Delibera condominiale e assegnazione posto fisso nel cortile comune
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile, sez. II, sentenza 21 marzo 2022, N. 9069. Presidente F. Manna – Estensore A. Scarpa
Massima: “Né il regolamento di condominio in senso proprio, né una deliberazione organizzativa approvata dall’assemblea possono validamente disporre l’assegnazione nominativa. In via esclusiva e per un tempo indefinito, a favore di singoli condomini –nella specie i singoli proprietari degli appartamenti, con esclusione dei proprietari dei locali commerciali- di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio della loro autovettura, in quanto tale assegnazione parziale, da un lato, sottrae ad alcuni condomini l’utilizzazione del bene a tutti comune, ex articolo 1117 c.c., e, dall’altro, crea i presupposti per l’acquisto da parte del condomino, che usi la cosa comune “animo domini”, della relativa proprietà a titolo di usucapione, attraverso l’esercizio del possesso esclusivo dell’area“.
CASO
La vicenda processuale in commento riguarda una controversia relativa all’uso del cortile comune insorta tra un condomino e il condominio.
L’assemblea condominiale ha approvato due delibere con le quali è stata regolamentata, nel pieno rispetto di quanto statuito nel regolamento condominiale, l’assegnazione individuale e nominativa dei posti auto situati nell’area condominiale adibita a parcheggio, in favore dei soli condomini proprietari di unità abitative ubicate nello stabile, escludendo dal godimento della medesima area comune, i condomini proprietari di locali commerciali.
Successivamente, un condomino ha impugnato tali delibere citando il condominio a comparire innanzi al Tribunale di Teramo, sezione distaccata di Atri.
Tuttavia, il giudice di prime cure ha rigettato l’impugnazione rilevando il difetto delle condizioni dell’azione, ovvero sia la carenza di legittimazione attiva in capo al condomino/attore che la mancanza di interesse ad agire in capo allo stesso, anche in relazione al fatto che il regolamento condominiale prevedeva espressamente la possibilità per i condomini di parcheggiare i propri mezzi nel “cortile del fabbricato, nell’ordine e nella posizione che saranno deliberate dall’assemblea uno per appartamento”, perciò escludendosi dall’assegnazione dei posti i condomini proprietari di locali commerciali.
Il condomino ha appellato la decisione del Tribunale abruzzese, ma anche in secondo grado le sue ragioni non sono state accolte.
La Corte d’Appello di L’Aquila, infatti, pur condividendo la doglianza dell’appellante in merito alla sussistenza della legittimazione e dell’interesse ad agire in capo al condomino, ha giudicato infondata la domanda nel merito, ritenendo che, in virtù di quanto statuito nel regolamento condominiale che prevede esplicitamente la destinazione a parcheggio del cortile comune, l’assemblea avesse unicamente regolamentato la ripartizione dello spazio da assegnare ai condomini titolari di un appartamento e non anche di quelli proprietari di un locale commerciale, senza incidere sul diritto di condominio degli altri partecipanti esclusi dall’assegnazione.
Il condomino ha proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia della corte territoriale articolato in un unico motivo.
A fronte di tale ultima impugnazione il condominio non ha svolto alcuna attività difensiva.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9069 del 21 marzo 2022, ha accolto il ricorso, e cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila che in diversa composizione dovrà tenere in debita considerazione i rilievi svolti in sede di legittimità e adeguarsi al principio di diritto statuito dagli Ermellini, con regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
QUESTIONI
Come si è avuto modo di anticipare, la controversia oggetto della sentenza in commento riguarda l’impugnazione di due delibere assembleari che, nel rispetto delle previsioni del regolamento condominiale, hanno disciplinato l’assegnazione nominativa e individuale dei posti auto siti nell’area cortilizia comune, a beneficio esclusivamente dei soli condomini titolari di unità abitative ubicate nell’edificio, con esclusione degli altri condomini, proprietari di unità ad uso commerciale, sempre ivi insistenti.
Con un unico motivo di ricorso il condomino ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1102 c.c., dell’articolo 1120, 2° comma, c.c. (nella versione anteriore alla riforma della materia condominiale effettuata con Legge 11 dicembre 2012, n. 220) e dell’articolo 1421 c.c. Nel proprio atto il ricorrente ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale in merito all’assegnazione nominativa e individuale di posti auto da parte dell’assemblea condominiale, in relazione ad un’area comune. Inoltre, in merito alla disposizione del regolamento condominiale vertente sull’assegnazione dei posti auto, il ricorrente ha dedotto che tale disposizione nello stabilire che le autovetture, secondo il criterio individuato dall’assemblea “una per appartamento”, possono essere parcheggiate nel cortile, non avrebbe inteso attribuire ai soli condomini proprietari di unità abitative insistenti nell’edificio l’uso esclusivo e a tempo indeterminato di determinate porzioni della suddetta area comune, ma avrebbe unicamente e più limitatamente inteso regolamentare la destinazione a parcheggio di una parte del cortile condominiale e, al contempo, riconoscere il diritto spettante a tutti i condomini di poter liberamente ivi parcheggiare una proprio autovettura. Infine, il ricorrente ha eccepito che una siffatta regolamentazione dell’area comune rivela una più che concreta possibilità di acquisito della proprietà a titolo originario per usucapione dell’area cortilizia adibita a parcheggio da parte dei soli condomini titolari di un appartamento nello stabile ad esclusione, invece, degli altri proprietari di locali commerciali sempre ubicati in quel medesimo immobile, con evidente lesione del diritto di questi ultimi di poter ugualmente fruire di un’area comune.
