8 Ottobre 2024

Criteri legali o convenzionali di ripartizione delle spese condominiali e modifiche

di Francesco Luppino, Dottore in legge e cultore della materia di diritto privato presso l'Università degli Studi di Bologna Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. II, ordinanza 04.07.2022 n. 21086. Presidente F. Manna – Estensore A. Scarpa

«In tema di condominio negli edifici, la convenzione sulla ripartizione delle spese in deroga ai criteri legali, ai sensi dell’art. 1123, comma 1, c.c. – che deve essere approvata da tutti i condomini, ha efficacia obbligatoria soltanto tra le parti ed è modificabile unicamente tramite un rinnovato consenso unanime – presuppone una dichiarazione di accettazione avente valore negoziale, espressione di autonomia privata, la quale prescinde dalle formalità richieste per lo svolgimento del procedimento collegiale che regola l’assemblea e può perciò manifestarsi anche mediante successiva adesione al contratto con l’osservanza della forma prescritta per quest’ultimo».

CASO

I partecipanti al condominio Alfa avevano assunto una delibera che ripartiva le spese comuni in deroga ai dettami contenuti nel regolamento condominiale, il quale prevedeva originariamente la riduzione di 1/6 delle spese in favore dei proprietari dei locali negozi.

Il condomino Tizio, avente causa di uno dei condomini originari che avevano concorso alla suddetta delibera, decideva di non adeguarsi ai criteri di cui alla delibera condominiale e, conseguentemente, risultava destinatario di un decreto ingiuntivo.

Tizio si opponeva al decreto ingiuntivo sostenendo che la deliberazione avrebbe modificato il regolamento in vigore nel condominio che, in quanto avente natura contrattuale, per essere modificato avrebbe necessitato del consenso unanime dei condomini e non la maggioranza, come si era verificato nel caso di specie.

Infatti, la suddetta delibera risultava essere stata assunta a maggioranza e non all’unanimità, in quanto l’unico condomino assente aveva manifestato solo successivamente e con atto scritto la volontà di adeguarsi ai criteri di ripartizione deliberati.

Il Tribunale rigettava l’opposizione avanzata da Tizio, il quale decideva di appellare la sentenza.

In seguito al rigetto del gravame proposto, Tizio ricorreva in Cassazione.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 04.07.2022 n. 21086, accertato che il consenso unanime ai fini della modifica del regolamento contrattuale e dei criteri legali può formarsi anche successivamente alla delibera, purché sia debitamente manifestato, ha rigettato il ricorso proposto dal condomino moroso, condannandolo alle spese del giudizio di cassazione.

QUESTIONI

La sentenza della Suprema Corte in commento riguarda una questione molto comune nell’ambito dei contenziosi in materia condominiale, ossia il giudizio di opposizione a un decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali e contestuale domanda riconvenzionale circa l’invalidità della relativa delibera assembleare.

Il punto centrale della vicenda riguarda la validità delle deliberazioni assembleari che hanno modificato il regolamento condominiale in relazione ai criteri di ripartizione delle spese in deroga ai criteri legali e al regolamento avente natura contrattuale.

Nel caso di specie, con il ricorso in Cassazione Tizio denunciava l’invalidità di due deliberazioni assembleari, sostenendo che le stesse avrebbero modificato il regolamento condominiale senza il consenso unanime di tutti i condomini. Il regolamento originario, infatti, prevedeva una riduzione di 1/6 delle quote millesimali attribuite ai negozi, e la modifica delle quote millesimali era stata approvata senza il consenso unanime richiesto dalla legge.

  1. Preliminarmente il Supremo Collegio ha affrontato la disamina dell’invalidità delle delibere condominiali, distinguendo le ipotesi che determinano la nullità delle delibere da quelle che le rendono annullabili.

Sul punto la Corte ribadisce i principi sanciti dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 9839/2021, faro per gli interpreti della materia in questione:

  • ipotesi di nullità: le deliberazioni che modificano i criteri generali di ripartizione delle spese condominiali previsti dalla legge o da una convenzione, se adottate a maggioranza, sono nulle. Questo perché tali modifiche esulano dalle attribuzioni dell’assemblea condominiale, che non può modificare tali criteri senza il consenso unanime dei condomini;
  • ipotesi di annullabilità: le deliberazioni riguardanti la ripartizione concreta delle spese, adottate in violazione dei criteri generali, sono meramente annullabili. Queste deliberazioni sono adottate nell’ambito delle attribuzioni assembleari e possono essere impugnate anche nel caso in cui sia pendente un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo purché sia svolta apposita domanda riconvenzionale.

