Dimissioni dell’amministratore della società e responsabilità per fatti o illeciti commessi in epoca successiva
di Virginie Lopes, Avvocato Scarica in PDFCassazione Civile, Sez. I, Ordinanza, 17 maggio 2021, n. 13221
Parole chiave: Società – Cooperative – Amministratori – Responsabilità: in genere – Cessazione dalla carica di amministratore – Efficacia – Opponibilità – Formalità
Massima: Non è ritenuta configurabile un’estensione di responsabilità nei confronti dell’amministratore dimissionario per comportamenti compiuti da altri amministratori in epoca successiva alle dimissioni, trattandosi di responsabilità per fatto proprio (anche se di natura omissiva) e correlata ad un adempimento (la richiesta d’iscrizione della causa di cessazione dalla carica di amministratore) posto dall’art. 2385, comma 3 c.c. a carico del collegio sindacale e che mai potrebbe essere compiuto dal dimissionario, ormai estraneo alla società.
Disposizioni applicate: art. 2385 c.c.
Nel caso di specie in esame, a seguito della dichiarazione di fallimento di una società cooperativa a responsabilità limitata, la curatela ha convenuto in giudizio, fra gli altri, il vice-presidente del consiglio di amministrazione dimissionario della società fallita, fra cui, contestandogli (i) l’omessa ed irregolare tenuta delle scritture contabili obbligatorie, (ii) la violazione degli obblighi gestori mediante un’illecita condotta di distrazione di liquidità per finalità estranee all’oggetto sociale e (iii) la mancata convocazione dell’assemblea per l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 2447 c.c..
Il Tribunale di prime cure ha dichiarato la responsabilità del vice-presidente del consiglio di amministrazione, in solido con gli altri membri del consiglio e con i sindaci, per la mancata tenuta delle scritture contabili, per la totale distrazione delle risorse della società fallita dai fini inerenti all’oggetto sociale e per la mancata convocazione dell’assemblea ex art. 2447 c.c..
Il vice-presidente del consiglio di amministrazione ha proposto appello della decisione, deducendo di non avere alcuna responsabilità per i fatti contestatigli in quanto avvenuti successivamente alla cessazione dalla sua carica per effetto delle dimissioni comunicate all’organo amministrativo (la maggioranza dello stesso era rimasta in carica), anche se non annotate nel registro delle imprese.
La Corte d’Appello territoriale ha rigettato l’appello e confermato l’impugnata sentenza, considerando che solo la pubblicazione nel registro delle imprese rendeva opponibile ai terzi la cessazione dalla carica e che fosse irrilevante l’imputabilità di tale omessa pubblicazione alla società. Avverso tale sentenza, il vice-presidente del consiglio di amministrazione ha proposto ricorso in cassazione.
La Suprema Corte ha accolto tale ricorso, affermando che, in materia di responsabilità degli amministratori, in caso di dimissioni dalla carica di amministratore, la mancata iscrizione delle stesse nel registro delle imprese è inopponibile alla società, ma non all’amministratore dimissionario, escludendo la responsabilità dell’amministratore per fatti accaduti dopo le sue dimissioni.
L’ordinanza in esame ci offre uno spunto di riflessione in merito all’immediatezza dell’effetto della rinuncia dell’amministratore alla carica così come disciplinata dall’art. 2385 c.c., che, al primo comma, dispone che tale rinuncia debba essere comunicata per iscritto al consiglio di amministrazione e al presidente del collegio sindacale e abbia effetto immediato, se rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione, così come avvenuto nel caso in esame.
È infatti quanto ha rammentato la Prima Sezione civile, riaffermando l’immediatezza dell’effetto della rinuncia.
Rifacendosi ad un precedente di legittimità sullo stesso tema del 2018[1], la Corte di Cassazione ha poi chiarito che la mancata iscrizione della causa di cessazione dalla carica nel registro delle imprese è inopponibile alla società ma non certo al dimissionario il quale non deve rispondere di fatti o illeciti commessi in epoca successiva alle sue dimissioni, anche nel caso in cui le stesse non siano state iscritte nel registro delle imprese.
La Suprema Corte ha, a quest’ultimo riguardo, sottolineato che la responsabilità per i suddetti fatti o illeciti è una responsabilità per fatto proprio (anche se di natura omissiva), correlata ad un adempimento, ovvero alla richiesta d’iscrizione della causa di cessazione dalla carica di amministratore nel registro delle imprese che, a norma dell’art. 2385, comma 3, c.c., viene posto ad esclusivo carico del collegio sindacale e che mai l’amministratore dimissionario potrebbe compiere, ancor di più perché ormai estraneo alla società.
In tali circostanze, gli ermellini hanno affermato[2] che non fosse configurabile un’estensione di responsabilità nei confronti dell’amministratore dimissionario per comportamenti compiuti da altri amministratori in epoca successiva alle dimissioni, accogliendone il ricorso e cassando (con rinvio) la sentenza della Corte d’Appello territoriale.
[1] Cass. n. 25980/2018
[2] Confermando l’orientamento di cui a Cass. n. 8516/2009