12 Aprile 2022

Danno da illegittima occupazione di immobile oggetto di contratto di comodato in seguito al fallimento del comodatario

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sez. VI, Ordinanza n.18716 del 01/07/2021, Presidente Dott.ssa Amendola Adelaide, Estensore Dott.ssa Cirillo Francesca Maria.

Massima: “Non si tratta di stabilire se tale danno sia in re ipsa o se debba essere oggetto di prova; trattandosi, infatti, di un danno-conseguenza, esso necessita comunque di una prova, non potendosi ritenere in re ipsa; tale prova, però, può essere data anche tramite presunzioni, dovendosi presumere la naturale fruttuosità di un bene immobile ed essendo la presunzione una prova prevista e regolata dalla legge”

CASO

Caio, nella veste di legale rappresentante della (OMISSIS) s.p.a., stipulò con la propria coniuge, Tizia, legale rappresentante di un’altra società denominata (OMISSIS) s.a.s., un contratto di affitto in comodato gratuito ad uso commerciale di un immobile di proprietà della società del marito.

A seguito della dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.p.a., il curatore fallimentare convenne in giudizio ex art. 702-bis c.p.c. la (OMISSIS) s.a.s. innanzi al Tribunale di Verona al fine di ottenere la revoca del contratto di comodato in virtù del dettato dell’art. 64 della Legge Fallimentare. Nonostante l’opposizione della convenuta, il Tribunale accolse la domanda dichiarando contestualmente l’inefficacia del contratto e condannando la (OMISSIS) s.a.s. al rilascio dell’immobile ed al pagamento della somma di 1000 euro mensili dal momento della decisione fino alla data del rilascio ed al pagamento della metà delle spese di lite.

Avverso alla decisione, la (OMISSIS) s.a.s. propose appello avanti la Corte d’Appello di Venezia, ricevendo l’opposizione della società fallita solo in merito al profilo delle spese di giudizio. La Corte emanò due sentenze, una non definitiva e una definitiva, determinando il rigetto integrale dell’appello principale, l’accoglimento di quello incidentale e la parziale riforma della sentenza del Tribunale, disponendo la condanna della (OMISSIS) s.a.s. al pagamento integrale delle spese del giudizio di primo e secondo grado.

Nella motivazione della decisione della Corte d’Appello, venne indicato che alla (OMISSIS) s.p.a. competeva senza dubbio un risarcimento del danno per l’occupazione senza titolo, la cui liquidazione, nonostante l’errore di quantificazione da parte del Tribunale della somma per un’inesatta valutazione del valore di mercato dell’immobile, venne confermata essere quella disposta dal giudice di prime cure in virtù della mancata impugnazione della resistente su tale capo specifico.

Contro le decisioni della Corte territoriale la (OMISSIS) s.a.s. propose ricorso fondato su due motivi, (OMISSIS) s.p.a. depositò controricorso.

SOLUZIONE

La Suprema Corte di Cassazione rigettò il ricorso e contestualmente condannò la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

QUESTIONI

Analizzando i motivi del ricorso, la (OMISSIS) s.a.s. lamentò, ex art.360 c.p.c., comma I, n.3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 2056, 1226, 2697 c.c., contestando la liquidazione del risarcimento per l’occupazione senza titolo dell’immobile oggetto del comodato. La ricorrente sostenne infatti che, in base ai dettami della costante giurisprudenza di legittimità, in relazione al tema dell’occupazione di immobili non sussista la figura del danno in re ipsa, ma questi necessiti di essere sempre dimostrato per poter determinare la corresponsione del risarcimento. Tanto premesso, nella visione della (OMISSIS) s.a.s., la società fallita non avrebbe in questo caso fornito dimostrazione di aver subito alcun danno, né sostenendo di aver intenzione di locare l’immobile, in quanto la restituzione era finalizzata alla vendita all’incanto, né fornendo sufficienti elementi per determinare il valore locativo dell’immobile. Pertanto il danno liquidato prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello di Venezia assumerebbe i connotati di un danno punitivo non concepito dal nostro ordinamento.

Sulla base di tali contestazioni, la Corte ritenne il motivo non fondato, riconoscendo tuttavia la necessità di dover in parte correggere la motivazione della sentenza impugnata.

