14 Maggio 2024

Delibera di approvazione del rendiconto consuntivo, tra intellegibilità e doveri di buona amministrazione

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, Ordinanza del 18.01.2023 n. 1370, Presidente Dott. L. Orilia, Estensore Dott. A. Scarpa

Massima: In tema di condominio degli edifici, per la validità della delibera di approvazione del rendiconto consuntivo è necessario che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione”.

CASO

Tizio e Caia, condomini del Condominio Alfa sito in Venetico Marina, adivano in primo grado il Tribunale di Messina, onde ottenere la declaratoria di nullità, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1137 c.c., della delibera condominiale adottata in data 8 agosto 2015.

A fondamento della invalidità, i condomini assumevano che non risultasse inserita nel rendiconto approvato dall’assemblea la somma di € 3.052,89 spettante a credito agli stessi due condomini sulla base di una sentenza resa nei due anni precedenti dal medesimo Tribunale siciliano a loro favorevole.

Inoltre, gli stessi attori chiedevano che fosse dichiarata la compensazione tra i reciproci crediti e quanto portato in bilancio condominiale a loro debito.

Il Tribunale con sentenza n. 2428 del 2018 rigettava le domande attoree, in quanto ritenute infondate.

Avverso detta sentenza, gli attori in primo grado interponevano appello innanzi la Corte d’Appello di Messina.

Con sentenza n. 385 pubblicata il 10 settembre 2021, la Corte distrettuale rigettava il gravame confermando la decisione del giudice di prime cure.

In particolare, il giudice del gravame riteneva che la mancata menzione del debito del Condominio Alfa a favore degli attori – appellanti, accertato con sentenza, non integrasse l’invalidità invocata rispetto alla delibera oggetto di impugnazione in primo grado ai sensi dell’art. 1137 c.c..

Soccombenti anche in secondo grado Tizio e Caia proponevano ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi.

Resisteva con controricorso il Condominio Alfa.

Il giudice relatore riteneva che detto ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza (assorbite le restanti censure) con la definizione nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5), c.p.c., il Presidente, pertanto, fissava l’adunanza in camera di consiglio.

Il controricorrente depositava infine memoria.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 1370 del 18 gennaio 2023, accolto il primo motivo di ricorso proposto dai condomini Tizio e Caia, dichiarati assorbiti i restanti due motivi, disponeva la cassazione della sentenza impugnata anche con riferimento al motivo accolto e rinviava la causa alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione, per la decisione della controversia, in conformità al principio di diritto enunciato, nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

QUESTIONI

Con il primo motivo i ricorrenti denunciavano la violazione o falsa applicazione degli artt. 1135, c.c., 1137 c.c. e 388 c.p., argomentando che l’oggetto della lite non fosse una scelta di organizzazione devoluta all’assemblea, quanto, invero, l’inserimento all’interno del bilancio di un credito di natura certa, liquida ed esigibile accertato a favore dei condomini ricorrenti in Cassazione, in forza della sentenza definitiva n. 1875 del 2013 del Tribunale di Messina.

Con il secondo motivo censurava la violazione o falsa applicazione dell’art. 1243 c.c.

Con il terzo motivo censurava la violazione o falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014 avuto riguardo alla liquidazione delle spese di lite come indicate in sentenza.

La Corte di Cassazione riteneva il primo motivo fondato con conseguente assorbimento dei due motivi rimanenti.

In primo luogo, vale la pena premettere che le determinazioni assembleari assunte mediante delibera costituiscono una manifestazione della volontà della compagine condominiale.

Invero, rileva la volontà espressa dalla maggioranza, idonea a vincolare anche la minoranza dissenziente nonché gli astenuti in sede di voto.

Le stesse, pertanto, si caratterizzano come atti negoziali con attitudine gestoria rispetto all’organizzazione condominiale.

Sul punto, l’art. 1136 c.c., stabilisce quali siano le regole per la corretta costituzione dell’assemblea dei condomini nonché per la validità delle delibere da essa assunte: a tal fine, infatti, individua le modalità di costituzione del consesso nonché i quorum necessari per la regolarità delle delibere.

Tuttavia, se è vero che le delibere assunte in occasione assembleare sono idonee a riverberare i propri effetti nei confronti degli altri partecipanti, è anche vero che coloro i quali risultino dissenzienti ovvero astenuti in detta sede, non restano privi di tutela da parte dell’ordinamento interno.

Infatti, a garanzia dei soggetti di cui sopra, è accordata la possibilità di impugnare le determinazioni assembleari.

La ridetta tutela viene prevista e disciplinata ai sensi e per gli effetti del successivo art. 1137, comma 2, c.c., il quale dispone che “contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condominio assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per gli assenti”.

Orbene, è orientamento costante e consolidato nella giurisprudenza di legittimità, che, come nel caso di specie, le delibere relative all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore possono essere impugnate, ai sensi dell’art. 1137, comma due, c.c. di cui sopra, unicamente per ragioni di legittimità, non essendo al contrario ammesse ulteriori censure da parte dei singoli condomini ove le stesse siano relative al merito.

