I costi di produzione della documentazione bancaria secondo l’ABF
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFLe problematiche inerenti al reperimento e alla produzione della documentazione bancaria giungono spesso all’Arbitro Bancario Finanziario.
Relativamente ai costi addebitabili alla clientela per l’accesso alla documentazione bancaria (art. 119, comma 4, TUB: «Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione»), gli intermediari creditizi devono indicare al cliente, al momento della richiesta, le presumibili spese.
Il predetto articolo deve essere interpretato nel senso di garantire all’utenza un accesso agli atti tempestivo ed economico: nel contemperare gli interessi in gioco, la norma in questione ha inteso ancorare i costi addebitabili alla parte debole ad un criterio indennitario anziché remunerativo; la norma, in realtà, consente all’intermediario di conseguire non già un compenso forfetario a ristoro del generico dispiego di tempo e di energie occorsi per estrarre i documenti richiesti, quanto piuttosto di recuperare i costi effettivamente sostenuti per recuperare tali documenti. In altri termini, occorre verificare che, sull’importo richiesto dall’intermediario per la produzione della documentazione, non sia surrettiziamente caricato un corrispettivo per il servizio di ostensione (ABF Milano n. 20985/2021).
È diffuso il convincimento che debbano essere recuperati dalla banca solo i costi vivi sostenuti per la ricerca e la produzione della documentazione (ABF Milano n. 69/2010; ABF Napoli n. 2453/2011; ABF Roma n. 1432/2013; ABF Napoli n. 28.9.2015, n. 7600; ABF Napoli n. 3759/2015; ABF Napoli nn. 1183/2017 e 2308/2017; ABF Milano n. 2609/2017). Sicuramente censurabili appaiono richieste di esborsi di entità tale da pregiudicare l’esercizio del diritto del correntista di acquisire la documentazione bancaria.
L’ABF ha rilevato che con gli attuali sistemi di archiviazione elettronica questi costi non possono che essere contenuti (ABF Milano n. 2609/2017; ABF Napoli n. 1183/2017). In particolare, le tre fasi necessarie ad adempiere alla richiesta di un cliente – ricerca, riproduzione, spedizione – devono essere valutate in concreto. L’Arbitro ha ribadito il principio che i costi di produzione sono i costi vivi affrontati dall’intermediario e che tali costi, per quanto possano essere calcolati anche forfettariamente, devono essere sempre riferiti ai singoli documenti (il contratto, l’estratto conto, ecc.), non alle pagine delle quali si compongono. I costi inoltre devono essere ragionevoli: nella fattispecie esaminata, il Collegio ha stabilito che il costo di 10 euro deve essere riferito al singolo documento invece che alla singola pagina.
Tale principio (costi addebitati congrui e proporzionati) vale anche in presenza di previsioni difformi dei fogli informativi: «il costo deve essere sottoposto a una verifica di congruità, anche se risulta conforme ai fogli informativi messi a disposizione della clientela, così da escludere che su tale importo sia caricato in modo non trasparente un corrispettivo per il servizio richiesto» (ABF Bologna n. 11171/2018). Dello stesso tenore, più di recente, sono le conclusioni di ABF Milano n. 20985/2021: « il costo richiesto dagli intermediari per l’esibizione documentale va sempre sottoposto ad un vaglio di congruità, da effettuarsi alla luce della comune esperienza, secondo un parametro di ragionevolezza e senza che sia, a tal fine, necessario che l’intermediario fornisca la prova analitica dei costi volta per volta sostenuti».
L’ABF ha precisato, altresì, che l’intermediario non può subordinare la dazione dei documenti al previo pagamento della somma richiesta. Il cliente ha un diritto pieno all’informazione bancaria, con la conseguenza che i documenti devono essere rilasciati previa la sola richiesta da parte dell’interessato. Salvi casi manifesti di abuso nell’esercizio del diritto, la banca non può condizionare il rilascio dei documenti al previo pagamento dei costi di produzione (ABF Milano n. 20985/2021).
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30 Novembre 2021 a 14:13
Senza dubbio di rilievo la decisione di Abf Milano in relazione ai costi, ex art. 119 tub.
In ogni caso, in ambito bancario/creditizio, assai significativo e singolare risulta altresì il recentissimo approdo ermeneutico/esegetico del Collegio meneghino in tema di opposizione alla devoluzione dei rapporti bancari cointestati, caduti in successione, di cui alla Dec. n. 21516 del 13 ottobre 2021.
