3 Ottobre 2023

Dichiarazione di fallimento di società fusa per incorporazione

di Giulio Marconcin, Avvocato Scarica in PDF

Cassaz., 2 marzo 2023, n. 6324, Pres. M. Cristiano – Rel. L. Abete

Parole chiave: Fallimento – Dichiarazione – Soggetti – Imprese – Società – Dichiarazione di fallimento della società fusa per incorporazione – Oltre l’anno previsto dall’art. 10 l.fall. – Conseguenze

Massima: La fusione per incorporazione estingue la società incorporata, sicché è giuridicamente inesistente la sentenza che dichiari il fallimento di quest’ultima oltre l’anno previsto dall’art. 10 l. fall. e tale vizio radicale, impedendo il passaggio in giudicato del provvedimento, può essere fatto valere, oltre che con l’impugnazione ordinaria, anche con un’autonoma “actio nullitatis””.

Disposizioni applicate

Artt. 2504, 2504-bis c.c.; Artt. 10, 11, l. fall.; Art. 33 CCII

La pronuncia in commento rappresenta l’epilogo di un lungo e intricato iter processuale in cui è stato diffusamente affrontato il tema degli effetti che si producono nei confronti della sentenza che ha dichiarato il fallimento di una persona giuridica precedentemente fusasi per incorporazione in un altro ente. La sentenza della Corte di Cassazione offre dunque l’opportunità di esaminare la questione alla luce della disciplina vigente al tempo della decisione e quella successivamente intervenuta.

In particolare la Suprema Corte, dopo aver evidenziato che la fusione per incorporazione determina l’estinzione della società incorporata, si è focalizzata sugli effetti che investono il giudizio promosso da o contro quest’ultima, osservando come l’estinzione della società determini la nullità dell’atto introduttivo e dell’intero giudizio e come da tale nullità discenda pertanto l’inesistenza giuridica della sentenza di fallimento pronunciata oltre l’anno dal decorso del termine di iscrizione della fusione nel Registro delle Imprese.

CASO

Con sentenza n. (OMISSIS) la Corte d’Appello di Roma, confermando la sentenza n. (OMISSIS) resa dal Tribunale di Roma, ha rigettato la domanda volta ad accertare l’inesistenza giuridica della sentenza dichiarativa del fallimento dell’ente “(OMISSIS)” pronunciata dal Tribunale di Roma in data 11 maggio 1994, dopo che l’ente “(OMISSIS)” si era fuso per incorporazione nel consorzio “(OMISSIS)” il 30 dicembre 1989, fusione poi depositata ed iscritta il 10 marzo 1990.

SOLUZIONE 

Nel motivare la sentenza d’appello, i giudici di seconde cure hanno anzitutto precisato che la res litigiosa (ossia, come detto, l’intervenuta estinzione dell’“(OMISSIS)” per effetto dell’operazione di fusione per incorporazione), contrariamente a quanto addotto da parte appellante, non si prestava ad essere assimilata alla vocatio in ius di persona fisica già deceduta, ciò sul rilievo che (i) gli artt. 10 e 11 l. fall. prevedevano l’ipotesi di dichiarazione di fallimento dell’imprenditore defunto entro un anno dal decesso e che (ii) alla medesima previsione era, nella disciplina societaria anteriforma del 2003, da ricondurre altresì l’ipotesi di fusione per incorporazione.

Secondo i giudici d’appello, la sentenza dichiarativa del fallimento del consorzio “(omissis)” era stata pronunciata oltre il termine di un anno e che la stessa, pertanto, era da un vizio deducibile solamente attraverso il rimedio di impugnazione ordinario, ossia l’opposizione, e non invece attraverso l’actio nullitatis, non potendo la stessa ritenersi inesistente.

Sulla scorta di quanto precede, la Corte d’Appello ha rigettato il gravame.

