Coppia omosessuale: dichiarata l’adozione dei figli del partener nati da maternità surrogata
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFTribunale per i minorenni di Milano, sentenza del 10 ottobre 2018
Adozione in casi particolari
(art. 44 legge n. 184/1983, legge n. 76/2016)
L’adozione dei minori, nati maternità surrogata, da parte del partner del genitore biologico realizza il preminente interesse degli stessi, formalizzando da un lato una situazione di fatto già esistente, caratterizzata da un legame già esistente e riconosciuto, e dall’altro, dando loro garanzie aggiuntive rispetto all’attuale situazione, sotto il profilo economico e soprattutto affettivo, in caso di necessità di supplire a eventuali assenze del padre biologico.
CASO
Un uomo si rivolgeva al Tribunale per i Minorenni di Milano per fare dichiarare l’adozione ai sensi dell’art. 44 lett. d) L. 184/83 di due gemelli, figli biologici del proprio compagno, con il quale aveva una stabile relazione (dall’anno 1999).
Essendo nato nella coppia il desiderio di essere genitori, avevano fatto ricorso alla maternità surrogata, e con l’aiuto di due donne, una che forniva l’ovulo e l’altra che portava avanti la gravidanza, nascevano i due gemelli, accolti sin da subito come propri figli, anche dal padre non biologico, e dai nonni come propri nipoti.
Il ricorrente, che dalla nascita dei piccoli, si era sempre occupato di fornire loro cure affettive e primarie, chiedeva di potere adottare i minori ai sensi dell’art. 44 lett. D.
Il Tribunale disponeva le indagini di rito sulle consuetudini di vita del ricorrente da parte dei Servizi sociali al fine di verificare a) l’idoneità affettiva e la capacità di educare, istruire il minore, la situazione patrimoniale ed economica, la salute e l’ambiente familiare degli adottanti; b) i motivi per i quali l’adottante desidera adottare il minore; c) la personalità del minore, d) la possibilità d’idonea convivenza, tenendo conto della personalità dell’adottante e del minore.
Il padre dei minori ribadiva il proprio assenso all’adozione e il Pubblico Ministero, motivava il proprio favore all’accoglimento del ricorso.
SOLUZIONE
Secondo i giudici milanesi, il ricorrente fin da subito aveva svolto un ruolo educativo ed affettivo del tutto equiparabile a quello del padre naturale, divenendo figura genitoriale a tutti gli effetti anche sotto il profilo sociale.
Tali fatti erano stati confermati dagli operatori dei servizi sociali che avevano constatato la serenità e il benessere di entrambi i minori.
Sulla base degli accertamenti compiuti, l’adozione dei minori da parte del ricorrente realizzava il preminente interesse degli stessi, formalizzando da un lato una situazione di fatto già esistente, caratterizzata da un legame già ampiamente riconosciuto e conosciuto anche nel loro ambito sociale, e dall’altro, dando loro garanzie aggiuntive rispetto all’attuale situazione, sotto il profilo economico e soprattutto affettivo, in caso di necessità di supplire a eventuali assenze del padre naturale.
Sotto il profilo giuridico, il ricorso è stato proposto ai sensi dell’art. 44 lett. D legge n. 184/83, poiché la legge 20 maggio 2016 n.76, che disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto, non ha modificato l’art. 44 lett. B della legge sulle adozioni, non estendo all’unione civile quanto già disposto per le coppie unite in matrimonio, ovvero non prevedendo la possibilità di adottare il figlio biologico del partner (c.d. stepchild adoption).
Non essendo consentito dalla legge italiana alle coppie non coniugate, anche se unite civilmente, di accedere alla c.d. adozione legittimante (che presuppone lo stato di abbandono del minore e determina la totale rescissione della relazione del minore adottato con i componenti della famiglia d’origine), per adottare il figlio biologico del compagno, le coppie omosessuali devono utilizzare il disposto della lettera D dell’art. 44, che riguarda l’ipotesi di impossibilità di affidamento preadottivo del minore.
L’adozione in casi particolari ha proprio lo scopo di favorire il consolidamento dei rapporti tra il minore e i parenti o le persone che già si prendono cura di lui, prevedendo effetti più limitati ma presupposti meno rigidi. Così facendo si rende prevalente la finalità di proteggere il minore se mancano le condizioni che consentono l’adozione ordinaria.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, la “constatata impossibilità di affidamento preadottivo” del minore, deve essere interpretata in modo estensivo-evolutivo, come indicato dalla Corte di Cassazione n. 12962/2016, ritenendo sufficiente una c.d. “impossibilità di diritto” di giungere all’affido preadottivo, estendendola quindi anche ai minori non in stato di abbandono.
In assenza della lettera D dell’art. 44, come interpretata evolutivamente dalla giurisprudenza di merito e poi di legittimità, il minore non avrebbe alcuna possibilità di usufruire dei benefici derivanti dal rapporto adottivo, non essendovi altra norma che lo consentirebbe, se non al raggiungimento della sua maggiore età.
QUESTIONI
La sentenza in esame ribalta il precedente orientamento del tribunale minorile milanese, che nel 2016 aveva respinto la domanda di adozione presentata ai sensi dell’art. 44 lett. D, da parte di due donne che chiedevano reciprocamente di potere adottare l’una la figlia dell’altra (le bambine erano state concepite mediante inseminazione artificiale, in esecuzione di un progetto di genitorialità condivisa nell’ambito della loro stabile relazione sentimentale).
La decisione era stata poi riformata dalla Corte d’appello di Milano che aveva accolto entrambi i ricorsi dichiarando l’adozione incrociata delle minori, anche in forza della citata sentenza della Corte di Cassazione n. 12962/2016.
La giurisprudenza di merito è sempre più orientata verso l’accoglimento di analoghi ricorsi (ex multis Tribunale per i Minorenni di Firenze del 16.11.2017, Tribunale per i minorenni di Venezia del 31.5.2017, Corte d’Appello di Torino sezione Minorenni del 27.5.2016).
Anche la Corte Costituzionale ha riconosciuto alle unioni omosessuali, il diritto fondamentale di vivere liberamente la propria condizione di coppia, così com’è per le unioni di fatto fra persone di sesso diverso (Corte Costituzionale n.138/2010).
Il desiderio di avere dei figli, naturali o adottati, rientra nel diritto alla vita familiare, nel vivere liberamente la condizione di coppia, riconosciuto come diritto fondamentale.
Una diversa interpretazione della legge, che escluda la possibilità di ricorrere all’istituto dell’adozione in casi particolari alle coppie di fatto omosessuali, sarebbe in contrasto con gli artt. 14 e 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.