Determinazione della competenza per valore di causa avente ad oggetto l’impugnazione di delibera condominiale
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFMassima: “Nell’azione di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea di condominio, che sia volta ad ottenere una sentenza di annullamento avente effetto nei confronti di tutti i condomini, il valore della causa deve essere determinato sulla base dell’atto impugnato, e non sulla base dell’importo del contributo alle spese dovuto dall’attore in base allo stato di ripartizione, non operando la pronuncia nei soli confronti dell’istante e nei limiti della sua ragione di debito“.
CASO
Alcuni condomini impugnavano una delibera assembleare avente ad oggetto il consuntivo dei lavori straordinari relativi alla facciata e ai frontalini dell’edificio.
Essi ritenevano che la delibera ledesse i diritti dei singoli condomini, che fosse sprovvista di una decisione vincolante, che non presentasse concisamente l’indicazione dei criteri di determinazione della somma da corrispondere all’impresa appaltatrice dei suddetti lavori e, infine, che mancasse il contenuto essenziale del verbale in relazione all’accertamento del quorum di cui all’articolo 1136 c.c.
Il Tribunale di Imperia dichiarava la propria incompetenza in favore di quella del Giudice di Pace.
Il Giudice di primo grado ha ritenuto che l’oggetto dell’impugnazione fosse soltanto formalmente la delibera condominiale, ma che in sostanza il reale obiettivo dei condomini fosse quello di evitare il pagamento delle singole quote derivanti dall’approvazione del consuntivo dei lavori e del contestuale riparto in base ai millesimi di proprietà e dal momento che le quote spettanti ai singoli condomini sarebbero state di importi inferiori ai €. 5.000,00 allora dovesse essere dichiarata la competenza per valore del Giudice di pace, secondo gli ordinari criteri della competenza per valore ex art. 7 c.p.c.
Avverso la decisione del Tribunale adìto, i condomini hanno proposto ricorso per regolamento di competenza.
Il Condominio ha depositato il proprio controricorso.
I ricorrenti hanno depositato un atto di opposizione avverso il controricorso notificato dal Condominio, perché secondo questi sarebbe stato tardivo.
La causa è stata rimessa alla pubblica udienza della sezione semplice della Corte di Cassazione poiché secondo gli Ermellini nel caso di specie non sussiste una consolidata univocità della giurisprudenza di legittimità in ordine alla questione controversa della determinazione della competenza per valore riguardo una controversia avente ad oggetto il riparto di una spesa approvata dall’assemblea condominiale.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9068 del 21 marzo 2022, ha accolto il ricorso per regolamento di competenza proposto dai condomini avverso la decisione del giudice di primo grado, ha cassato la sentenza impugnata e ha dichiarato la competenza del Tribunale di Imperia, il quale dovrà anche pronunciarsi sulle spese del giudizio di regolamento, disponendo la riassunzione della causa nel termine stabilito dall’articolo 50 c.p.c.
QUESTIONI
Come si è avuto modo di anticipare, la controversia oggetto della sentenza in commento trae origine dalla declaratoria di incompetenza formulata dal giudice di primo grado -il Tribunale di Imperia- adìto per la causa di merito in favore di quella del giudice di pace.
In sostanza il giudice di prime cure si è dichiarato incompetente a conoscere la controversia poiché ha ritenuto che il reale intento dei condomini, perseguito impugnando la delibera assembleare, fosse quello di evitare di dover corrispondere la rispettiva quota -calcolata in base ai millesimi di proprietà- per i lavori inerenti la facciata e i frontalini dell’edificio condominiale; quota che ammontando ad una somma inferiore a €. 5.000,00 giustificava la competenza del giudice non togato e non del Tribunale.
Si tratta quindi di stabilire se, ai fini di una corretta attribuzione della competenza, sia necessario determinare il valore della domanda giudiziale sulla base di quello dell’atto impugnato o, piuttosto, sulla base dell’importo del contributo alle spese dovuto dai singoli condomini in base ai criteri di ripartizione previsti dalla legge.
