Dichiarazione stato di insolvenza della banca in liquidazione coatta amministrativa: efficacia probatoria degli accertamenti di Banca d’Italia e del commissario straordinario
di Giuseppe Bertolino Scarica in PDFTribunale di Sciacca, Sentenza, 16 febbraio 2016, n. 3.
Pres. Genna. Rel. Cerrone
Liquidazione coatta amministrativa – dichiarazione dello stato di insolvenza – accertamenti della Banca d’Italia e del commissario straordinario – rilevanza probatoria – necessità di accertamenti ulteriori – esclusione (d.lgs. 1 settembre 1993 n.385 Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, art. 82, co. 2)
[1] Nel procedimento per la dichiarazione dello stato di insolvenza della banca in liquidazione coatta amministrativa, promosso i sensi dell’art. 82 comma 2 del T.U.B., gli accertamenti eseguiti dalla Banca d’Italia e dal commissario straordinario, per la qualità degli organi dai quali provengono e per la specificità dei dati evidenziati, sono connotati da un pregnante grado di attendibilità e ben possono essere utilizzati ai fini della decisione senza la necessità di accertamenti ulteriori.
Liquidazione coatta amministrativa – dichiarazione dello stato di insolvenza di impresa bancaria – giudizio di accertamento – momento rilevante – fatti sopravvenuti – ininfluenza (d.lgs. 1 settembre 1993 n.385 Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, art. 82, co. 2)
[2] Lo stato di insolvenza di una banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa deve essere riferito “al momento dell’emanazione del provvedimento di liquidazione”, dovendosi ritenere ininfluenti eventuali fatti sopravvenuti che abbiano determinato la capienza del patrimonio.
CASO
[1] [2] La banca Alfa, previo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo, veniva sottoposta, su proposta di Banca D’Italia, alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi dell’art. 70, comma 1, del Decreto Legislativo 385 del 1993 (T.U.B.).
Successivamente veniva disposta, ex art. 80 comma 1 e 2 del T.U.B., la revoca dell’autorizzazione dell’attività bancaria dell’istituto di credito e, a causa delle perdite previste, su istanza del nominato commissario straordinario, la liquidazione coatta amministrativa.
Il Commissario liquidatore della banca Alfa proponeva al Tribunale di Sciacca ricorso, ai sensi dell’art. 82 comma 2 del T.U.B, per la dichiarazione dello stato di insolvenza della medesima impresa bancaria in liquidazione coatta amministrativa.
Il Tribunale sentiti i componenti del cessato consiglio di amministrazione della banca Alfa, la Banca d’Italia ed il commissario straordinario, ha accolto il ricorso e ha dichiarato lo stato di insolvenza dell’istituto di credito.
SOLUZIONE
[1] [2] Il Tribunale ha dichiarato lo stato di insolvenza della banca Alfa in L.C.A., ai sensi dell’art. 82 comma 2 del T.U.B., alla luce delle risultanze del bilancio finale redatto dal commissario straordinario, sottoposto ad approvazione di Banca d’Italia.
Gli accertamenti eseguiti da Banca d’Italia e dal commissario straordinario sono stati utilizzati dal Tribunale, ai fini della decisione, “senza la necessita di accertamenti ulteriori”.
Il Tribunale, inoltre, ha ribadito che lo stato di insolvenza di una Banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa deve essere riferito ”al momento dell’emanazione del provvedimento di liquidazione” e sono ininfluenti eventuali fatti sopravvenuti che possano avere determinato la capienza successiva del patrimonio.
QUESTIONI
[1] [2] Nel procedimento di cui all’art. 82 del T.U.B., volto ad accertare lo stato di insolvenza dell’impresa bancaria in liquidazione coatta amministrativa, assumono particolare rilevanza, secondo la sentenza in esame, le risultanze del bilancio finale dell’amministrazione straordinaria redatto dal commissario straordinario e sottoposto ad approvazione della Banca d’Italia.
Il documento rappresentativo della situazione contabile ed economica, relativo al periodo nel quale la banca veniva assoggettata a liquidazione coatta amministrativa, assume particolare rilevanza probatoria e, nell’ipotesi in cui evidenzi un deficit patrimoniale notevole (ad es. alto numero di crediti in sofferenza, contrazione dell’importo verso la clientela), determina lo stato di insolvenza della banca.
Il Tribunale ha affermato che gli accertamenti operati da Banca d’Italia e dal commissario straordinario, per la qualità degli organi dai quali provengono e soprattutto per la specificità dei dati evidenziati, sono connotati da un “pregnante grado di attendibilità e ben possono essere utilizzati, quindi, ai fini della decisione, senza la necessita di accertamenti ulteriori”.