I giudici del Supremo Collegio hanno ritenuto fondato tale unico motivo del ricorso proposto dal condomino le cui ragioni non erano state accolte nei precedenti due gradi di giudizio, per i motivi di seguito esposti.
- Gli Ermellini hanno preliminarmente affrontato il tema della legittimazione e dell’interesse ad agire, la cui sussistenza in capo al condomino ricorrente era già stata riconosciuta dalla Corte d’Appello di L’Aquila in parziale riforma della pronuncia del Tribunale, condividendo l’impostazione assunta nel precedente grado di giudizio dalla corte del capoluogo abruzzese.
Al contrario, nelle proprie conclusioni motivate, il pubblico ministero aveva rilevato che il reale interesse ad impugnare le delibere assembleari del condomino ricorrente, titolare non di un appartamento, bensì di un locale commerciale, era, in concreto, finalizzato ad evitare il parcheggio delle auto nelle immediate vicinanze del proprio negozio.
Tuttavia, i giudici del Supremo Collegio non hanno condiviso una simile impostazione, rilevando, invero, che i cortili, come qualsiasi altra area scoperta ricompresa tra i corpi di fabbrica, il cui fine è quello di dare luce e aria agli ambienti circostanti o sia destinata a spazi verdi, zone di rispetto, parcheggio di autovetture, rientrano nell’enumerazione dell’articolo 1117 c.c., n. 1, ossia fra le parti condominiali dell’edificio necessarie all’uso comune della res, «salvo che non risulti il contrario dal titolo»[1].
Pertanto, gli Ermellini hanno escluso ogni dubbio circa l’interesse all’impugnazione ai sensi dell’articolo 1137 c.c del ricorrente in relazione alle delibere assembleari impugnate, le quali avevano riconosciuto il diritto all’assegnazione di un posto auto nel cortile comune in capo solo ad alcuni condomini escludendone altri.
Ma c’è di più. Infatti, i giudici della Cassazione hanno affermato che tale interesse ad agire non deriva in “via automatica” dalla mera qualità di condomino posseduta dal ricorrente quanto, piuttosto, dall’aspettativa giuridicamente rilevante da questi vantata circa un diverso contenuto dell’assetto organizzativo dello spazio comune determinato dalla maggioranza dell’assemblea.
- Successivamente, passando all’analisi del merito del contenuto del ricorso, gli Ermellini hanno svolto una preliminare verifica avente ad oggetto il regolamento di condominio in generale, rilevando che quest’ultimo, propriamente inteso, consiste in un atto approvato dall’assemblea condominiale con una specifica maggioranza prevista dalla legge, ossia quella prescritta dal 2° comma, dell’articolo 1136 c.c. (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio) e contenente le norme finalizzate a disciplinare e tutelare «l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione»[2].
Dunque, il regolamento inteso in senso proprio è un atto collegiale, in quanto frutto della volontà dell’assemblea secondo le maggioranze previste dalla legge, con il quale si regolamenta e organizza l’interesse di tale gruppo di individui, avente natura normativa e non contrattuale, essendo, appunto, «costituito da un’unica dichiarazione di volontà risultante dalla combinazione dei voti di più soggetti».
Pertanto, dal momento che il regolamento tipico condivide la stessa forma e lo stesso fondamento di una delibera assembleare, di conseguenza, soggiace anche alle medesime limitazioni.
In particolare, i regolamenti approvati dalla maggioranza, quindi non aventi natura contrattuale, possono disciplinare, allo stesso modo delle deliberazioni assembleari, le modalità attinenti l’uso delle cose comuni, come quelle riguardanti la gestione e il funzionamento dei servizi condominiali, ma non possono «validamente menomare i diritti dei condomini di usare, godere e disporre delle parti comuni, come delle unità immobiliari di proprietà esclusiva». Al contrario, per approvare validamente clausole che limitano o ridistribuiscono i diritti reali attribuiti ai condomini da titoli di acquisto o da successive convenzioni, occorre un regolamento che sia espressione di una volontà contrattuale, in quanto tale costituita dalla risultante del consenso validamente manifestato dalla totalità dei condomini che prescinde, quindi, dal meccanismo della maggioranza e dei relativi quorum richiesti dalla legge per il regolamento condominiale tipico di cui sopra.
