24 Aprile 2018

Deposito nel giudizio di cassazione di atti (e provvedimenti) notificati via PEC: uno spiraglio per la sanatoria del difetto di attestazione di conformità?

di Andrea Ricuperati Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. III, sent., 2 marzo 2018, n. 4932 – Pres. Spirito – Rel. Fiecconi

Giudizio di cassazione – Controricorso – Notificazione a mezzo posta elettronica certificata – Deposito di copia analogica della relazione di notificazione e dei documenti correlati – Attestazione di conformità – Mancanza – Eccezione di nullità da parte del ricorrente – Inammissibilità del controricorso (Cod. proc. civ., artt. 156, 160, 162 e 370; l. 21.1.1994, n. 53, artt. 3-bis, 6, 9 e 11; d.l. 18.10.2012, n. 179, conv. dalla l. 17.12.2012, n. 221, art. 16-undecies; d.lg. 7.3.2005, n. 82, art. 23, cod. civ., art. 2719)

[1] Nel procedimento di cassazione è inammissibile il controricorso notificato telematicamente, del quale sia stata depositata una copia analogica priva di attestazione di conformità, quando il ricorrente si sia opposto alla sua produzione eccependo la nullità della notifica.

CASO

 [1] Nell’àmbito di un procedimento contenzioso per asserita responsabilità civile da circolazione di veicoli, la compagnia assicuratrice Alfa resisteva al ricorso avversario con controricorso notificato mediante posta elettronica certificata (d’ora in poi, per brevità, “PEC”).

Di detto controricorso il difensore della società Alfa depositava in cancelleria copia analogica informe – perché sprovvista di attestazione di conformità e di firme/sigle autografe – della relazione di notifica e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna del messaggio PEC.

Con la memoria ex art. 378 c.p.c. la ricorrente si opponeva alla produzione del controricorso, eccependo la nullità della notifica per assenza della prescritta attestazione “di ricevuta”.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il controricorso, osservando che:

  • in materia di documentazione della notifica nel giudizio di cassazione sono possibili due diverse opzioni interpretative:
    1. secondo una prima tesi, poiché in un processo di impugnazione si tratta di non solo di assicurare il rispetto del contraddittorio, ma anche di verificare col necessario rigore l’eventuale formazione del giudicato, la materia è sottratta alla disponibilità delle parti, per cui – come nelle notificazioni mediante il servizio postale l’avviso di ricevimento del plico è il solo documento idoneo a provare la notificazione (ed il suo omesso deposito rende detta notifica inesistente) – così, quando l’atto introduttivo (sia esso il ricorso od il controricorso) sia stato notificato con modalità telematica ex 3 bis l. n. 53/1994, la produzione di copia analogica di esso, completo di relazione di notifica, ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna del messaggio PEC, debitamente attestato con firma autografa del difensore all’originale informatico, non tollera equipollenti;
    2. stando ad una seconda opinione, invece, in mancanza di disconoscimento della conformità della copia analogica non autenticata di un atto notificato via PEC, essa avrebbe ad ogni effetto la medesima efficacia dell’originale informatico, in base al disposto degli artt. 23, comma 2, del d.lg. 7 marzo 2005, n. 82 (cd. codice dell’amministrazione digitale) e 2719 c.c.;
  • nella vicenda in esame, tuttavia, la parte ricorrente ha contestato la validità della notifica del controricorso, eccependo l’assenza dell’attestazione “di ricevuta”;
  • tale presa di posizione processuale preclude alla Corte di esaminare il contenuto del controricorso, imponendole la declaratoria di inammissibilità per carenza della “attestazione di conformità all’originale della relata di notifica in forma analogica a quella informatica”.

 QUESTIONI

[1] La sentenza in commento, pur non brillando particolarmente per chiarezza ed ordine logico, sembra aprire uno spiraglio alla possibilità di sfuggire alle drastiche conseguenze individuate dalla giurisprudenza più rigorosa – e finora dominante – laddove un atto (o provvedimento) notificato via PEC sia stato prodotto nel giudizio di cassazione senza essere accompagnato dalla rituale attestazione di conformità della copia analogica all’originale informatico.