Sul punto si evidenzia che l’azione di nullità è imprescrittibile, mentre nel caso in cui si volesse eccepire l’annullabilità di una delibera è necessario rispettare i dettami sanciti dall’art. 1137 c.c., ossia impugnare la delibera nel termine di 30 giorni dall’assunzione della stessa, per i dissenzienti e gli astenuti, ovvero dalla comunicazione per gli assenti, in ogni caso, previa procedura di mediazione obbligatoria, che peraltro così come oggetto di recente disegno di riforma, in adesione alle petizioni dell’Avvocatura e degli addetti lavori, ha finalmente previsto che il termine di decorrenza di giorni trenta per l’impugnazione decorre dalla conclusione del procedimento di mediazione con verbale di mancato accordo[1].

  1. Chiarito quanto sopra gli Ermellini hanno analizzato il cuore della vicenda in esame.

La Corte conferma che i criteri di ripartizione delle spese condominiali stabiliti dall’art. 1123 c.c. possono essere derogati attraverso una convenzione che può essere inclusa nel regolamento condominiale o approvata con decisione unanime dell’assemblea. Tuttavia, se il regolamento è di natura contrattuale e stabilisce una diversa ripartizione delle spese, tale convenzione può essere modificata solo con un nuovo consenso unanime concretamente manifestato dai condomini.

Il focus della sentenza in commento riguarda proprio l’opponibilità delle suddette convenzioni ai successori/aventi causa dei condomini originari.

Sul punto i giudici di legittimità hanno rilevato che:

  • le convenzioni di ripartizione delle spese non vincolano automaticamente i successori a meno che questi ultimi non abbiano espressamente accettato tali condizioni o abbiano preso conoscenza della convenzione preesistente al momento dell’acquisto;
  • non è prevista la trascrizione di una convenzione che deroga i criteri legali delle spese condominiali, poiché, in virtù del principio di tassatività della trascrizione immobiliare, quest’ultima può riguardare solo atti e sentenze specificamente indicati dalla legge ( 2643 e 2645 c.c.); del resto “la funzione della trascrizione è quella non di fornire notizie sulle vicende riguardanti il patrimonio immobiliare, ma di risolvere eventuali conflitti fra più aventi causa; e la tipicità degli effetti della trascrizione e dei diritti reali non fa acquisire carattere reale ad un’obbligazione solo perché essa sia stata annotata nei registri immobiliari”.
  1. Gli Ermellini si sono soffermati anche sul tema della formazione del consenso idoneo a modificare le convenzioni contenenti una deroga ai criteri legalmente previsti ovvero contenuti nel regolamento contrattuale.

Sul punto i giudici di legittimità hanno rilevato che, sebbene una delibera condominiale richieda l’approvazione unanime ai fini delle suddette modifiche, tale consenso può manifestarsi anche al di fuori della riunione assembleare. In questo caso, il consenso di un condomino assente può essere successivamente espresso anche per iscritto ovvero con modalità tali da manifestare in concreto la sua specifica volontà di aderire alla nuova convenzione, al pari di quanto avviene in relazione alla formazione di un contratto e di qualsiasi atto avente contenuto negoziale.

Alla luce di quanto sopra esposto il Supremo Collegio, rigettando il ricorso proposto da Tizio, ha enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di condominio negli edifici, la convenzione sulla ripartizione delle spese in deroga ai criteri legali, ai sensi dell’art. 1123, comma 1, c.c. – che deve essere approvata da tutti i condomini, ha efficacia obbligatoria soltanto tra le parti ed è modificabile unicamente tramite un rinnovato consenso unanime – presuppone una dichiarazione di accettazione avente valore negoziale, espressione di autonomia privata, la quale prescinde dalle formalità richieste per lo svolgimento del procedimento collegiale che regola l’assemblea e può perciò manifestarsi anche mediante successiva adesione al contratto con l’osservanza della forma prescritta per quest’ultimo”.

[1] Il CDM ha recentemente approvato un decreto legislativo, ora tornato all’attenzione delle Camere, che riporta chiarezza sul termine decadenziale per l’impugnativa della delibera viziata. L’articolo 11 comma 4 bis, prescrive che «Quando la mediazione si conclude senza la conciliazione la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza di cui all’articolo 8, comma 2, decorrente dal deposito del verbale conclusivo della mediazione presso la segreteria dell’organismo

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