30 Aprile 2024

Il decorso della prescrizione dell’azione di responsabilità contro gli amministratori di S.r.l.

di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDF

Corte di cassazione, Sez. I, 29 marzo 2024, n. 8553, Pres. Ferro, Rel. Amatore

Parole chiave

Amministratori – Responsabilità – Prescrizione – Termine – Decorrenza

Massima: “L’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società, pur quando promossa dal curatore, è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti (e non anche dall’effettiva conoscenza di tale situazione)”.

Disposizioni applicate

Art. 2949 c.c. (prescrizione in materia di società), art. 5 l.fall. (stato d’insolvenza)

CASO

Una S.r.l. viene dichiarata fallita. Il curatore del fallimento esercita un’azione di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci della società. Il Tribunale di Roma condanna sia gli amministratori che i sindaci a risarcire alla società i danni per l’ingente importo di 15.315.000.000 euro. La Corte di appello di Roma conferma la condanna inflitta in primo grado. Gli amministratori si rivolgono infine alla Corte di cassazione, eccependo in particolare l’intervenuta prescrizione dell’azione di responsabilità nei loro confronti.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione conferma che il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità contro gli amministratori è di cinque anni e decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti.

QUESTIONI

Una volta dichiarato il fallimento (oggi: liquidazione giudiziale), il curatore si studia la documentazione disponibile, come i documenti contabili, i bilanci e gli estratti conto. Generalmente il curatore riscontra un passivo ingente a fronte di un attivo minuscolo. Al fine di soddisfare al meglio i creditori (e, a dir la verità, anche al fine di assicurare il pagamento del proprio compenso), il curatore si trova allora costretto a esercitare delle azioni recuperatorie. Le principali azioni recuperatorie sono quelle di responsabilità nei confronti degli organi sociali, cui bisogna aggiungere le azioni revocatorie e quelle per concessione abusiva di credito contro le banche.

Quando gli amministratori vengono citati in giudizio da parte del curatore, una delle eccezioni che viene sollevata con più frequenza è quella riguardante la prescrizione dell’azione di responsabilità. Ogni volta che si pone un problema di prescrizione, le domande da affrontare sono due:

  • quanto lungo è il termine di prescrizione?
  • da quando decorre il termine di prescrizione?

Per quanto concerne la durata del termine di prescrizione, la disposizione di riferimento nel contesto delle azioni di responsabilità contro gli amministratori è l’art. 2949 c.c., che prevede in materia di società un termine di cinque anni. Più precisamente, la norma si compone di due commi ed è formulata come segue: “si prescrivono in cinque anni i diritti che derivano dai rapporti sociali” (comma 1) e “nello stesso termine si prescrive l’azione di responsabilità che spetta ai creditori sociali verso gli amministratori” (comma 2). Il comma 1 abbraccia l’azione di responsabilità esercitata dalla società e dai soci, il comma 2 riguarda le azioni extracontrattuali dei creditori sociali. In ambito concorsuale, peraltro, il curatore cumula le azioni spettanti alla società con quelle spettanti ai creditori.

Superato il primo ostacolo (e avendo dunque accertato che il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità contro gli amministratori di società è di cinque anni), bisogna comprendere da quando tale termine decorra. Astrattamente esistono diverse possibilità, che si elencano in ordine cronologico:

  1. decorrenza dal compimento dell’atto;
  2. decorrenza dal successivo momento in cui i creditori avrebbero dovuto astrattamente percepire l’insufficienza dell’attivo (anteriore alla dichiarazione di fallimento);
  3. decorrenza dal momento ancora successivo in cui i creditori percepiscono concretamente l’insufficienza dell’attivo (anteriore alla dichiarazione di fallimento);
  4. decorrenza dal momento ancora successivo della dichiarazione di fallimento.

La Corte di cassazione, nell’ordinanza in commento, dà peso al criterio della astratta percepibilità dell’insufficienza dell’attivo. Si tratta del criterio appena elencato come numero 2. Per il curatore non è facile dimostrare quando i creditori avrebbero potuto/dovuto percepire l’insufficienza dell’attivo. La giurisprudenza usa dunque una presunzione: si presume che l’insufficienza dell’attivo coincida con la dichiarazione di fallimento.

Questa presunzione è peraltro relativa, cosicché l’amministratore citato in giudizio può provare il contrario. L’amministratore, se vuole che venga dichiarata l’intervenuta prescrizione, deve dimostrare che i creditori avrebbero dovuto sapere già da prima della dichiarazione di fallimento che l’attivo era insufficiente. Se riesce questa prova, il termine di prescrizione decorre dal momento, appunto, della percepibilità dell’insufficienza.

Nel caso concreto trattato dalla Corte di cassazione nell’ordinanza in commento, gli amministratori non riescono a fornire la prova che i creditori potessero sapere da un momento anteriore alla dichiarazione di fallimento che l’attivo societario era insufficiente. La particolarità del caso di specie è che fu iscritta un’ipoteca giudiziale su di un bene di proprietà della società prima della dichiarazione di fallimento. Inoltre la s.r.l. aveva dovuto licenziare alcuni dipendenti. Queste circostanze, tuttavia, non bastano – afferma la Suprema Corte – per ritenere che vi fosse insufficienza patrimoniale (e che i creditori dovessero sapere della insufficienza). Tanto è vero che la società aveva continuato a operare fino alla dichiarazione di fallimento.

In conclusione, gli amministratori vengono condannati a risarcire il danno. Il momento in cui si manifesta l’insufficienza dell’attivo coincide con la dichiarazione di fallimento. Gli amministratori non sono riusciti a dimostrare l’esistenza di circostanze univoche dalle quali desumere che i creditori avrebbero potuto/dovuto prendere coscienza in un momento anteriore della incapacità di pagamento della s.r.l.

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