Un simile draconiano orientamento è invalso, in particolare, a proposito dell’onere di presentazione in cancelleria di copia autentica della decisione impugnata, imposto dall’art. 369, co. 2, n. 2, c.p.c., per il quale fino ad oggi il Supremo Collegio – a partire da Cass., sez. III, sent., 14 luglio 2017, n. 17450 per giungere alla recentissima Cass., sez. VI-3, ord., 8 marzo 2018, n. 5588 (cfr. medio tempore Cass. nn. 23668/2017, 24292/2017, 24347/2017, 24422/2017, 25429/2017, 26520/2017, 26606/2017, 26612/2017, 26613/2017 e 30765/2017) – ha tratto dall’assenza dell’attestazione di conformità il corollario (dirompente anche sul piano della responsabilità professionale dell’avvocato) dell’inammissibilità del gravame.

La pronuncia n. 4932/2018, per converso, pare (pur senza aderirvi in modo esplicito) legittimare la dignità argomentativa di chi ammette che l’assenza di contestazione della conformità della copia possa validamente surrogare la mancata attestazione formale: e ciò sulla base del disposto dell’art. 23, comma 2, primo periodo, d.lg. 7 marzo 2005, n. 82 (espressamente applicabile al processo civile in virtù dell’art. 2, comma 6 [ultimo periodo] dello stesso codice dell’amministrazione digitale), a norma del quale «Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta.».

La tesi della piena fungibilità – in caso di non contestazione – tra originali e copie ha già trovato cittadinanza in materia di notificazioni tradizionali, sulla scorta dell’art. 2719 c.c. (v. Cass., sez. VI-3, 8 settembre 2017, n. 21003, e Cass., sez. V, 27 luglio 2012, n. 13439).

Quel che non convince, nella sentenza in commento, è un triplice assunto della Corte di Cassazione:

  • che – dopo aver lasciato intendere addirittura che «anche a voler configurare una irrituale documentazione della notificazione, non si sarebbe verificata alcuna menomazione del diritto di difesa dell’avversario, posto in condizione di avere conoscenza del deposito del controricorso e di esaminarlo» – reputa, contraddicendosi, l’opposizione della parte interessata sufficiente ad impedire l’esame del controricorso privo di attestazione di conformità (la motivazione recita «attestazione di ricevuta», ma trattasi verosimilmente di un lapsus calami, in quanto in precedenza si rammenta che «Veniva presentata memoria ex art. 378 c.p.c., da parte di S.M. per dedurre la nullità della notifica del controricorso per mancata attestazione della conformità all’originale richiesta per le copie» e si dà atto dell’esistenza nel fascicolo delle «copie analogiche della relazione di notificazione e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna prodotte dal difensore»);
  • che, nell’accogliere l’eccezione della ricorrente, sembra correlare all’assenza dell’attestazione di conformità della copia del controricorso la nullità della notificazione (in tal modo sanzionando quest’ultima per un vizio attinente ad una fase successiva al completamento dell’iter notificatorio; a conforto dell’opinione della Corte sul punto, peraltro, potrebbe soccorrere il disposto dell’art. 11 della l. n. 53/1994, il quale fra le cause di nullità annovera l’inosservanza delle «disposizioni di cui agli articoli precedenti»; ed il combinato dei commi 1-bis e 1-ter dell’art. 9 concerne proprio l’attestazione di conformità);
  • che fa discendere l’inammissibilità dell’atto non dall’inesistenza dalla notifica, bensì dalla sua nullità, al cospetto della quale sarebbe stato doveroso ordinare la rinnovazione della formalità entro un termine perentorio da assegnarsi all’uopo (con sanatoria retroattiva del vizio nell’ipotesi di tempestiva ottemperanza).