- Prima di addentrarsi nel merito della questione sulla competenza, i giudici di legittimità si sono occupati di due questioni pregiudiziali.
In primis, i giudici del Supremo Collegio hanno rilevato che, in virtù di consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità, la fissazione della trattazione dell’istanza di regolamento preventivo di competenza può essere disposta in udienza pubblica e assegnata alla sezione semplice della Corte, che la vertenza può essere decisa con sentenza, anziché nelle forme del rito camerale con l’emanazione di un’ordinanza, dal momento che tale procedura configurerebbe una mera irregolarità non recando alcun pregiudizio ai diritti di azione e difesa in capo alle parti[1].
Sempre in via pregiudiziale, gli Ermellini hanno affrontato anche il tema della proposizione tardiva, secondo l’eccezione sollevata dai ricorrenti, del controricorso depositato dal Condominio.
A tal proposito, i giudici della Cassazione hanno concluso che nel caso di specie sussiste la violazione del termine ordinatorio di venti giorni di cui all’articolo 47, comma 5, c.p.c., pertanto hanno affermato di non poter tenere in considerazione tale memoria, neppure ai fini delle spese processuali[2].
- In virtù della violazione di tale termine e della conseguente impossibilità per i Giudici di poter utilmente fare uso dello scritto difensivo del Condominio, l’esame del merito della controversia in oggetto ha interessato unicamente ciò che i ricorrenti hanno posto a fondamento del proprio ricorso ovvero il seguente assunto: il valore della causa deve essere determinato con riferimento all’incidenza della domanda sulla delibera condominiale impugnata dagli stessi nel giudizio di merito, in quanto le singole quote dei ricorrenti non sono state oggetto della pretesa azionata e non risultavano neppure menzionate nell’atto introduttivo, con il quale si desiderava ottenere una sentenza con efficacia di giudicato che dichiarasse l’inesistenza della suddetta delibera -per falsità del verbale-, ovvero la sua nullità o l’annullamento per violazione delle norme prescritte dal Codice in merito alle maggioranze e l’ordine del giorno.
I giudici del Supremo Collegio hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dai condomini.
In sostanza, con le norme attualmente in vigore, la competenza a decidere l’impugnazione di una deliberazione assembleare da parte di un condominio non appartiene più alla competenza “per materia” del Tribunale.
Infatti, l’articolo 1137 c.c. si riferisce in modo alquanto generico all’«autorità giudiziaria», sicché il criterio che consente di individuare il giudice competente è il valore, desumibile dalla delibera impugnata, a patto che l’oggetto di essa rientri nella competenza per materia di un determinato giudice. Ad esempio, nel caso in cui la delibera impugnata dovesse concernere «la misura e le modalità d’uso dei servizi di condominio di case», l’articolo 7, 3° comma, n. 2), c.p.c. prescrive la competenza «qualunque ne sia il valore» del giudice di pace.
Tornando al caso in esame, gli Ermellini hanno riportato ben due distinti orientamenti della giurisprudenza di legittimità.
Secondo il primo orientamento, ciò che rileva «ai fini della determinazione della competenza per valore, in relazione a una controversia avente a oggetto il riparto di una spesa approvata dall’assemblea di condominio, anche se il condomino agisce per sentir dichiarare l’inesistenza del suo obbligo di pagamento sull’assunto dell’invalidità della deliberazione assembleare» è l’importo contestato, ma relativamente alla sua singola obbligazione, e non all’intero ammontare risultante dal riparto approvato dall’assemblea di condominio.
Infatti, secondo questo orientamento, ai fini di una corretta individuazione della competenza, «occorre avere riguardo al “thema decidendum”, invece che al “quid disputandum”pertanto, l’accertamento di un rapporto che costituisce la “causa petendi” della domanda, concernendo una questione pregiudiziale della quale il giudice può conoscere incidentalmente, non influisce sull’interpretazione e qualificazione dell’oggetto della domanda principale quindi sul valore della causa[3].
