4 Aprile 2023

Cram down fiscale e responsabilità penale nella proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento

di Silvia Zenati, Avvocato e Dottore Commercialista Scarica in PDF

Tribunale di Verona, 20 dicembre 2022

Parole chiave Accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento – mancata adesione dell’amministrazione finanziaria – intervento sostitutivo del Tribunale in sede di omologa – giudizio di cram down – applicabilità

Massima: “È possibile l’omologa della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento in base al giudizio di cram down ex art.12 c. 3 quater L. 3/2012, anche qualora l’amministrazione finanziaria abbia espresso voto negativo sulla stessa sull’assunto della responsabilità penale del ricorrente”

Disposizioni applicate art.7 comma 2 lett.2-quater L.3/2012; art.12 comma 3-quater L. 3/2012; art.173 l.f.; art.2 D.Lgs. 74/2000; Art.646 c.p.

Nella sentenza in commento il Tribunale di Verona affronta la tematica del cram down fiscale, istituto che consente al tribunale di omologare l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento anche in mancanza di adesione dell’amministrazione finanziaria, quando essa sia determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze, e sia prospettabile la convenienza della proposta di soddisfacimento del credito fiscale rispetto all’alternativa liquidatoria.

L’art.12 comma 3-quater L. 3/2012 statuisce infatti che: Il tribunale omologa l’accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’articolo 11, comma 2, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell’organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”.

La sentenza si sofferma sugli eccepiti profili di inammissibilità della proposta, sollevati dall’Agenzia delle entrate, e motivati in primis, dalla commissione da parte del ricorrente di atti diretti a frodare le ragioni dei creditori, comprovati dal riconoscimento della responsabilità penale del ricorrente per le fattispecie delittuose ascrittegli nell’ambito del procedimento penale da cui era emerso l’indebitamento verso l’erario; in secundis, dall’avere ostacolato la ricostruzione compiuta della propria situazione economica e patrimoniale ex art.2 comma 2 lettera d L. 3/2012, avendo taciuto il compimento di due atti dispositivi, nel 2014 e il 2016, di alienazione del proprio patrimonio immobiliare.

Ritiene il Giudicante che, con riferimento al primo rilievo sollevato dall’Agenzia delle Entrate, non possa condividersi la tesi secondo cui il compimento di atti in frode ai creditori risulterebbe ipso facto dal riconoscimento della responsabilità penale del ricorrente ai sensi degli artt.2 e 10 D.Lgs. 74/2000; perché un atto possa definirsi in frode ai creditori è necessario, infatti, sul piano logico ancor prima che giuridico, che si possa ravvisare un’alterità tra l’atto pregiudizievole ed il creditore che da esso è stato pregiudicato, per cui il creditore pregiudicato dall’atto in frode deve vantare un diritto di credito preesistente rispetto all’atto fraudolento. Inoltre, così ragionando verrebbe precluso l’accesso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento a qualunque soggetto che abbia precedenti penali.

Con riferimento invece ai due atti di disposizione del patrimonio non comunicati dal ricorrente, il Tribunale ritiene che gli stessi debbano essere valutati non rispetto all’obbligo di completa ricostruzione della situazione patrimoniale, considerato che, essendo decorso oltre cinque anni, gli atti stessi non sono più revocabili, bensì sotto l’aspetto del compimento di atti in frode ai creditori di cui all’art.7 comma 2 lett.2-quater L.3/2012: nello specifico, a tale nozione viene attribuito il medesimo significato attribuito nella disciplina del concordato preventivo (vedi art.173 l.f.), per cui si considera fraudolenta la condotta di omessa informativa connotata da una valenza decettiva, la quale è stata esclusa nel caso concreto, considerato che l’incompleta rappresentazione non è stata idonea a falsare i presupposti (nella specie, la conoscenza dell’effettiva consistenza patrimoniale attuale), sulla base dei quali i creditori sono stati chiamati ad esprimere il loro voto.

Nel caso in esame, infatti, il sovraindebitamento era stato determinato da illeciti, commessi dal soggetto ricorrente in qualità di socio e legale rappresentante di una società sportiva, quali l’omessa o parziale indicazione di fatture di vendita in contabilità e l’indebita detrazione di Iva su fatture relative ad operazioni in parte oggettivamente inesistenti.

A seguito della presentazione di una proposta che prevedeva un fabbisogno complessivo di € 100.708,00, derivante, per € 10.708,00, da un anticipo sul piano pensione, e per € 90.000,00 dall’apporto di finanza esterna da parte di un terzo, l’OCC attestava la fattibilità e la convenienza, sia sotto il profilo finanziario che temporale, dell’accordo proposto, rispetto all’alternativa liquidatoria, considerato che: a) l’attivo ritraibile nell’ipotesi di accordo risulta superiore rispetto a quanto ritraibile dalla liquidazione del patrimonio del debitore e consente il soddisfacimento di ulteriori creditori che, in ipotesi liquidatoria, non riceverebbero alcuna soddisfazione; b) i creditori verrebbero maggiormente soddisfatti rispetto all’alternativa liquidatoria; c) l’accordo garantisce un soddisfacimento del ceto creditorio più immediato.

Il Giudicante, dopo aver escluso che sussista l’ipotesi dell’abusivo ricorso alla procedura di accordo di composizione della crisi, ritenendo che l’elemento soggettivo della preordinazione risulta fortemente stemperato in concreto dalla circostanza che il ricorrente abbia strutturato la proposta di accordo prevedendo l’apporto, mediante finanza esterna, di un’utilità persino maggiore di quella corrispondente al valore degli atti dispositivi taciuti al ceto creditorio, ha verificato la sussistenza di tutti i presupposti per procedere all’omologa della proposta in esame ai sensi dell’ art.12 comma 3-quater L. 3/2012, richiamando la condivisibile valutazione del gestore in termini di convenienza della stessa.

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