Devoluzione del patrimonio attraverso una serie di legati e concorrenza con la successione legittima
di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDFCass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 30802 del 06/11/2023
Successioni “Mortis Causa” – Successione Testamentaria – In Genere Successione testamentaria contenente soli legati – Esaurimento dell’asse relitto – Possibilità della sua coesistenza con la successione legittima – Sussistenza – Ragioni.
“In tema di successione ereditaria, la presenza di un testamento che contenga soltanto attribuzioni a titolo di legato idonee ad esaurire l’asse relitto non esclude la successione legittima, la quale sussiste anche quando è priva di un positivo contenuto patrimoniale, siccome destinata ad operare sia al fine di individuare la responsabilità per i debiti ereditari e per gli obblighi gravanti sull’erede, sia al fine di decidere sulla sorte dei beni appartenenti al de cuius, ma ignorati dalle disposizioni testamentarie, ovvero sopravvenuti alla data di redazione della scheda, i quali sono destinati a devolversi secondo le regole della successione ab intestato, una volta esclusa la possibilità di individuare una diversa istituzione di erede nelle previsioni di ultima volontà”.
Disposizioni applicate
Cod. Civ.: artt. 457, 647 e 649
[1] Tizia dispose delle proprie sostanze per testamento, attribuendo determinati beni ai propri figli Primo, Secondo e Terzo. Alla sua morte, il di lei coniuge Tizio convenne in giudizio i figli, per sentire accertare la proprietà dei beni e, previa declaratoria di nullità del testamento, procedersi alla divisione ab intestato dei beni relitti.
Il Tribunale adito statuì (con sentenza passata in giudicato) che si era aperta la successione e che le attribuzioni testamentarie erano da considerarsi effettuate a titolo di legato. Essendo nelle more deceduto Secondo, sua figlia ed unica erede Mevia convenne in giudizio gli zii Primo e Terzo affinché ex art. 649 c.c. fossero condannati al rilascio del bene legato al proprio genitore, con ogni accessione e pertinenza e con la condanna al versamento dei frutti maturati ed al risarcimento dei danni. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda attorea, condannando i convenuti al rilascio del bene nonché al pagamento di una somma per frutti civili non percetti ed un ulteriore importo per i deterioramenti apportati al bene, e cagionati dopo l’apertura della successione. Impugnata la sentenza, la Corte d’Appello, decidendo nel merito, reputava fondata la domanda di consegna del bene e di pagamento dei frutti relativamente alle sole eredi di Primo (nel frattempo venuto a mancare), il solo nella disponibilità del bene legato. Non poteva, invece, essere accolta la domanda di risarcimento del danno per omessa manutenzione del bene, atteso che il convenuto, ove anche ritenuto essere in mala fede, non poteva essere obbligato ad agire anche per eseguire interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria.
[2] Per quanto di interesse nella presente sede, avverso la sentenza di secondo grado veniva proposto ricorso in Cassazione, denunciando la violazione o falsa applicazione degli artt. 649, comma 3, e 661 c.c., nonché dell’art. 102 c.p.c., nella parte in cui la Corte d’Appello, nel decidere nel merito la domanda avanzata dalla ricorrente, aveva escluso che la condanna potesse essere pronunciata anche in danno del convenuto Terzo. Si assume che erroneamente era stato sostenuto che la detenzione del bene fosse in capo al solo Primo, trascurando altresì che in realtà, ove il legatario chieda la consegna del bene legato ex art. 649 c.c., si è al cospetto di un’ipotesi di litisconsorzio necessario che coinvolge tutti gli eredi.
Gli Ermellini hanno ritenuto il motivo infondato e, per giungere a tale conclusione, hanno fondato il proprio ragionamento su una precisazione in ordine alla qualificazione dei lasciti testamentari come a titolo di legato. Tale qualificazione era stata data dal Tribunale di primo grado. Tuttavia, precisa la Suprema Corte nella pronuncia in commento, “pur in presenza di un testamento che contenga disposizioni di singoli beni, che siano state tutte qualificate in termini di legato, e che, a quanto risulta, abbiano esaurito l’asse relitto, non per questo può negarsi in capo ai tre figli della testatrice la qualità di eredi”.
