27 Dicembre 2016

La crisi dell’impresa e la gestione delle procedure d’insolvenza transfrontaliere secondo il regolamento UE n. 848/2015

di Ruggero Siciliano Scarica in PDF

Il legislatore comunitario è intervenuto con il regolamento UE n. 848/2015 del 20 maggio 2015 in materia di procedure di insolvenza transfrontaliere delle imprese. Il nuovo regolamento, che contiene la rifusione del regolamento CE n. 1346/2000, ha il fine di promuovere il risanamento delle imprese in difficoltà ed evitare la loro liquidazione nel rispetto delle garanzie dei creditori.

  1. Premessa

Il regolamento UE n. 848/2015 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 5 giugno 2015 ed è entrato in vigore il 26 giugno 2015. Il testo normativo, che riscrive il precedente regolamento CE n. 1346/2000 del 29 maggio 2000, disciplina le procedure d’insolvenza transfrontaliere.

Il regolamento UE n. 848/2015 troverà integrale applicazione a decorrere dal 26 giugno 2017 in tutti gli Stati membri, eccetto la Danimarca.

Il percorso intrapreso dall’Unione Europea, che ha condotto all’emanazione del regolamento in esame, è legato al contesto economico-finanziario degli ultimi anni ha registrato un sensibile aumento del numero delle imprese sottoposte a procedure d’insolvenza. Le conseguenze della crisi hanno assunto una portata europea, in quanto le dinamiche attuali delle imprese sono spesso di carattere comunitario.

Una diffusione delle crisi aziendali e delle conseguenti azioni esecutive sul patrimonio delle imprese costituisce un rischio di inaridimento del mercato europeo.

In considerazione di ciò, il legislatore europeo ha ritenuto di dover intervenire riscrivere nella materia della gestione delle insolvenze transfrontaliere delle imprese.

L’emanazione del regolamento è stata preceduta dalla raccomandazione della Commissione n. 135 del 12 marzo 2014, ove è stato affermato che la liquidazione del patrimonio del debitore non dovesse più esser considerata il fine principale della procedura d’insolvenza, bensì una soluzione residuale. Ad avviso della Commissione, gli Stati membri dovevano adottare delle procedure destinate al risanamento ed alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà affinché, in un’ottica di fresh start, potessero proseguire nell’attività economica.

L’obiettivo della raccomandazione della Commissione è stato quello di incentivare un progressivo riavvicinamento delle legislazioni nazionali degli Stati membri nella materia relativa alle procedure di cui possono avvalersi i debitori in difficoltà finanziaria per ristrutturare la loro impresa.

Il regolamento UE n. 848/2015 si inserisce all’interno della politica di armonizzazione degli ordinamenti dei Paesi europei prevista dall’art. 81, par. 2, TFUE (cfr. a tal proposito i considerando n. 2 e 3 del regolamento, secondo i quali “l’Unione ha stabilito l’obiettivo di istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”).

Andando oltre rispetto alla raccomandazione, il regolamento è fondato sul principio del mutuo riconoscimento per mezzo del quale gli Stati membri consentono che le normative straniere, o le stesse decisioni giudiziarie adottate in altri Stati membri, possano produrre efficacia diretta nel proprio ordinamento.

Andremo, adesso, ad esaminare il testo del regolamento, senza alcuna pretesa di completezza, rivolgendo un’attenzione particolare ad aspetti quali il suo ambito di applicazione, la competenza, il riconoscimento e gli effetti della procedura e le garanzie previste in favore dei creditori.

  1. Oggetto e ambito d’applicazione del regolamento UE n. 848/2015

Il regolamento ha ampliato il perimetro applicativo del regolamento rifuso (reg. CE n. 1346/2000) secondo una prospettiva di recupero e risanamento delle imprese in crisi. Nel nuovo testo sono incluse le procedure nazionali di recente introduzione che mirano a favorire la sopravvivenza delle imprese in difficoltà.

Il regolamento in esame si applica, ai sensi dell’art. 1, alle «procedure concorsuali pubbliche», comprese le procedure provvisorie disciplinate dalle norme in materia d’insolvenza. Deve trattarsi di procedure in cui, a fini di salvataggio o ristrutturazione del debito, riorganizzazione o liquidazione, un debitore è spossessato, in tutto o in parte, del proprio patrimonio oppure i suoi beni ed affari sono soggetti al controllo o alla sorveglianza di un giudice.

Il regolamento si applica altresì nel caso in cui è concessa da un giudice, o ex lege, una sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali al fine di consentire le trattative tra il debitore e i suoi creditori.

Le procedure contemplate dall’art. 1 possono essere avviate anche in situazioni in cui sussiste soltanto una probabilità di insolvenza, al fine di evitare la stessa insolvenza del debitore o la cessazione delle attività del medesimo.

Questa opzione applicativa rappresenta una importante innovazione, poiché la finalità di salvaguardare e conservare l’operatività dell’impresa è proprio alla base della scelta del legislatore comunitario di includere tra le procedure concorsuali anche le situazioni di pre insolvenza ovvero le ipotesi in cui l’insolvenza non si è ancora manifestata ma v’è il fondato rischio che si paleserà.

Le procedure che rientrano nel campo di applicazione del regolamento sono elencate nell’allegato A.

Per quanto concerne l’Italia sono individuati i seguenti procedimenti: il fallimento; il concordato preventivo; l’amministrazione straordinaria; gli accordi di ristrutturazione; le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento del consumatore (piano e accordo) e la liquidazione dei beni.