QUESTIONI APPLICATE NELLA PRATICA

La pronuncia in esame è particolarmente significativa in quanto offre l’occasione di approfondire la tematica connessa agli effetti dell’intervenuta fusione per incorporazione di una società dichiarata successivamente fallita e ciò alla luce degli orientamenti giurisprudenziali che si sono sviluppati nel tempo, in epoca pre e post riforma di diritto societario.

Va dunque dato atto dell’esistenza di un primo orientamento che, valorizzando il dato letterale dell’art. 2504, quarto comma, c.c. e, successivamente, dell’art. 2504-bis, primo comma, c.c. vigente in epoca ante riforma (i quali prevedevano entrambi che la società incorporante avrebbe assunto i diritti e gli obblighi delle “società estinte”), ha inquadrato la fusione in termini di vicenda estintivo-successoria, attribuendole l’effetto di estinguere la società incorporata (o di tutte le società fuse), con conseguente successione della società incorporante (o della società risultante dalla fusione) in tutti i rapporti giuridici facenti capo alle società estinte (sul tema, più recentemente, nella giurisprudenza di legittimità, Cass., n. 2063/2015; Cass., SS.UU., n. 27183/2007; Cass., n. 3695/2007; Cass., n. 1413/2006; Cass., n. 9432/2005; Cass., n. 22236/2004; Cass., n. 18176/2004; Cass., n. 50/2004; Cass., n. 17402/2003; Cass., n. 12350/2003; Cass., n. 10502/2003; Cass., n. 5716/2003; Cass., n. 10595/2001; Cass., n. 14383/2000; Cass., n. 9796/2000; Cass., n. 8572/1999; Cass., n. 6298/1999; Cass., n. 5065/1998; Cass., n. 3694/1998; Cass., n. 9349/1997; Cass., n. 8100/1997; nella giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Novara, 21 gennaio 2005, in Giur. It., 2005, I, 1184; Trib. Mantova, 28 aprile 2004, ne ilcaso.it; Trib. Mantova, 18 giugno 2003, ne ilcaso.it; Trib. Perugia, 18 marzo 2000, in Rep. Foro It., 2001; Trib. Milano, 13 aprile 1987, in Società, 1987, 829; Trib. Bologna, 13 gennaio 1987, in Dir. fall., 1988, II, 531. In dottrina, cfr. F. Santoro Passarelli, Dottrine generali di diritto civile, Napoli, 1986, 95; G. Cabras, Trasformazione e fusione, in Giur. Comm., 1976, I, 133; A. Frè, Sul diritto di recesso, in Riv. dir. comm., 1967, I, 34; A. Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1964, 516; F. Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1954, 558; G. Valeri, Manuale di diritto commerciale, Castellaccio, 1945, 110).

Il suddetto fenomeno estintivo rende pertanto applicabile la disciplina di cui all’art. 10 l. fall. e la decorrenza del termine annuale ivi previsto dal giorno in cui è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni previste dall’art. 2504 c.c. ovvero dalla data successivamente stabilita ai sensi dell’art. 2504-bis, secondo comma, c.c.

A partire dagli anni Sessanta si è tuttavia sviluppato, sia in giurisprudenza sia in dottrina, un secondo orientamento che, proponendo un diverso approccio interpretativo, ha qualificato la fusione in termini di una vicenda meramente modificativa/evolutiva riguardante il patrimonio e l’organizzazione della società incorporata, che conserva la propria identità sia pur in un nuovo assetto organizzativo. Ciò con la conseguenza che il disposto dell’art. 10 l. fall. (ora art. 33 CCII) non troverebbe applicazione in via analogica in quanto la fusione non determinerebbe l’estinzione della società incorporata, né creerebbe un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attuerebbe l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione (cfr. più recentemente Cass. SS.UU., n. 2637/2006; nello stesso senso Cass., nn. 4661/2007, 22489/2006, 22330/2007 e SS.UU. n. 17855/2007. Nel merito, cfr. App. Perugia, 16 dicembre 2009, 1304. In dottrina, sulla fusione come “riorganizzazione” di una pluralità di imprese societarie, cfr. G. Ferri e G. Guizzi, Il progetto di fusione e i documenti preparatori. Decisione di fusione e tutela dei creditori, in Il nuovo diritto delle società, Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, 4, Torino, 2007, 235 ss.; per tutti i riferimenti pregressi cfr. C. Santagata e R. Santagata, Le fusioni, in Trattato diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 7**, 1, Torino, 2004, 47 ss.; G. Pellegrino, Fallimento delle Società, Riforma del diritto societario e della legge fallimentare, Padova, 2007, 465).

