10 Dicembre 2024

Il creditore non può espropriare beni conferiti in fondo patrimoniale e successivamente alienati a terzi se l’acquisto del terzo è stato trascritto prima della trascrizione del pignoramento

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 6 novembre 2024, n. 28593 – Pres. De Stefano – Rel. Rossi

Azione revocatoria – Fondo patrimoniale – Dichiarazione d’inefficacia – Alienazione dei beni costituiti in fondo patrimoniale con atto trascritto dopo la domanda di revoca ma prima del pignoramento – Inefficacia dell’atto d’acquisto nei confronti del creditore – Insussistenza

Massima: “L’azione revocatoria di un atto di costituzione di un fondo patrimoniale tra coniugi – atto non concretante una vicenda dispositiva traslativa dei beni che ne sono oggetto – determina unicamente, a esclusivo vantaggio del creditore attore, l’inefficacia del vincolo di destinazione con tale atto generato, ma non anche dei successivi atti di disposizione in favore di terzi dei beni conferiti nel fondo, siccome atti non dipendenti dall’atto di costituzione dello stesso”.

CASO

Esperita vittoriosamente l’azione revocatoria (in accoglimento della quale era stata dichiarata l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale in cui erano stati conferiti alcuni immobili), il curatore fallimentare avviava due distinte procedure esecutive: la prima, in danno del debitore diretto, la seconda in danno della società che aveva acquistato alcuni degli immobili già conferiti nel fondo patrimoniale.

Quest’ultima proponeva opposizione, sostenendo la prevalenza e l’opponibilità del proprio acquisto, poiché trascritto prima del pignoramento.

Il Tribunale di Padova accoglieva l’opposizione, con sentenza impugnata dalla curatela e confermata dalla Corte d’appello di Venezia.

La pronuncia di secondo grado veniva impugnata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha respinto il ricorso, affermando che la declaratoria d’inefficacia dell’atto costitutivo di fondo patrimoniale non consente al creditore di agire esecutivamente, ai sensi dell’art. 2902 c.c., nei confronti di chi abbia acquistato i beni già conferiti nel fondo in forza di atto trascritto prima del pignoramento.

QUESTIONI

[1] La sentenza che si annota indaga i rapporti tra azione revocatoria e pignoramento, precisando a quali condizioni il creditore che abbia vittoriosamente esperito la prima può promuovere il secondo ai danni dei terzi acquirenti.

Nella fattispecie esaminata, una volta dichiarata l’inefficacia dell’atto di costituzione di fondo patrimoniale, erano stati pignorati i beni immobili inizialmente conferitivi, ma che erano stati successivamente alienati a una società – con atto trascritto dopo la domanda ex art. 2901 c.c., ma prima del pignoramento – che aveva, pertanto, proposto opposizione.

Secondo il creditore ricorrente, la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria aveva reso inefficace e inopponibile, nei suoi confronti, non solo l’atto lesivo impugnato, ossia quello di costituzione del fondo patrimoniale, ma pure i successivi atti di alienazione dei beni di proprietà del debitore che erano stati conferiti nel fondo, in quanto allo stesso modo diretti a sottrarli alla garanzia del credito.

I giudici di legittimità hanno disatteso questa impostazione, rilevando innanzitutto che l’atto di costituzione di fondo patrimoniale integra un negozio segregativo (e non traslativo), in quanto istitutivo di un patrimonio separato e destinato, per espressa disposizione di legge, al soddisfacimento dei bisogni della famiglia: l’effetto che si produce, dunque, non è un mutamento della titolarità dei beni conferiti in fondo patrimoniale, ma la creazione su di essi di un vincolo di destinazione, che li sottrae alla garanzia patrimoniale generica per asservirli – solo ed esclusivamente – all’adempimento delle obbligazioni contratte per soddisfare i bisogni della famiglia.

Ciò non significa che l’aggredibilità dei beni conferiti in fondo patrimoniale è esclusa tout court, ma, giusta quanto stabilito dall’art. 170 c.c., che non è ammessa per l’adempimento coattivo di debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, rimanendo invece legittima e consentita negli altri casi.

Per quanto concerne, invece, l’azione revocatoria, essa è diretta a fare accertare – unicamente a favore di chi la esercita – l’inefficacia di atti di disposizione compiuti dal debitore e recanti pregiudizio alle ragioni creditorie: scopo dell’azione è la ricostituzione nella sua pienezza della garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore, la cui consistenza sia ridotta (o anche solo compromessa) dall’atto dispositivo che impedisca, limiti o renda più difficoltosa la soddisfazione del credito in via coattiva.

L’azione revocatoria, tuttavia, non produce un vero e proprio effetto restitutorio, giacché il bene che ha formato oggetto di disposizione non rientra nel patrimonio del debitore, ma diventa aggredibile dal creditore che abbia vittoriosamente agito ai sensi dell’art. 2901 c.c. anche se in proprietà di terzi, che saranno così soggetti passivi dell’azione esecutiva in virtù dell’art. 2902 c.c., in quanto il loro acquisto sia stato trascritto successivamente alla trascrizione della domanda revocatoria.

Per quanto l’atto costitutivo di fondo patrimoniale sia privo di effetto traslativo e non comporti una fuoriuscita dei beni dal patrimonio del debitore, anch’esso è suscettibile di essere dichiarato inefficace ex art. 2901 c.c., giacché, limitando l’espropriabilità dei beni al solo caso in cui il debito rimasto inadempiuto sia stato contratto per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, rende incerta e più difficile l’esazione del credito ed è quindi idoneo a cagionare un pregiudizio.

