7 Marzo 2023

Il TAR Campania vieta la locazione breve turistica continuativa senza struttura ricettiva

di Donatella Marino, Avvocato Scarica in PDF

Parole chiave

TAR Napoli – casa vacanze – CAV – locazione breve turistica – chiusura attività – ospitalità – strutture ricettive – esercizio ricettivo – SCIA – sanzione – turismo

Sintesi

Il T.A.R. Campania-Napoli, con sentenza n. 8128 del 28 dicembre 2022, respingendo il ricorso di un sublocatore che offriva in locazione un appartamento per periodi inferiori a 30 giorni, confermava il “divieto di prosecuzione dell’attività abusiva di casa vacanze” per mancata presentazione della SCIA. Secondo il TAR Campania chiunque concluda contratti di locazione breve per finalità turistica (con continuità) deve necessariamente avviare un’attività ricettiva riconducibile, secondo l’inquadramento regionale campano, alla CAV. Centrale, per la riqualificazione, quanto risultante dai siti web.

Il fatto

Il 23 maggio 2018 un sub-locatore di un appartamento nel Comune di Napoli subiva un accertamento dei Vigili Urbani che contestavano la mancata presentazione al Comune della SCIA prevista dalla L.R. Campania 17/2001 per l’avvio di struttura ricettiva con irrogazione di una sanzione pecuniaria e “divieto di prosecuzione dell’attività abusiva di casa vacanze“. Il sub-locatore presentava ricorso al TAR Campania. Il Comune di Napoli si costituiva. ll TAR rigettava il ricorso e confermava la sanzione.

Le ragioni della ricorrente

In particolare, il ricorrente contestava l’applicabilità della normativa regionale, trattandosi di locazione (e/o sublocazione) cd. breve per meno di 30 giorni che “esulava dall’attività di «casa vacanza» (ovvero di residence ecc.). Secondo il ricorrente, nella nozione di «strutture ricettive extralberghiere», “dovrebbero ritenersi rientranti quelle «case» ove oltre alla locazione vengono forniti anche i cc.dd. servizi personali analoghi a quelli offerti da strutture alberghiere, come il riassetto quotidiano, la fornitura di biancheria e la loro sostituzione, la biancheria cambiata periodicamente”, nonché l’esclusivo potere legislativo regionale nel disciplinare la materia del turismo.

La qualificazione dell’attività della ricorrente secondo il Comune

Secondo quanto riportato dalla Polizia Locale, nell’appartamento veniva svolto un esercizio ricettivo nella forma di “attività di casa vacanze”, ma “senza titolo autorizzativo”. La ricorrente, a detta dei Vigili, era il “legale rappresentante” di tale struttura ricettiva.

Secondo il Comune, la riconducibilità dell’attività svolta dalla ricorrente a quella di casa vacanze era deducibile “dai siti web sui quali l’appartamento in questione è stato pubblicizzato, elemento di prova utilizzabile nel processo avendo lo stesso valore delle prove documentali”. Secondo il TAR, la differenza sostanziale “che sorregge la diversa disciplina giuridica tra la locazione per casa-vacanza (quindi per esigenze turistiche) e la cosiddetta locazione breve prevista dal codice civile per non più di 30 giorni consiste proprio nella continuità della gestione e nella natura della stessa che assume carattere professionale, assimilabile ai servizi alberghieri, per cui si tratta di attività che esula dalle normali facoltà di godimento dominicale, rientrando in regime di diritto amministrativo”.

Non è chiara, sul punto, la comparazione proposta dal giudice amministrativo, tra contratto di locazione per casa-vacanza e contratto di locazione breve. Una distinzione, quella tra contratto di alloggio in casa vacanza (o più in generale, in albergo o struttura ricettiva) e contratto di locazione (tipico) disciplinato da specifiche norme civilistiche più volte trattata dalla dottrina civilistica e dalla giurisprudenza della Corte Civile di Cassazione che portano a una ricostruzione di questo contratto atipico del tutto diversa da quella proposta dal TAR campano (v. infra).

