Costituzione del supercondominio ipso iure et facto
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFCorte di Cassazione, Ordinanza del 07.04.2023 n. 9551, Sez. II, Presidente Dott. F. Manna, Estensore Dott.ssa V. Pirari
«Ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere “ipso iure et facto”, se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti, trattandosi di una fattispecie legale in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale di accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc.) in rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme sul condominio, anziché quelle sulla comunione».
CASO
Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, Tizio, in qualità di condomino del Condominio Strada Via Monte Sei Busi in Genova, adiva l’Ufficio del Giudice di Pace del Capoluogo ligure, dopo aver ricevuto la notifica di formale atto di precetto con il quale lo si intimava a pagare una somma di denaro relativa a spese condominiali.
Più precisamente, Tizio in alcune occasioni aveva partecipato alle spese di manutenzione della strada non quale condominio bensì come titolare di diritto reale di godimento – nella specie di servitù di passaggio – con riferimento unicamente al primo tratto della ridetta strada utile al raggiungimento delle sue proprietà (unità immobiliare ad uso abitativo e due box).
Il Condominio, tuttavia, aveva iniziato ad addebitargli spese riconducibili ad un tratto di strada sul quale non insisteva alcuna servitù. Rispetto a tali spese, infatti, l’attore in primo grado chiedeva la revoca del titolo esecutivo opposto.
Il Condominio Gamma, si costituiva in giudizio sottolineando che il supercondominio, il quale si estendeva dalla strada privata di Via Monte Sei Busi, era stato costituito successivamente alla delibera assembleare del 4 novembre del 1999.
Detta circostanza veniva ribadita anche in sede di assemblea condominiale del 12 aprile 2006, alla quale partecipava regolarmente Tizio, per delega, ed esprimendo voto favorevole.
Orbene, nel corso di successive assemblee condominiali, veniva approvato – in presenza di Tizio che non avanzava alcuna obiezione – il regolamento di utilizzo della anzidetta strada nonché le tabelle millesimali di ripartizione delle relative spese: per tali ragioni venivano addebitate nei confronti dell’attore, le spese relative al consuntivo per l’esercizio dell’anno 2014/2015, il relativo riparto, ed il preventivo del successivo esercizio del 2015/2016.
Il Giudice di Pace di Genova, con sentenza n. 862 del 2017, accoglieva l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da parte del Condominio convenuto, così revocando il titolo esecutivo.
Avverso detta sentenza, il convenuto in primo grado proponeva appello innanzi Tribunale di Genova il quale, con sentenza n. 634 del 2018, accoglieva il gravame riformando la sentenza del giudice delle prime cure.
Segnatamente, il Giudice di seconda istanza, confermava il decreto ingiuntivo opposto, concedendo la definitiva esecutività e condannando altresì Tizio al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio a favore del Condominio appellante.
Soccombente in secondo grado, Tizio proponeva ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi.
Si difendeva con controricorso il Condominio.
Le parti infine depositavano le rispettive memorie.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 9551 del 7 aprile 2023, respinto il primo motivo, accoglieva il secondo e terzo motivo di ricorso, ritenendo il quarto motivo assorbito, e cassava la sentenza con rinvio al Tribunale di Genova, in diversa composizione, per un nuovo esame della questione.
Rimetteva, infine, al Tribunale di Genova la decisione sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
QUESTIONI
Con il primo motivo il ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere il Giudice dell’appello sostenuto che il menzionato supercondominio fosse stato costituito alla luce della presunzione di comproprietà della strada ai sensi dell’art. 1117 bis, c.c..
Il ricorrente sosteneva che detta presunzione non veniva mai vinta e confermata dai titoli di acquisto, sicchè secondo Tizio, il giudice del gravame avrebbe fondato la decisione su argomentazioni – relative appunto alla comproprietà – mai dedotte dal Condomino del Capoluogo ligure in nessuno dei gradi giudizio, inibendo in tal senso il diritto alla difesa sul punto da parte di Tizio.
Tizio, invero, argomentava quanto segue “al momento dell’acquisto dei propri immobili, non esistevano né la strada privata, all’epoca ancora in costruzione, né tutti gli edifici posti in fondo alla medesima, realizzati con diversi progetti nei successivi quarant’anni, sicchè non era neppure prevedibile che, in futuro, quella strada avrebbe avuto la funzione di accesso per i predetti caseggiati; che il proprio titolo di acquisto non contemplava anche la strada privata; che la sua proprietà era posta nel punto della stessa più vicino alla strada pubblica e che il suo transito attraverso quella privata era avvenuto a titolo di servitù, come evidenziato anche dal condominio”.
La Corte di Cassazione riteneva tale motivo infondato.
A ben vedere, dal tenore letterale della sentenza impugnata, si evince come il Condominio si fosse difeso sostenendo la di lui qualità di condomino nel supercondominio di Via Monte Sei Busi, da che ne derivava la deduzione della comproprietà del bene oggetto della lite in esame.