Questo in quanto non è possibile rimettere in discussione le determinazioni adottate da parte della maggioranza se non nella forma dell’impugnazione.

Orbene, con specifico riferimento al rendiconto condominiale, l’art. 1130 bis, c.c., dispone che “il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica”: al suo interno devono essere perciò indicati i movimenti economici in entrata ed in uscita nonché nella nota esplicativa della gestione anche i “rapporti in corso e delle questioni pendenti”.

Circa le modalità di redazione di detto rendiconto nonché dei singoli elementi che lo compongono, la giurisprudenza, anche la più risalente, prevede che “la contabilità presentata dall’amministratore del condominio non è necessario che sia redatta con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, ma deve essere idonea a rendere intelligibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità dei frutti percetti e delle somme incassate, nonché dell’entità e causale degli esborsi fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito e di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia adeguato a criteri di buona amministrazione[1].

La Corte di Cassazione riteneva, nel caso di specie, che la memoria presentata dal Condominio controricorrente, ai sensi dell’art. 380 bis, c.p.c., fosse fondata su un erroneo presupposto interpretativo e pertanto non dirimente.

Esso infatti, argomentava in questi termini “oggetto della impugnazione non era il bilancio condominiale, ma il punto descritto all’o.d.g. come “approvazione rendiconto finale lavori straordinari appalto con la ditta Beta”, di conseguenza “nella contabilità finale dei lavori non poteva (pena, sì in questo caso, la mancata intellegibilità) essere riportata voce diversa dalle suddette voci, risultando, la eventuale compensazione, evento successivo da affrontare in sede di riparto e riscossione verso i condomini”.

La sentenza del Giudice del gravame evidenziava che nel verbale dell’assemblea, la cui delibera è oggetto di impugnazione, al sesto punto dell’o.d.g. “Rendiconto gestione straordinaria appalto Beta: delibera in merito”, veniva riportato quanto segue “prende parola l’amministratore che informa di aver ricevuto a mezzo pec la comunicazione dell’avvocato Cicerone per i suoi assistiti condomini Tizio e Caia, i quali, verificando l’invito di convocazione ed allegati, chiedono di rettificare la loro quota a debito, poiché, a seguito della sentenza del Tribunale di Messina n. 1875/2013, i condomini hanno un credito nei confronti del condominio e pertanto le quoto ordinarie e straordinarie devono essere oggetto di compensazione e non sono pertanto debitori della somma indicata nel prospetto consegnato con l’invito di convocazione e delle quote richieste in precedenza tramite lo studio legale avvocato Cicerone. I presenti prendono atto e chiedono di conoscere e verificare le responsabilità e i dettagli di tale sentenza dichiarando di non essere d’accordo ad eventuali storni e compensazioni”.

Tuttavia, dalla lettera dell’art. 1130, 10), c.c., nonché dell’art. 1130 bis c.c., si evince unicamente la previsione del “rendiconto annuale della gestione”, senza che sia in merito operata alcuna distinzione in punto di gestione ordinaria ovvero straordinaria.

Ne deriva che, eventuali quote stabilite, ed i rispettivi costi sostenuti, in occasione di interventi di manutenzione straordinaria devono comunque essere inseriti nel registro della contabilità. Il successivo saldo che ne risulta si riverbera sullo stato patrimoniale del condominio e riportato nella rendicontazione annuale finale.

Non risultano di conseguenza ammesse né legittime eventuali annotazioni di spese straordinarie in differenti e separati documenti contabili non formulati in conformità dei criteri previsti dall’art. 1130 bis c.c. e rispetto ai quali la compagine condominiale viene chiamata ad esprimere mediante il voto il rispettivo placet circa “eventuali storni o compensazioni”.

Posto quanto argomentato la Corte Suprema enunciava il seguente principio di diritto: “qualora il rendiconto approvato dall’assemblea non riporti un debito del condominio verso un condomino derivante da sentenzaesecutiva, si verifica un’obbiettiva mancanza di intellegibilità della situazione patrimoniale del condominio stesso e deve perciò riconoscersi l’interesse del condominio stesso e deve perciò riconoscersi l’interesse della relativa deliberazione, in quanto il sindacato dell’autorità giudiziaria non si estende in tal modo alla valutazione del merito – ovvero della opportunità o convenienza – sella soluzione gestoria adottata, ma consiste nel riscontro della legittimità della delibera con riguardo, in particolare all’art. 1130 bis c.c.”.

Veniva pertanto accolto il primo motivo, con assorbimento del secondo e terzo, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Corte d’Appello di Messina per la decisione della causa avuto conto del principio di diritto di cui sopra.

[1] Cass. Civ., n. 9099/00, ma anche Cass. Civ. n. 3437/94.

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