Oggetto della controversia è la nota questione relativa al diritto del coerede alla liquidazione pro quota delle somme e dei titoli relativi ai rapporti caduti in successione, nel caso di rifiuto dell’intermediario di liquidarli perché un altro coerede ha manifestato la propria opposizione.
In subjecta materia non si può fare a meno di richiamare le più recenti decisioni arbitrali:
– ABF, Collegio di Palermo, 23 giugno 2021, n. 15500, secondo cui “a fronte della formale opposizione dei coeredi ed in presenza di un’apposita previsione pattizia, il Collegio reputa legittimo il rifiuto della banca di dar seguito alla richiesta della ricorrente e rigetta il ricorso”;
– ABF, Collegio di Torino, 26 febbraio 2021, n. 5059, la cui conclusione è stata “nel dare atto che, in presenza di opposizione del coerede, non era possibile procedere a liquidare la quota del 50 % dell’attivo del conto, come il richiedente domandava, la Banca non ha dunque fatto altro che attenersi alle condizioni contrattuali pattuite”.
Il Collegio meneghino precisa innanzitutto che sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione a sezioni unite, la quale, con la sentenza n. 24657 del 28/11/2007, che ha chiarito come i crediti del de cuius non si dividano automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrino a far parte della comunione ereditaria, specificando, tuttavia, che ciascuno dei partecipanti ad essa può agire singolarmente per far valere l’intero credito ereditario comune o anche la sola parte di credito proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi; precisa, infine, che la partecipazione al giudizio degli altri coeredi può essere richiesta dal convenuto debitore in relazione ad un concreto interesse all’accertamento nei confronti di tutti, della sussistenza o meno del credito. Il principio è stato confermato dal Collegio di Coordinamento dell’Abf, che, con la pronuncia n. 27252/2018, ha inoltre precisato che il pagamento compiuto dall’intermediario resistente a mani del coerede ricorrente ha efficacia liberatoria anche nei confronti dei coeredi, i quali potranno far valere le proprie ragioni solo nei confronti del coerede soddisfatto.
L’Abf milanese ribadisce che l’opposizione dell’intermediario alla liquidazione della quota può giustificarsi unicamente sulla base di disposizioni contrattuali relative ai rapporti caduti in successione e sottoscritti dal de cuius che prevedano il necessario concorso di tutti i coeredi in caso di opposizione anche di uno solo di essi (cfr., le decisioni 9784/2020 e n. 9794/2021; v. anche la decisione del Collegio di Torino n. 5951/2021).
Il Collegio arbitrale osserva, poi, che l’intermediario resistente, pur non sollevando alcuna eccezione in merito alla qualità di eredi della parte ricorrente e delle cointestatarie del ricorso, ha motivato il proprio rifiuto della liquidazione da loro richiesta sulla base dell’opposizione di altra coerede e dell’art. 8 delle Condizioni generali relative al rapporto banca-cliente, sottoscritte dal de cuius, il quale così recita, per quanto rileva in questa sede:
“Art. 8 – Cointestazione del rapporto […]
3. Nel caso di morte […] di uno dei titolari del rapporto, ciascuno degli altri cointestatari conserva il diritto di disporre separatamente del rapporto. Analogamente lo conservano gli eredi del cointestatario, che saranno però tenuti ad esercitarlo tutti insieme […]. 4. Tuttavia nei casi di cui al precedente comma, la banca deve pretendere il concorso di tutti i cointestatari e degli eventuali eredi […] quando da uno di essi le sia stata presentata o recapitata opposizione in forma scritta […]”.
A questo punto, – ed ecco il quid veramente innovativo elaborato dal Collegio lombardo – viene asserito che
“ Come giustamente rilevato dalla parte ricorrente, tuttavia, la clausola in questione non attiene alla liquidazione della quota dei rapporti bancari intestati al de cuius, ma alla facoltà di disporre di – e, quindi, di operare su – rapporti cointestati nel caso di decesso di uno dei cointestatari.
La clausola in questione non può pertanto essere invocata dall’intermediario al fine di rifiutare la liquidazione delle quote ereditarie spettanti alla parte ricorrente e alle cointestatarie del ricorso.”
Donato Giovenzana – Legale d’impresa