In sostanza, secondo tale interpretazione, divenuta negli anni prevalente, in una controversia tra un condomino e il condominio avente ad oggetto il criterio di ripartizione di una parte della complessiva spesa deliberata dall’assemblea, «il valore della causa dovrebbe determinarsi in base all’importo contestato e non all’intero ammontare di esso, perché la decisione non implicherebbe una pronuncia, con efficacia di giudicato, sulla validità della delibera concernente la voce di spesa nella sua globalità»[4].
Invece, il secondo orientamento è molto più recente ed è quello che è stato condiviso dai Giudici del Supremo Collegio. Esso sostiene che la domanda di impugnazione di una delibera assembleare introdotta dal singolo condomino, anche ai fini della stima del valore della causa, non può intendersi ristretta al solo accertamento della validità del cosiddetto rapporto parziale che lega l’attore al condominio, ma deve estendersi alla validità dell’intera deliberazione, dunque all’intero ammontare della spesa, «giacché l’effetto caducatorio dell’impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale, derivante dalla sentenza con la quale ne viene dichiarata la nullità o l’annullamento, opera nei confronti di tutti i condomini» indipendentemente dalla loro partecipazione diretta al giudizio promosso soltanto da alcuni di essi[5].
D’accordo con tale più recente interpretazione della Cassazione, gli Ermellini hanno evidenziato che la sentenza che dichiara la nullità o pronunci l’annullamento dell’impugnata delibera condominiale produce sempre un effetto caducatorio unitario. Infatti, la sentenza di annullamento opera nei confronti di tutti i condomini indipendentemente dalla loro partecipazione diretta al giudizio avente ad oggetto l’impugnazione, ovvero anche se quest’ultimo è stato promosso solo da alcuni di essi.
Pertanto, la domanda di impugnazione di una delibera assembleare promossa da un singolo condomino non si intende ristretta all’accertamento della validità del rapporto parziale che lega l’attore al condominio, ma si estende fino ad abbracciare la validità dell’intera deliberazione[6] e ciò nel pieno rispetto dei dettami dell’articolo 1137 c.c. Sarebbe, infatti, inconcepibile e contra legem[7] se gli effetti della dichiarazione giudiziale di annullamento di una delibera si manifestassero esclusivamente in capo al condomino che l’aveva impugnata senza vincolare anche gli altri comproprietari.
[1] Cass. civ., sez. I, sentenza 9 gennaio 2009, n. 287.
[2] Cass. civ., Sez. 6 3, ordinanza 14 marzo 2018, n. 6380; Cass. civ., Sez. 6 3, ordinanza 21 dicembre 2010, n. 25891; Cass. civ., Sez. III, sentenza 18 aprile 2000, n. 5030; Cass. civ., Sez. I, sentenza 30 marzo 1999, n. 3075.
[3] Cass. civ., sez. 6 2, ordinanza 28 agosto 2018, n. 21227; Cass. civ., sez. 6, ordinanza 5 luglio 2013, n. 16898; Cass. civ., sez. II, sentenza 16 marzo 2010, n. 6363.
[4] Cass. civ., sez. II, sentenza 24 gennaio 2001, n. 971.
[5] Cass. civ., sez. II, ordinanza 7 luglio 2021, n. 19250, mentre, sempre in senso conforme, Cass. civ., sez. 6 2, ordinanza 20 luglio 2020, n. 15434, ha deciso che nel caso in cui sia chiesto l’annullamento di una delibera assembleare non avente alcuna incidenza diretta sul patrimonio dell’attore e il vizio abbia carattere meramente formale, la domanda giudiziale appartiene alla competenza residuale del Tribunale, «non avendo ad oggetto la lesione di un interesse suscettibile di essere quantificato in una somma di denaro per il danno ingiustamente subito ovvero per la maggior spesa indebitamente imposta».
[6] Cass. civ., sez. II, sentenza 29 gennaio 2021, n. 2127; Cass. civ., sez. II, sentenza 25 novembre 1991, n. 12633.
[7] L’articolo 1137 c.c. prevede espressamente che le deliberazioni assunte dall’assemblea sono obbligatorie per tutti i condomini.
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