Occorre specificare che per supercondominio – rectius anche “condominio orizzontale” – si intende una speciale figura di creazione giurisprudenziale indicante un complesso di edifici ovvero di condomini i quali condividono determinati servizi ovvero aree (es. cortili o piscine), in forza di specifiche modalità previste all’interno di un regolamento.
Secondo la lettera della giurisprudenza di legittimità, il supercondominio si costituisce “ipso iure et facto” senza la necessità di espressioni di volontà dei condomini ovvero di approvazioni in sede di assemblea “allorché plurime unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari abbiano in comune ex art. 1117 c.c. talune cosi, impianti e servizi legati, attraverso una relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e perciò appartenenti pro quota ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei fabbricati, salvo che il titolo o il regolamento non dispongano altrimenti, atteso che la natura specificamente condominiale risiede nella relazione di accessorietà tra la parte comune servente e la pluralità di immobili serviti, a prescindere dalla circostanza che questi ultimi integrino un condominio unitario ovvero più condomini, e che il supercondominio unifica più edifici, costituiti o meno in distinti condomini, entro una più ampia organizzazione condominiale, legata dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni, in rapporto di accessorietà con i fabbricati, sì da essere soggetto alla disciplina del condominio e non a quella generale della comunione”[1].
Pertanto nel caso di specie, nel momento in cui i giudici del merito rilevavano che la strada oggetto di controversia fosse adibita al servizio necessario di una moltitudine di fabbricati anche condominiali e di “costruzioni varie”, che la medesima situazione creasse i presupposti per la costituzione di un supercondominio ai sensi dell’art. 1117 bis, c.c., ed infine, che le delibere dell’assemblea avessero approvato una situazione già esistente di fatto e di diritto, i medesimi giudicanti non affrontavano una nuova circostanza né, tantomeno, inciso “sul fatto sotteso alle deduzioni del condominio, dando luogo alla necessità di svolgere indagini differenti e minando, in tal modo, il diritto di difesa del ricorrente”, considerato che il rimando al contenuto dell’art. 1117 bis, c.c., era già ricompreso all’interno degli scritti difensivi delle parti in causa.
Con il secondo motivo, il ricorrente censurava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 bis, c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere il giudice di merito accertato che il terreno di proprietà del venditore costruttore rappresentasse una parte comune del supercondominio, così sottoposta alla presunzione di comproprietà rispetto a coloro che ne godevano, potendosi riscontrare nella “relazione alla situazione e/o destinazione del bene in un momento successivo rispetto alla data del titolo di acquisto”.
Sul tema il ricorrente rilevava, negandolo, che la strada in questione potesse essere sottoposta alla presunzione di condominialità di cui al già citato art. 1117 bis, c.c., in primo luogo in quanto l’area sulla quale insisteva non era stata annoverata nel titolo di acquisto – essendo al contrario stata indicata come confine e pertanto rimasta di proprietà esclusiva del solo venditore – ed in secondo luogo perché al momento dell’acquisizione non vi insisteva nessuna strada, né fabbricati ai quali la medesima potesse effettivamente “servire”, al contrario di quanto previsto per l’applicazione della presunzione di condominialità la quale richiede che “natura e destinazione del bene esistessero al momento dell’acquisto”.
Con il terzo motivo, il ricorrente censurava l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere il giudice di seconde cure omesso di considerare la circostanza in forza della quale, all’atto di acquisto non sussistessero né la strada – ancora in costruzione – né gli edifici poi estesi lungo il tratto di strada successivo all’immobile di sua proprietà.
Circostanze, queste, dirimenti per determinare l’insussistenza della ridetta presunzione di condominialità ai sensi e per gli effetti dell’art. 1117 bis, c.c. affermata dal giudicante, né altrimenti prevedibili al momento dell’acquisto, né ancora previste nel suo titolo di acquisto.
Con il quarto motivo, il ricorrente infine lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 ss., c.c., e delle norme interpretative dei contratti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere il giudice del merito interpretato in maniera errata il contratto alla luce del quale Tizio aveva acquisito la proprietà dell’unità immobiliare abitativa e del box auto, senza contare che l’area in cui successivamente sorgeva la strada non era contemplata dal contratto – il quale prevedeva la comproprietà della zona antistante i box auto, indicata come confine – nonché che la strada fosse munita di identificazione catastale autonoma all’interno del contratto di vendita, che l’area di sedime della strada non fosse pertinenziale all’immobile, che la servitù di passaggio si era formata per destinazione del padre di famiglia ovvero per usucapione e che per pertanto dal negozio erano pacificamente evincibili elementi contrari all’applicazione della presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 bis, c.c.
La Corte di legittimità riteneva dover esaminare il secondo ed il terzo motivo congiuntamente in ragione della loro connessione e fondatezza.