Sul punto la pronuncia segue un consolidato orientamento delle corti di merito in tema di prova dello stato di insolvenza che sottolinea la peculiare rilevanza probatoria delle verifiche compiute dagli organi ispettivi di Banca d’Italia e delle relazioni patrimoniali redatte dai commissari straordinari (ex plurimis Tribunale di Benevento 8 gennaio 1992 in Riv. dir. comm. 1992, II, pag. 333; Tribunale di Cosenza 20 ottobre 2010, inedita; Tribunale Santa Maria Capua Vetere, 4 settembre 2009 confermata da Corte di Appello Napoli 07 dicembre 2010, inedite).
La prova “regina” del procedimento in parola è costituita dal bilancio redatto dal commissario straordinario a conclusione del commissariamento dell’impresa bancaria.
Nella redazione di questo bilancio hanno notevole rilevanza le svalutazioni dei crediti operate dal commissario straordinario che procede all’analisi, alla stima e alla valutazione prognostica del deterioramento delle singole posizioni creditorie, alla luce dei parametri generali di garanzia del credito, delle istruzioni di vigilanza e della propria esperienza professionale.
Nei giudizi di dichiarazione dello stato di insolvenza delle imprese bancarie, le svalutazioni annotate nel bilancio sono sovente contestate dai resistenti, i quali eccepiscono che la quantificazione è conseguenza di una mera analisi “soggettiva” del commissario straordinario, in assenza di riscontri certi ed obiettivi.
La sentenza in esame, sulla scorta di giurisprudenza consolidata, supera queste obiezioni sottolineando “la particolare competenza professionale dei commissari straordinari che redigono il bilancio, approvato da Banca d’Italia”; la efficacia probatoria di questo bilancio è posta a base dell’accertamento dello stato di insolvenza della Banca in L.C.A. “senza la necessità di accertamenti ulteriori”.
È palese che l’onere probatorio del commissario liquidatore è, a questo punto, notevolmente attenuato ed è assolto con il deposito degli accertamenti di Banca d’Italia e del commissario straordinario.
Alla luce del riportato orientamento giurisprudenziale i Tribunali escludono la necessità che l’accertamento dello stato di insolvenza venga supportato da una consulenza tecnica d’ufficio, nonostante la complessità della situazione contabile ed economica che caratterizza il bilancio di un istituto di credito.
In questo modo, l’accertamento dell’insolvenza dell’impresa bancaria da parte del Tribunale sembra limitarsi ad un “atto di riconoscimento” delle operazioni e dell’attività del commissario straordinario e di Banca d’Italia, in quanto soggetti altamente qualificati nella materia creditizia.
La sentenza in esame ribadisce, inoltre, il principio secondo il quale lo stato di insolvenza di una Banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa deve essere riferito, in aderenza alla norma contenuta nell’art. 82 del T.U.B. “al momento dell’emanazione del provvedimento di liquidazione”, dovendosi ritenere ininfluenti i fatti sopravvenuti che abbiano determinato la capienza del patrimonio.
Sul punto la Suprema Corte ha precisato che “Lo stato di insolvenza di una banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa – la cui sussistenza, ai sensi dell’art. 82, comma secondo, del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, deve essere riscontrata con riferimento al momento dell’emanazione del provvedimento di liquidazione – si traduce, sulla base della generale previsione dell’art.5 legge fall., applicabile in assenza di autonoma definizione, nel venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie per l’espletamento della specifica attività imprenditoriale. La peculiarità dell’attività bancaria – la quale implica che l’impresa che la esercita disponga di molteplici canali di accesso al reperimento di liquidità per impedire la suggestione della corsa ai prelievi – fa peraltro sì che assuma particolare rilevanza indiziaria, circa il grado di irreversibilità della crisi, il “deficit” patrimoniale, che si connota come dato centrale rispetto sia agli inadempimenti che all’eventuale illiquidità” (cfr. Cass. 21 aprile 2006, n.94048).
Il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie all’espletamento della specifica attività imprenditoriale vanno misurate (e provate) alla data del provvedimento di liquidazione.
Pertanto, è ininfluente dimostrare che (l’usuale) intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei depositi oppure eventuali transazioni con i creditori o possibili cessioni, abbiano consentito di superare lo stato di insolvenza dopo il provvedimento che ha disposto la liquidazione coatta amministrativa.
Un successivo piano di intervento – realizzato dopo la fase liquidatoria – non rimuove lo stato di dissesto alla data in cui la Banca è stata posta in liquidazione coatta, ma anzi lo conferma (cfr. Tribunale di Milano, II sez. civile, 26 gennaio 2012, Pres. Vitiello, inedita).
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