Si avverte, infatti, la “necessità di dover sempre individuare un erede (anche ai soli fini di stabilire il soggetto che sia tenuto a dare attuazione alle disposizioni testamentarie ovvero a far fronte ai debiti ereditari)”. L’eventuale esaurimento dell’attivo ereditario, senza che si sia con tali disposizioni individuata anche una istituzione di erede ex re certa, implica alla luce del disposto di cui all’art. 457 c.c. che per il resto sia destinata ad operare la successione legittima, alla quale evidentemente concorrevano i tre figli della testatrice. “Trattasi di chiamata a titolo universale che opera per le dette finalità e che sussiste anche ove la stessa sia priva di un positivo contenuto patrimoniale, essendo in ogni caso destinata ad operare, oltre che sul piano dell’individuazione della responsabilità per i debiti ereditari e per gli obblighi gravanti sull’erede (come appunto quello di cui all’art. 649 c.c. oggetto di causa), anche in relazione all’ipotesi in cui si debba decidere la sorte dei beni appartenenti al de cuius ma ignorati dalle disposizioni testamentarie, ovvero sopravvenuti rispetto alla data di redazione della scheda, beni che, per quanto detto, sono destinati a devolversi secondo le regole della successione ab intestato, una volta esclusa la possibilità di individuare una diversa istituzione di erede nelle previsioni di ultima volontà”.
Precisa la Cassazione che, sebbene sia in linea teorica corretto ritenere che, nel caso di specie, tutti e tre i figli di Tizia fossero coeredi in quanto chiamati ab intestato, ed avessero quindi acquisito il possesso dei beni ereditari ex art. 460 c.c., si debba invece affermare che ai fini della titolarità dell’obbligazione di cui all’art. 649 comma 3 c.c., non ricorra un’ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti di tutti gli eredi allorché la domanda di consegna si riferisca ad un bene nella disponibilità esclusiva di uno solo dei coeredi. “In tal caso, infatti, non è in discussione lo status di erede, poiché la domanda tende soltanto alla attuazione d’un obbligo giuridico – rilascio dei beni legati nel possesso di un determinato coerede”[1].
Il giudice di legittimità, pertanto, ribadisce la regola secondo cui “pur essendo tutti gli eredi tenuti a dare attuazione all’obbligo di cui all’art. 649 c.c., ciò vale sempre che tutti ne abbiano la effettiva disponibilità, che prevale rispetto al possesso di diritto che scaturisce dall’art. 460 c.c., sicché ove solo uno o alcuni dei coeredi abbiano la materiale disponibilità del bene oggetto del legato, è a questi che deve essere rivolta la richiesta del legatario (….), poiché solo questi hanno l’effettiva possibilità di porre il bene legato nella concreta disponibilità del legatario”.
[3] Elemento di maggior interesse della sentenza in commento è l’affermazione non tanto (rectius non solo) della responsabilità del solo soggetto in possesso del bene poggetto di legato, bensì della necessità di individuare sempre un erede anche allorché il testatore abbia esaurito il proprio patrimonio attraverso un fascio di legati.
L’esigenza di individuare un titolare anche degli eventuali rapporti passivi del de cuius, pretende che un erede (non potendo i debiti ereditari gravare sui legatari) debba sempre rinvenirsi. Quando le attribuzioni di beni determinati configurano una institutio ex re certa, tale problema non si pone, determinandosi l’erede proprio nel soggetto a cui il bene è stato attribuito; ma anche allorché la disposizione a titolo particolare venga configurata come legato, a giudizio degli Ermellini deve potersi rinvenire un erede e, in mancanza di indicazione da parte del testatore, il riferimento non può che essere alla successione ex lege. E tale richiamo, nel caso di specie, ha avuto come conseguenza che il soggetto nella cui disponibilità si trovava il bene oggetto di legato rivestisse anche la qualità di erede. Ciò ha consentito agli Ermellini di riconoscerlo come “soggetto chiamato in potenza a dare esecuzione a quanto prescritto dall’art. 649 comma 3 c.c. in ragione della effettiva disponibilità materiale del bene legato”.