Secondo i giudici della Corte di Cassazione, l’azione volta all’accertamento della qualità di condominio, dell’inclusione di una unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un “condominio edilizio”, giacché relativo alla sussistenza del rapporto di condominialità ai sensi dell’art. 1117 c.c., non deve essere avanzata nei confronti dell’amministratore del condominio, ma richiede l’integrazione del contraddittorio – perché necessario – nei confronti di tutti coloro che partecipano al condominio[2].
Da ciò ne deriva che laddove, come nel caso in esame, una tale questione venga posta all’attenzione del giudicante in un giudizio d’impugnazione di delibera assembleare – ove il legittimato passivo è l’amministratore di condominio – può essere oggetto di accertamento unicamente in via incidentale e “funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell’atto collegiale, ma privo di efficacia di giudicato in ordine alla estensione dei diritti reali dei singoli”[3].
Nella presente controversia i giudici del merito rilevavano come la situazione di fatto fosse riconducibile a quella “che porta alla costituzione di un supercondominio, per cui le delibere cui fa riferimento la difesa dell’appellante non hanno che ratificato una situazione già esistente di fatto e per legge” poiché trattasi “di una strada che necessita ai vari frontisti per raggiungere le rispettive proprietà e ciò vale pacificamente anche per il Sig. Tizio”.
Inoltre rilevavano che (i) le cose, impianti e servizi – accessori con gli altri fabbricati – siano di proprietà dei singoli proprietari delle unità immobiliari (in ragione delle singole quote di ciascuno) laddove il titolo non disponga diversamente; (ii) che i singoli titoli di acquisto non disponevano niente relativamente alla strada oggetto di controversia – eccetto in merito alla comproprietà di una porzione minima – né vi era la costituzione di servitù di passaggio sulla medesima e che pertanto in mancanza di disposizioni di senso contrario non vi era motivo per escludere la presunzione di comproprietà.
Orbene, considerato che la dimostrazione della comproprietà non è necessaria ove siano coinvolte cose che per la loro natura siano riconducibili a cose comuni del condominio o del supercondominio ai sensi dell’art. 1117 c.c., non viene presa in considerazione la circostanza per cui la lettera della norma in esame – superabile da quanto eventualmente previsto all’interno dell’atto costitutivo del condominio “ossia dal primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto e dal conseguente frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali, senza che rilevi quanto stabilito nel regolamento condominiale se non allegato, come parte integrante, al primo atto d’acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni”[4] – non possa trovare applicazione quando al momento della costituzione non sussistano le condizioni per la nascita del condominio[5] da intendersi quale “unitaria conformazione del compendio” ed il richiamato collegamento tra opere comuni asservite alle singole proprietà – nel caso in esame tra strada ed i singoli fabbricati di proprietà esclusiva – dovendo peraltro escludere che sia rilevante l’eventuale collegamento postumo.
In sintesi per determinare la natura condominiale di un determinato bene non è sufficiente verificare il collegamento con una o più proprietà esclusive ovvero il rapporto di accessorietà con le medesime – bensì risulta necessario che la condizione di contitolarità siano sussistenti nel momento in cui il soggetto acquisti la proprietà esclusiva di determinati beni “atteso che la proprietà condominiale costituisce una particolare declinazione della comunione, che si caratterizza per il collegamento funzionale del bene con le proprietà esclusive, senza prescindere dalla comproprietà di esso”.
Orbene, nel momento in cui vengano accertati detti presupposti non può non essere preso in considerazione lo stato dei luoghi presente alla formazione del titolo: detto stato di fatto, infatti, escludendone l’operatività ove “a quella data manchi addirittura il fabbricato (o i fabbricati in caso di supercondominio), sul quale possano venire a coesistere, anche potenzialmente, proprietà esclusive e proprietà accessorie e complementari ad esse, destinate a rimanere in comunione pro quota per necessità pratiche derivanti dall’uso o dell’utilità o dal godimento di tutti”[6] – con la conseguenza in dette ipotesi non ha efficacia l’atto costitutivo del condominio.
Nella controversia in esame i giudici del merito accertavano che il solo uso comune della strada fosse sufficiente ad integrare il dettato normativo dell’art. 1117 c.c., tralasciando di verificare le modalità attraverso le quali il supercondominio si fosse costituito e di verificare inoltre l’atto dal quale lo stesso traesse origine – elemento ancora più rilevante dovendo considerare che nell’elenco non sono ricomprese le strade.
Dall’accoglimento dei motivi comporta l’assorbimento del successivo quarto motivo – relativo all’interpretazione del titolo di proprietà del ricorrente Tizio – il quale è conseguente alla questione della verifica delle condizioni di applicabilità degli artt. 1117 e 1117 bis del Codice civile.
[1] Cass. Cvi. N. 27097/17, ma anche Cass. Civ. n. 19939/12.
[2] Cass. Civ. n. 16679/18.
[3] Cass. Civ. n. 17022/19.
[4] Cass. Civ. n. 21440/22.
[5] Cass. Civ. n. 17022/19.
[6] Cass. Civ. n. 1887/62.
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