La competenza normativa in materia di contratti e in ambito turistico

A seguito della riforma del Titolo V della Costituzione la materia del turismo rientra tra le competenze residuali delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, co.4, Cost. Lo Stato mantiene competenza esclusiva in materia di ’”ordinamento civile” o “tutela della concorrenza” (art. 117, co. 2 Cost) e dunque per ciò che concerne il diritto di proprietà e gli eventuali limiti, il concetto e la disciplina dell’imprenditore e l’intera materia dei contratti. Rilevanti, ai fini della fattispecie esaminata, i contratti (tipici) di locazione, la cui disciplina per le locazioni a uso abitativo con finalità turistica è prevista dal combinato disposto della L. 431/98 (art. 1 co.2 lett. c) e del Codice del Turismo (art. 53, all. 1 D.Lgs 79/2011) che rimanda alla disciplina del Codice civile (artt. 1571 s.s. del c.c.). A differenza dei contratti di locazione, i contratti di ospitalità in struttura ricettiva, strumento negoziale prevalente utilizzato dai gestori di esercizi ricettivi, sono contratti atipici o misti, la cui disciplina è ricavabile dal contratto stesso ovvero dai principi dell’ordinamento civile applicabili, oltre che dagli Usi e Consuetudini spesso depositati presso le Camere di Commercio[1]. Contratti che vengono conclusi dal gestore di un esercizio pubblico, ovvero di un esercizio aperto al pubblico indeterminato (e indiscriminato) dei consumatori, sottoposto a disciplina del tutto differente (v. per esempio, l’Art. 187 reg. es. TULPS). Ai soli fini fiscali, la legge statale si occupa anche di disciplinare la locazione c.d. breve (“non superiore a 30 giorni”) all’art. 4 DL 24 aprile 2017, n. 50 (conv. dalla L. 21 giugno 2017, n. 96), che pure ha una sua rilevanza in materia di turismo, posto che le locazioni inferiori ai 30 giorni sono per lo più concluse per finalità turistiche. In virtù della competenza delle Regioni in materia di turismo, ben possono essere imposti dalle Regioni adempimenti amministrativi a carico di chiunque offra un alloggio nel mercato turistico, posto il “fine precipuo di esercitare al meglio le proprie funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull’esercizio delle attività turistiche” (C. Cost. 84/2019).

La L.R. Campania sulla «Disciplina delle strutture ricettive extralberghiere»

La L.R. Campania 17/2001 “definisce e disciplina le strutture ricettive extralberghiere” espressamente individuandole. Nell’elenco compaiono le “case e appartamenti per vacanze” mentre l’art. 15 prevede una sanzione amministrativa per chiunque “fa funzionare una delle strutture ricettive disciplinate dalla presente Legge senza aver presentato regolare segnalazione certificata di inizio attività”.

La L.R. Campania sugli alloggi concessi in locazione turistica

La normativa turistica della Regione Campania, a differenza di altre normative regionali non prevede, ad oggi, adempimenti amministrativi specifici a carico di chi, senza aprire un esercizio ricettivo, offre l’immobile in locazione con finalità turistica o per periodi inferiori ai trenta giorni. Sul punto la Regione Campania è coerente: nelle FAQ si chiarisce che il c.d. “affitto breve non costituisce attività ricettiva in senso stretto, per cui non soggiace a SCIA e non è prevista la presentazione di alcuna istanza al SUAP del Comune territorialmente competente”. 

La Corte Costituzionale e gli adempimenti amministrativi imposti al locatore

Come ben chiarito dalla decisione della Corte Costituzionale 84/2019, le Regioni possono prevedere disposizioni che “pongono un adempimento amministrativo precedente ed esterno al contratto di locazione turistica, sanzionando i  correlativi inadempimenti, senza incidere sulla libertà negoziale e sulla sfera contrattuale che restano disciplinate dal diritto privato”, e sono dunque una “legittima conseguenza dell’esercizio da parte della Regione…della sua competenza residuale in materia di turismo”.

Coerente, sul punto, anche il rilievo del TAR Campania, secondo cui “per le locazioni a carattere turistico deve rilevarsi come le Regioni … possono prevedere … che sia necessaria, per il relativo esercizio, una autorizzazione, ovvero segnalazione di attività al Comune, senza che ciò risulti irragionevole o sproporzionato”.

Non convince tuttavia la conclusione del giudice amministrativo, che parrebbe individuare nella normativa regionale campana non l’esistenza di adempimenti amministrativi a carico dei locatori che offrono l’alloggio per fini turistici (non previsti) ma un vero e proprio divieto a concludere contratti di locazione con fine turistico (se posti in essere con una certa frequenza e continuità) senza aprire un esercizio ricettivo. Una simile interpretazione potrebbe però esporre la normativa campana esaminata a censura di illegittimità costituzionale.

[1]Sui contratti di ospitalità v. V. Franceschelli, F. Morandi, Manuale di diritto del Turismo, Sesta Edizione, Giappichelli, 2017, p. 308 ss.; D. Marino, A. Lanzi, G. Marino, La nuova ospitalità turistica, dalle strutture ricettive tradizionali alle recenti formule, Key editore, 2019, p.145 ss. e per tutte, sul concetto di contratto di alloggio in albergo, Cass n. 9662/2000.

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