Alla luce di queste coordinate di riferimento, ne discende che la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria dell’atto costitutivo di fondo patrimoniale rende inefficace l’apposizione del vincolo di destinazione sui beni che ne fanno parte e le correlate limitazioni alle azioni esecutive: il creditore che ha vittoriosamente agito in revocatoria, dunque, può aggredire i beni conferiti in fondo patrimoniale senza le limitazioni contemplate dall’art. 170 c.c.

Tale inefficacia, invece, non si riverbera sui terzi che, quand’anche con atto trascritto successivamente alla trascrizione della domanda di revoca, abbiano acquistato diritti sui beni conferiti nel fondo poi revocato.

Infatti, la propagazione ai terzi acquirenti dell’inefficacia relativa cui fa riferimento – quale tipica conseguenza dell’azione revocatoria – l’art. 2902, comma 1, c.c. postula che quello da revocare sia un atto di disposizione da cui dipendono le successive vicende traslative: scopo della norma è consentire al creditore di agire esecutivamente sul bene fuoriuscito dal patrimonio del suo debitore anche nei confronti di chi ne fosse divenuto, nel frattempo, proprietario in virtù di un ulteriore negozio che, tuttavia, dev’essere stato posto in essere perché preceduto da quello revocato, da cui pertanto – sia pure in via non immediata – dipende.

In questo modo e fatta salva la regola della prevalenza delle trascrizioni anteriori scolpita dal comma 4 dell’art. 2901 c.c., per il creditore è indifferente che il bene sia rimasto in proprietà del terzo acquirente o sia stato da questi, a propria volta, trasferito; diversamente, del resto, la tutela apprestata dall’azione revocatoria avrebbe vita breve, perché basterebbe che l’atto dispositivo da revocare fosse seguito anche solo da un altro, posto in essere dall’avente causa, per precludere in via definitiva al creditore di aggredire il bene fraudolentemente uscito dal patrimonio del proprio debitore.

Quando viene costituito un fondo patrimoniale, tuttavia, non si attua un trasferimento dei beni, visto che si genera unicamente un vincolo di destinazione che non ne impedisce, in termini assoluti, l’espropriabilità, ma la limita soltanto: pertanto, l’effetto dell’azione revocatoria consiste nella possibilità per il creditore di assoggettare a espropriazione forzata i beni conferiti in fondo patrimoniale anche in relazione a debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

Per questo motivo, non può ipotizzarsi che tale inefficacia si estenda all’acquisto, a opera di terzi, dei beni conferiti nel fondo patrimoniale revocato, alla stregua dell’art. 2902 c.c., dal momento che esso non dipende dall’atto costitutivo di fondo patrimoniale dichiarato inefficace, non rinvenendo in esso il suo presupposto giuridico.

Così, il creditore potrà aggredire i beni già conferiti in fondo patrimoniale che siano stati successivamente trasferiti a un terzo solo se l’atto d’acquisto sia stato trascritto dopo il pignoramento, posto che, in caso contrario, gli sarà invece pienamente opponibile (giacché, non dipendendo dall’atto revocato, non può esplicarsi, in relazione a esso, l’effetto prenotativo della trascrizione della domanda ex art. 2901 c.c.).

Sulla base del principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, si deve concludere che:

  • il creditore che abbia agito per la revoca dell’atto costitutivo di fondo patrimoniale, allorquando il proprio debitore, prima del giudizio o nelle more dello stesso, abbia alienato a terzi il bene che era stato conferito nel fondo patrimoniale, dovrà chiedere che anche il successivo atto traslativo venga dichiarato inefficace, onde potere aggredire esecutivamente il bene, ai sensi degli artt. 2901 e 2902 c.c., una volta ottenuta la pronuncia di revoca;
  • in questo caso, non sarà nemmeno necessario coltivare l’azione revocatoria promossa contro l’atto costitutivo di fondo patrimoniale, dal momento che il bene è già fuoriuscito dal patrimonio del debitore (con atto che rimane perfettamente valido ed efficace tra le parti che lo hanno concluso) e, in caso di accoglimento della domanda di revoca dell’atto traslativo, non vi rientrerà, visto che l’inefficacia non si traduce nell’inidoneità dell’atto a produrre i suoi effetti tipici (compreso l’acquisto del diritto da parte del terzo), ma si risolve nell’incapacità dell’atto di sottrarre il bene alla soddisfazione coattiva del creditore presso il terzo acquirente, che sarà esposto all’azione esecutiva ai sensi dell’art. 2902 c.c.;
  • diversamente, ossia nel caso in cui il creditore abbia agito per ottenere l’invalidazione dell’atto traslativo (per esempio, per simulazione), l’azione revocatoria promossa contro l’atto costitutivo di fondo patrimoniale andrà coltivata, onde consentire – in caso di accoglimento di entrambe le domande proposte – di espropriare il bene (rientrato a quel punto nel patrimonio del debitore) senza dovere soggiacere ai limiti imposti dall’art. 170 c.c. e, dunque, di pignorarlo anche se il debito rimasto inadempiuto non sia stato contratto per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia;
  • il creditore, al limite, potrebbe ritenersi esonerato dal chiedere la revoca dell’atto traslativo successivo alla costituzione del fondo patrimoniale solo se fosse stato compiuto a titolo gratuito, visto che, in questo caso (e solo in questo caso), potrebbe avvalersi del pignoramento disciplinato dall’art. 2929-bisc. (che, d’altro canto, presuppone pur sempre che il credito sia sorto prima della conclusione dell’atto di alienazione e che, entro l’anno dalla trascrizione di quest’ultimo, sia stato trascritto il pignoramento).

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