggio 2013, n. 11687, cit.),
Riguardo al principio di doverosità dell’ascolto, il legislatore ha previsto dei limiti. L’art. 336 bis c.c. contempla una deroga a siffatto principio, che consente al giudice di omettere l’ascolto, ove esso risulti «in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo», purché ne dia atto con un provvedimento adeguatamente motivato (anche l’art. 337 octies c.c., in tema di affidamento dei figli nella crisi del rapporto genitoriale, richiama la stessa regola seppure con un’accezione invertita rispetto alla prima) . Il giudice non dovrà, quindi, disporre l’ascolto, «tutte le volte in cui esso sia ritenuto inopportuno, in ragione dell’età o del grado di maturità del minore o per altre circostanze, le quali palesino come l’ascolto sarebbe, piuttosto, pregiudizievole per l’interesse ad un equilibrato sviluppo psico-fisico del minore» (così Cass. 2 luglio 2014, n. 15143, id., Le banche dati, archivio Cassazione civile). D’altra parte, il diritto all’ascolto comprende anche il diritto del minore a non essere ascoltato (G. Ballarani, Il diritto del minore a non essere ascoltato, in Dir. famiglia, 2010, 1807 ss.) e, quindi, il giudice non deve procedervi ogniqualvolta i benefici derivanti al minore dall’ascolto sarebbero inferiori rispetto a quelli derivanti dalla sua estraneità al procedimento (v. Trib. Milano 21 febbraio 2014, in www.ilcaso.it). La manifesta superfluità dell’ascolto va riferita alle ipotesi in cui l’oggetto del procedimento riguardi questioni che non coinvolgono il minore oppure sulle quali l’ascolto non sia necessario al fine di tutelarne l’interesse (si pensi, ad es., ai procedimenti di natura economica, su cui v. Trib. Milano 20 marzo 2014, ibid.).
In conclusione, merita un’osservazione la qualificazione del diritto all’ascolto.
All’istituto deve ora attribuirsi un rilievo sostanziale, quale strumento di attuazione del diritto del minore, portatore di bisogni e interessi, di far emergere all’interno del processo le proprie opinioni e le proprie esigenze in relazione alla vicenda familiare in cui è coinvolto. Se si vuole ravvisare una funzione (non propriamente) istruttoria nell’ascolto, essa è quella di consentire l’acquisizione al giudizio delle dichiarazioni rese dal minore, il cui interesse è in grado di orientare le scelte del giudice nell’adozione di decisioni che investono la sua vita familiare e personale. (cfr. Cass. 17 maggio 2012, n. 7333, Foro it., 2013, I, 1839, con nota di G. Casaburi, che si richiama alla volontà del minore, di cui il giudice deve tener conto nell’adozione delle statuizioni, pur non essendone vincolato, poiché può discostarsene nell’interesse del minore alla stregua di un onere di motivazione la cui intensità è proporzionale alla capacità di discernimento del minore).