1 Giugno 2021

CTU su fatti estranei al thema decidendum: la nullità è rilevabile d’ufficio o su istanza di parte? 

di Martina Mazzei, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. I, 14 aprile 2021, n. 9811 – Pres. De Chiara – Rel. Valitutti

[1] Consulenza tecnica – Violazione del principio dispositivo – Nullità – Indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum – Rilevabilità ad istanza di parte – Rilevabilità d’ufficio – Rimessione alle Sezioni Unite

(Cod. proc. civ. artt. 62 ss, 156, 157, 194 ss)

[1] “La prima sezione civile ha rimesso gli atti al primo presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite della questione, oggetto di contrasto tra le decisioni della Corte, se in tema di consulenza tecnica di ufficio lo svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al “thema decidendum” della controversia in violazione del principio dispositivo, cagioni una nullità della medesima consulenza tecnica, da qualificare di carattere assoluto o relativo e, pertanto, rilevabile d’ufficio ovvero solo su istanza di parte nella prima difesa utile.”

CASO

[1] Due eredi convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Treviso, un istituto di credito e la relativa direttrice chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalle operazioni distrattive poste in essere dalla direttrice su un conto corrente del de cuius. Il Tribunale adito, dopo aver disposto la consulenza tecnica grafologica su proposta della convenuta, al fine di verificare le sottoscrizioni apposte sulle contabili della banca da parte del correntista, condannava l’istituto di credito al risarcimento dei danni. La Corte d’appello di Venezia, riconosciuto il concorso di colpa del correntista, riduceva la somma dovuta agli eredi che, per tale ragione, ricorrevano in cassazione lamentando, in particolare, la nullità della consulenza tecnica grafologica.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione, dopo aver rilevato la sussistenza di un contrasto interpretativo in tema di nullità della CTU, con l’ordinanza in epigrafe, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite relativamente alla questione se in tema di consulenza tecnica di ufficio lo svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum della controversia, in violazione del principio dispositivo, sia fonte di nullità rilevabile d’ufficio ovvero solo su istanza della parte interessata.

QUESTIONI

[1] Nel caso oggetto di scrutinio, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla nullità di una consulenza tecnica d’ufficio per extrapetizione. In particolare, a detta dei ricorrenti, il consulente grafologico aveva ampliato illegittimamente e arbitrariamente il suo campo di indagine anche a sottoscrizioni non disconosciute dai ricorrenti e la Corte d’Appello anziché rilevare d’ufficio la nullità della consulenza ne aveva semplicemente recepito le risultanze.

La Suprema Corte, in via preliminare, evidenzia come sia il Tribunale che la Corte di Appello, sull’assunto del carattere relativo della nullità, avevano implicitamente rilevato l’acquiescenza delle parti sulla nullità della c.t.u. ex art. 157, comma 3, c.p.c. trattandosi di una nullità che deve essere necessariamente eccepita dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso.

Sulla natura giuridica della nullità della consulenza tecnica di ufficio, e sul conseguente rilievo officioso o su istanza di parte, tuttavia, non vi è uniformità di vedute nella giurisprudenza di legittimità.

La Corte di Cassazione, infatti, rammenta che per l’orientamento tradizionale, tutte le ipotesi di nullità della consulenza tecnica, ivi ricompresa quella – ricorrente nel caso di specie – dovuta all’eventuale allargamento dell’indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente, nonché quella dell’avere tenuto indebitamente conto di documenti non ritualmente prodotti in causa, hanno sempre carattere relativo e devono essere fatte valere dalla parte interessata nella prima udienza successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanate (Cass. civ. n. 8659/1999; Cass. civ. 5422/2002; Cass. civ. n. 12231/2002; Cass. civ. n. 2251/2013; Cass. civ. n. 15747/2018). Il carattere relativo della nullità esclude in radice l’ammissibilità di un rilievo officioso da parte del giudicante.