Le considerazioni della Corte ed il caso specifico stesso da cui la causa è sorta, consentono di ribadire una volta di più l’importanza di una corretta redazione delle schede testamentarie. Nel caso de qua, come visto, si era in presenza di una sentenza passata in giudicato tra le parti, la quale aveva dichiarato le disposizioni a favore dei figli quali legati: ciò ha portato all’impossibilità per la Suprema Corte di riqualificare tali disposizioni e viene da chiedersi se, magari, si sarebbe potuta rivedere in temini di institutio ex re certa la volontà del defunto.
Ma in assenza di una sentenza passata in giudicato, cosa sarebbe accaduto?
Troppo spesso le disposizioni di ultima volontà si rivelano lacunose o, comunque, di dubbia interpretazione.
Se allorché il testatore si appresta a ridurre in iscritto le proprie ultime volontà ha ben chiaro quale risultato vuole ottenere, non sempre tale chiarezza si riverbera in uno scritto altrettanto cristallino.
Si ipotizzi il caso di Tizio, titolare di tre beni immobili, che disponga per testamento del primo a favore del figlio Tizietto, del secondo a favore di Caietto e del terzo a Mevio utilizzando il generico termine “lascio”. Prima facie, si è portati a ritenere che, soprattutto se tali beni sono gli unici presenti nel proprio patrimonio, egli abbia voluto effettuare una divisione tra i propri figli; ma si tratta di una valutazione non incontestabile e che, in ogni caso, non mette al riparo da possibili questioni.
Se si rinvenissero altri beni nel patrimonio, magari anche già esistenti e conosciuti dal testatore al momento di confezionamento del testamento, come dovrebbero devolversi? In relazione all’ipotesi di institutio ex re certa, la Suprema Corte ha avuto modo di esprimersi, anche con una recente pronuncia a Sezioni Unite, affermando la possibilità di coesistenza tra tale tipo di istituzione e la successione legittima.[2]
E se, al momento di apertura della successione, sussistessero rapporti di debito, chi dovrebbe essere riconosciuto come titolare passivo dell’obbligazione?
La pronuncia in commento si limita ad analizzare il caso di specie, ove i beneficiari dei legati erano, altresì, eredi legittimi del defunto. Ma che dire se il legatario fosse un soggetto diverso? Colui che fosse individuato dalla legge come erede si troverebbe da un lato privato dei beni legati, costituenti il patrimonio attivo del de cuius, e dall’altro obbligato a far fronte ai debiti di costui. Facile ipotizzare una sua rinuncia all’eredità.
Queste situazioni, come altre ipotizzabili, portano a dover valutare con maggiore attenzione le modalità di redazione dei testamenti; e ciò prescinde dalla loro forma, poiché non di rado si rinvengono testamenti anche pubblici che presentano le problematiche di cui sopra. Se non è possibile impedire che coloro che redigono la scheda testamentaria senza ricorrere alla consulenza di alcun professionista possano commettere errori od esprimersi in maniera incerta, è doveroso, allorché costoro si rivolgano ad un notaio, avvocato, commercialista od altro professionista competente, che la consulenza ponga al riparo (quantomeno) da incertezze interpretative in merito all’individuazione degli eredi o alla sorte dei beni non specificamente individuati nel testamento.
[1] In tal senso anche Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 914 del 09/04/1963
[2] Si vedano Cass. Civ., Sez. Unite, Ordinanza n. 17122 del 28/06/2018; Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 17868 del 03/07/2019 nonché Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 24310 del 05/08/2022. Per un commento a tali sentenze si rimanda a RAMPONI, Institutio ex re certa e beni residui non oggetto di specifica destinazione da parte del testatore, in Newsletter Ec Legal dell’11/12/2018, https://www.eclegal.it/wp-content/uploads/pdf/2018-12-11_institutio-ex-re-certa-beni-residui-non-oggetto-specifica-destinazione-parte-del-testatore.pdf; RAMPONI, “La Cassazione torna sui suoi passi? Ancora su institutio ex re certa e successione legittima”, in Newsletter Ec Legal del 17/09/2019, https://www.eclegal.it/wp-content/uploads/pdf/2019-09-17_la-cassazione-torna-sui-suoi-passi-ancora-institutio-ex-re-certa-successione-legittima.pdf; RAMPONI, Institutio ex re certa e concorrenza con la successione legittima, in Newsletter Ec Legal dell’11/10/2022, https://www.eclegal.it/wp-content/uploads/pdf/2022-10-11_institutio-ex-re-certa-concorrenza-la-successione-legittima.pdf
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