Invero, nell’ipotesi da ultimo delineata, si è di fronte ad un atto avente natura contrattuale e contenuto reale, frutto della manifestazione del consenso individuale, la cui opponibilità ai terzi, che non vi abbiano espressamente e consapevolmente aderito, rimane pur sempre soggetta e subordinata al rispetto dell’onere di trascrizione.
Rispetto alle caratteristiche di cui sopra, gli Ermellini hanno rilevato che nel caso di specie manca l’accertamento della natura contrattuale della disposizione del regolamento condominiale de quo, «sicché non può ad essa attribuirsi l’effetto di conformare il diritto di condominio ex art. 1117 c.c., spettante ad ogni partecipante sul cortile comune».
Inoltre, di recente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che «la pattuizione avente ad oggetto l’attribuzione del cosiddetto diritto reale di uso esclusivo su una porzione del cortile condominiale va, peraltro, qualificata come traslativa della proprietà della porzione stessa, ovvero come costitutiva di un diritto reale d’uso o come concessione di un uso di natura obbligatoria»[3].
Nel caso di specie, ossia in materia di esercizio del potere di regolamentazione dell’uso delle cose comuni, i giudici del Supremo Collegio hanno affermato che per giurisprudenza consolidata rientra nei poteri dell’assemblea condominiale individuare, con delibera approvata con il voto favorevole espresso dalla maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio, i singoli posti auto spettanti ai vari partecipanti entro i confini dell’area cortilizia comune, allo scopo di realizzare un più razionale e ordinato godimento paritario della res, ovvero, nell’ipotesi in cui dovesse risultare impossibile il simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari, prevedere un impiego ad uso turnario del bene. Una delibera condominiale avente un siffatto contenuto «mantiene un valore meramente organizzativo delle modalità d’uso delle cose comuni, senza menomare i diritti dei condomini di godere e disporre delle stesse».
Pertanto, in assenza di unanimità di consensi, il criterio che deve essere necessariamente applicato dall’assemblea, al fine di una corretta e valida regolamentazione dell’uso della cosa comune in relazione all’individuazione dei posti auto, segue «il principio della parità di godimento tra tutti i condomini stabilito dall’articolo 1102 c.c., il quale impedisce che possa essere riconosciuto soltanto ad alcuni il diritto di fare un determinato uso del bene».
Al contrario, così come riconosciuto da un orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, la delibera assembleare «non può validamente contemplare la definitiva assegnazione nominativa a favore di singoli condomini, in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio delle autovetture, né trasformare l’originaria destinazione del bene comune rendendone inservibili talune parti dell’edificio all’uso o al godimento anche di un singolo condomino, né addirittura procedere alla divisione del bene comune con l’attribuzione di singole porzioni individuali, occorrendo a tal fine l’espressione di una volontà contrattuale e quindi il consenso di tutti i condomini»[4].
In conclusione, i giudici del Supremo Collegio hanno considerato errata la conclusione alla quale era pervenuta la corte territoriale abruzzese, la quale aveva considerato legittime le due deliberazioni impugnate in quanto unicamente finalizzate a dare esecuzione alle disposizioni del regolamento condominiale circa la destinazione a parcheggio del cortile comune sulla base di un criterio incentrato sull’assegnazione di detto spazio ai soli condomini titolari di unità immobiliari ad uso abitativo e non anche in favore dei partecipanti titolari di locali ad uso commerciale insistenti nel condominio.
Da tali considerazioni svolte, gli Ermellini hanno enunciato il seguente principio di diritto: «né il regolamento di condominio in senso proprio, ne’ una deliberazione organizzativa approvata dall’assemblea possono validamente disporre, come avvenuto nella specie, l’assegnazione nominativa, in via esclusiva e per un tempo indefinito, a favore di singoli condomini – nella specie, i soli proprietari degli appartamenti, con esclusione dei proprietari dei locali commerciali – di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio della loro autovettura, in quanto tale assegnazione parziale, da un lato, sottrae ad alcuni condomini l’utilizzazione del bene a tutti comune, ex articolo 1117 c.c., e, dall’altro, crea i presupposti per l’acquisto da parte del condomino, che usi la cosa comune “animo domini”, della relativa proprietà a titolo di usucapione, attraverso l’esercizio del possesso esclusivo dell’area».
[1] Inoltre, i cortili sono oggetto di contitolarità anche in favore dei proprietari dei proprietari di locali situati al piano terra, ai sensi dell’articolo 1117 c.c.
[2] Art. 1138, 1° comma, c.c.
[3] Cassazione civile, S.U., sentenza 17 dicembre 2020, n. 28972.
[4] Tra le tante pronunce della Cassazione in tal senso si vedano Cass. civ., sez. II, sentenza 22 gennaio 2004, n. 1004 e Cass. civ., sez. II, sentenza 27 maggio 2016, n. 11034.
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