A tale consolidato indirizzo si contrappone, tuttavia, una recente decisione della Corte di Cassazione in cui si legge che, in tema di consulenza tecnica di ufficio, lo svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum della controversia o l’acquisizione ad opera dell’ausiliare di elementi di prova, in violazione del principio dispositivo, cagiona la nullità assoluta della consulenza tecnica, rilevabile d’ufficio e non sanabile per acquiescenza delle parti, in quanto, nel processo civile, le norme che stabiliscono preclusioni assertive ed istruttorie sono preordinate alla tutela di interessi generali, non derogabili dalle parti (Cass. civ. n. 31886/2019).

In questa recente sentenza si evidenzia come, in virtù del principio dispositivo e dell’operare nel processo civile di preclusioni, l’ausiliare del giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può – nemmeno in presenza di ordine del giudice o di acquiescenza delle parti – indagare d’ufficio su fatti mai ritualmente allegati da queste ultime, nè acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte e nemmeno procurarsi documenti che forniscano tale prova. A tale regola può derogarsi soltanto quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell’eccezione non possa essere oggettivamente fornita dalle parti con i mezzi di prova tradizionali, postulando il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche, oppure laddove la consulenza si renda necessaria per la prova di fatti tecnici accessori o secondari e di elementi di riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti.

La pronuncia del 2019, in particolare, muove dal rilievo che “il principio secondo cui le nullità della consulenza restano sanate, se non eccepite nella prima difesa utile, venne in origine affermato con riferimento alla nullità derivante dall’omissione dell’avviso ad una delle parti della data di inizio delle operazioni peritali”. Per tale tipo di nullità era parso del tutto corretto riservare alla parte, il cui diritto di difesa era stato vulnerato dall’omissione della comunicazione di avvio delle operazioni peritali, di eccepire la nullità della consulenza d’ufficio secondo la disciplina delle nullità relative. Senonché, successivamente, quel principio è stato esteso anche ad altre ipotesi di nullità della consulenza e, in particolare, “al caso di svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum o, più spesso, di acquisizione da parte del c.t.u. di documenti non ritualmente prodotti dalle parti”. Tale impostazione, secondo la Suprema Corte, costituiva il logico corollario della strutturazione “senza barriere” del giudizio di cognizione delineato dall’originario impianto del codice processuale “perché in quel tipo di processo tutte le nullità istruttorie non potevano che essere relative, non prevedendo la legge alcun termine perentorio per compierle”, ma non è più coerente con il sistema delle preclusioni, assertive ed asseverative, che attualmente informa il processo civile ed è preordinato alla tutela di interessi generali. Le norme che prevedono preclusioni assertive od istruttorie nel processo civile, infatti, sono preordinate a tutelare interessi generali, e la loro violazione è sempre rilevabile d’ufficio, anche in presenza di acquiescenza della parte legittimata a dolersene (ex multis, Cass. civ. n. 16800/2018; Cass. civ. n. 7270/2008). Tra le nullità relative, allora, non potrebbero più rientrare quelle nullità “consistite nella violazione, da parte del c.t.u., del principio dispositivo, commessa vuoi indagando su fatti mai prospettati dalle parti, vuoi acquisendo da queste ultime o da terzi documenti che erano nella disponibilità delle parti, e che non furono tempestivamente prodotti. Quest’ultimo tipo di nullità, infatti, consiste nella violazione di norme (gli artt. 112, 115 e 183 c.p.c.) dettate a tutela di interessi generali: si tratta dunque di nullità assolute e non relative; non sanabili dall’acquiescenza delle parti; sempre rilevabili d’ufficio (salvo il giudicato), a nulla rilevando che non siano eccepite nella prima difesa successiva al compimento dell’atto nullo”.

In conclusione, alla luce degli indirizzi giurisprudenziali contrastanti riportati, la Corte di Cassazione ha ritenuto di rimettere la causa all’esame del Primo Presidente della Corte affinchè valuti l’eventuale remissione alle Sezioni Unite Civili, considerato che la questione oggetto di causa ha una notevole rilevanza sistematica nonché conseguenze di carattere pratico-operative, dal momento che riguarda il regime dei vizi inficianti uno strumento di diffusissima applicazione, quale la consulenza tecnica d’ufficio.

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