Pertanto, gli Ermellini sottolinearono come non sussista alcun contrasto in senso proprio sul punto in giurisprudenza, risultando ininfluente il dibattito se possa ritersi sussistente in re ipsa o se la lesione debba essere invece provata. Infatti, dato che il danno in questione può essere categorizzato come “danno-conseguenza”, sarà sempre necessario produrre elementi di prova a sostegno dell’istanza di risarcimento, ammettendosi anche che questi abbiano natura strettamente presuntiva tenuto conto del naturale carattere fruttuoso del bene immobile ed essendo ammessa la presunzione quale mezzo di prova[1].

Tanto premesso, tale naturale fruttuosità del bene occupato senza titolo poteva opportunatamente costituire il fondamento della sentenza di condanna, così come ben poteva essere meglio valorizzato l’elemento della gratuità del contratto di comodato ed il fatto che a concluderlo siano state due società rappresentate da due coniugi.

A quanto sopra riportato si aggiunga come i giudici di Cassazione abbiano giustamente sottolineato come, non sussistendo di fatto un rapporto di natura contrattuale tra le due società, la responsabilità della (OMISSIS) s.a.s. è di natura extracontrattuale. Infatti, come indicato dalla richiamata sentenza del 23 aprile 1998, n.4190, stante il diritto del curatore di recedere in ogni momento dal contratto in caso di fallimento del conduttore[2], “la protrazione della detenzione del bene da parte della curatela risulta […] carente di titolo giuridico e quindi, in quanto non compatibile col pieno godimento del bene medesimo da parte del proprietario, fonte di responsabilità extracontrattuale, quand’anche verificarsi di siffatta situazione non sia imputabile a dolo o a colpa del curatore ma debba considerarsi dipendente da necessità contingenti o da prevalenti interessi della massa”. Da tale considerazione deriva, nell’opinione dei giudici, che i margini per la valutazione equitativa del giudice del danno da lucro cessante siano ben più ampi di quanto non lo siano nella responsabilità contrattuale, comportando pertanto la non sussistenza della paventata violazione di legge.

Con il secondo motivo indicato, invece, la ricorrente (OMISSIS) s.a.s., contestando l’accoglimento dell’appello incidentale in punto spese, lamentò la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.[3] in riferimento all’art. 360, I comma, n. 3), c.p.c. . La società sostenne che la (OMISSIS) s.p.a. avesse utilizzato una circostanza “tendenziosa”, ossia le quotazioni immobiliari dell’Agenzia del territorio, a fondamento delle proprie pretese della quale il Tribunale non avrebbe dovuto tener conto, rimarcando, inoltre,  come l’accoglimento del primo motivo di ricorso e del contestuale rigetto della domanda risarcitoria dovrebbe condurre ad una situazione di soccombenza reciproca.

Anche con riferimento a tale motivo, la Corte espresse il proprio dissenso nei confronti delle deduzioni della ricorrente indicando, preliminarmente, come già la Corte di Appello avesse escluso la tendenziosità della circostanza prodotta o indicata in giudizio da parte della (OMISSIS) s.p.a., indi per cui il motivo risulta essere inammissibile al vaglio degli Ermellini poiché tendente ad un riesame del merito della questione. Venne tuttavia sottolineato come sia risultata decisiva nella sentenza impugnata la circostanza che la Corte di secondo grado abbia disposto l’espletamento di una C.T.U. al fine di determinare con imparzialità l’entità del danno subito dalla fallita, ragione per cui risulta essere irrilevante ogni produzione documentale, tardiva o tempestiva, che sia avvenuta nel precedente grado di giudizio avente la finalità di offrire una valutazione di parte della medesima lesione.

In virtù di quanto sopra dedotto, la Corte di Cassazione ha giustamente disposto il rigetto del ricorso presentato dalla (OMISSIS) s.a.s., condannando contestualmente la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione[4] e al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso  sussistendo le condizioni indicate all’art. 13, comma I-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n.115.

[1] Così Corte di Cassazione ord. 10 novembre 2021, n.33027; sent. 24 aprile 2019, n. 11203; sent. 25 maggio 2018, n.13071.; sent. 9 agosto 2016, n. 16670.

[2] Ex secondo comma dell’art. 80 della legge fallimentare “In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto , corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati”.

[3] Rubricati come “Condanna alle spese” e “Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese”.

[4] Liquidate ex d.m. 10 marzo 2014, n. 55.

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