Ai fini dell’applicazione del regolamento, occorre poi tenere in considerazione le definizioni di cui all’art. 2 del testo normativo (cui si rimanda per uno studio più analitico), tra le quali quella di procedura concorsuale e di debitore non spossessato.

Delineato il campo applicativo del regolamento, occorre volgere l’attenzione alle modalità di apertura della procedura d’insolvenza.

  1. La competenza giurisdizionale per l’apertura della procedura d’insolvenza

Dalla lettura delle norme del regolamento sulla competenza è possibile effettuare una distinzione tra procedure d’insolvenza principali e secondarie. Il discrimine è costituito dal criterio della territorialità e dal momento in cui viene aperta la procedura.

La competenza ad aprire la procedura d’insolvenza è attribuita, dall’art. 3, par. 1, ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore (c.d. procedura principale d’insolvenza).

Il centro degli interessi principali è individuato nel luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi.

Per quanto attiene alle società ed alle persone giuridiche, sussiste una presunzione relativa in ossequio alla quale il centro degli interessi principali è individuato nel luogo in cui si trova la sede legale.

Quando la procedura principale, invece, è stata già aperta, i giudici di un altro Stato membro sono competenti ad aprire una procedura d’insolvenza, denominata «secondaria», con effetti limitati ai soli beni del debitore che si trovano in tale territorio (art. 3, par. 2) ove, corre d’obbligo precisare, è richiesto che il debitore abbia almeno una dipendenza.

La distinzione tra procedura d’insolvenza principale e secondaria rileva, altresì, nella decisione giudiziaria di apertura della procedura, poiché il giudice nell’esporre i motivi della sua competenza giurisdizionale specifica se questa si fondi sull’art. 3 par. 1 o 2. Decisione che può essere impugnata dinanzi al giudice, dal debitore o da qualsiasi creditore, per motivi di competenza giurisdizionale internazionale.

Secondo quanto disposto dall’art. 7 del regolamento, alla procedura d’insolvenza e ai suoi effetti si applica la legge dello stato membro nel cui territorio è aperta la procedura (c.d. Stato di apertura). 

  1. Riconoscimento ed effetti della procedura d’insolvenza

Per quanto attiene al riconoscimento della decisione di apertura della procedura d’insolvenza all’interno dei Paesi dell’Unione Europea, bisogna considerare il principio di cui all’art. 19, ove è disposto che «la decisione di apertura della procedura d’insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro competente in virtù dell’art. 3, è riconosciuta in tutti gli stati membri dal momento in cui essa produce effetto nello Stato di apertura. La disposizione di cui al primo comma si applica anche quando un debitore, per la sua qualità, non può essere assoggettato a una procedura di insolvenza negli altri Stati membri».

Gli effetti del riconoscimento sono precisati poi nel successivo art. 20, all’interno del quale viene specificato che la decisione di apertura di una procedura d’insolvenza principale produce gli effetti previsti dalla legge dello Stato di apertura in ogni altro Stato membro senza altra formalità.

Il principio richiamato assume valore non soltanto nell’ottica di eliminazione dell’exequatur, come presupposto indefettibile per il riconoscimento di un titolo esecutivo nei singoli Stati comunitari sebben rilasciato in un altro Stato membro, ma anche in considerazione dello scopo ultimo del regolamento, ossia la concessione al debitore della possibilità di rimanere attivo nel mercato (interno e comunitario) nonostante l’insolvenza dichiarata o anche solo potenziale.

  1. I diritti dei creditori

Il regolamento tutela le ragioni dei creditori nelle norme ricomprese nel capo IV, rubricato «Informazione dei creditori e insinuazione dei loro crediti».

L’art. 54 dispone che, una volta aperta la procedura in uno Stato membro, il giudice competente in detto Stato deve informare i creditori stranieri senza ritardo.

L’informazione dell’apertura della procedura d’insolvenza viene effettuata mediante una nota individuale contenente i termini da osservare, le sanzioni previste circa il mancato rispetto dei termini e l’organo legittimato a ricevere l’insinuazione dei crediti. La nota deve specificare inoltre se eventuali creditori muniti di privilegio o garanzia reale devono insinuare il credito ed include inoltre copia del modulo uniforme, ex art. 55 reg., per l’insinuazione dei crediti.

L’art. 55, a sua volta, disciplina la procedura di insinuazione dei crediti e prevede che il creditore straniero può insinuare il proprio credito utilizzando il modulo uniforme per i crediti elaborato a norma dell’art. 88. Le informazioni che deve includere il modulo di «insinuazione dei crediti» sono elencate al paragrafo 2 dell’art. 55 (ad esempio, generalità del creditore straniero; importo del credito; eventuali interessi maturati e relativo tasso; natura del credito).

I crediti possono presentare la domanda di insinuazione, ai sensi del paragrafo 5 dell’art. 55 del regolamento, in qualunque lingua ufficiale delle istituzioni dell’Unione e, in caso di creditori stranieri, entro il termine non inferiore a 30 giorni a decorrere dalla pubblicazione dell’apertura della procedura d’insolvenza nel registro fallimentare dello Stato d’apertura.

  1. Conclusioni

Il nuovo regolamento è diretto a migliorare l’efficacia e l’efficienza delle procedure d’insolvenza con implicazioni transfrontaliere e segna un passo avanti importante per la tutela dei crediti nell’Unione Europea e per semplificare la attività di imprenditori e operatori del diritto.

Soltanto l’esperienza applicativa potrà risolvere i numerosi dubbi applicativi e potrà dare conferma del raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalle nuove disposizioni.