In forza della tesi c.d. “modificazionistica”, le soluzioni adottate dalla giurisprudenza hanno ammesso il perdurare della legittimazione processuale in capo alla società che, nel corso del giudizio, venga incorporata in (o fusa) con un’altra: (i) è stata, ad esempio, riconosciuta la legittimazione attiva dell’incorporata a proporre appello (cfr. sul punto Cass., n. 18188/2016, la quale ha rilevato che “l’art. 2504 -bis, primo comma 1, c.c. (…) non parla più di società ‘estinte’ e dice espressamente che l’assunzione in capo alla società risultante dalla fusione o incorporante dei diritti e degli obblighi delle società preesistenti comporta la prosecuzione di tutti i rapporti, compresi quelli processuali”); (ii) è stata inoltre riconosciuta come esistente e validamente emessa la sentenza pronunciata nei confronti della società incorporata, pur essendosi la fusione già perfezionata nel corso del giudizio (cfr. Cass., n. 6058/2012).

Tale orientamento ha trovato accoglimento anche a seguito della riforma societaria, quando il legislatore è intervenuto sul testo dell’art. 2504-bis, primo comma, c.c., sostituendo la locuzione “società estinte” con “società partecipate”. Tale intervento è stato interpretato come segno inequivocabile dell’adesione normativa alla tesi evolutivo-modificativa (in giurisprudenza, cfr. Cass., n. 14177/2019; Cass., n. 18188/2016; Cass., n. 1376/2016; Cass., n. 24498/2014), benché non sia mancato in dottrina chi ha osservato che “l’intervenuta eliminazione, nel novellato art. 2504-bis, di ogni riferimento alle ‘società estinte’ non è circostanza che merita di essere sopravvalutata sul piano esegetico, stante la nota assenza di vincolatività del lessico legislativo per l’interprete” (così F.M. Dimundo, sub art. 2504-bis, in P. Marchetti – L.A. Bianchi – F. Ghezzi – M. Notari (diretto da), Commentario alla riforma delle società. Trasformazione – Fusione – Scissione, Milano, 2008, 835); la questione della natura e degli effetti della fusione, quindi, va esaminato facendo “una valutazione complessiva del microsistema della fusione” (così G.B. Portale, La riforma delle società di capitali tra diritto comunitario e diritto internazionale privato, in Europa e dir. priv., 2004, 117).

Recentemente, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono tuttavia nuovamente intervenute sul tema, sancendo il principio – cui la decisione in commento ha pienamente aderito – in controtendenza rispetto alla teoria modificativo-evolutiva secondo cui “la fusione realizza una successione a titolo universale corrispondente alla successione mortis causa e produce gli effetti, tra loro interdipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti il soggetto incorporato” (cfr. Cass. SS.UU. n. 21970/2021; da ultimo, cfr. Cass. n. 13685/2023).

Non essendo possibile ripercorrere tutti gli argomenti che sono stati sviluppati nell’inquadrare la fusione per incorporazione e i relativi effetti, sostanziali e processuali, nei termini di una vicenda sia estintivo-successoria ovvero modificativo-evolutiva, qui basti dire che nel caso di specie la dichiarazione di insolvenza dell’ente incorporato, intervenuta oltre il termine di un anno dal perfezionamento degli effetti pubblicitari previsti dall’art. 2504 c.c., sarebbe rimasta affetta da inesistenza in entrambi i casi, posto che la sentenza sarebbe intervenuta nei confronti di un soggetto non più esistente, integrando un vizio che osta allo stesso formarsi del giudicato.

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