13 Giugno 2016

Controversie proprietarie vs. catastali: «Regolamento di confini» tra giudice ordinario e tributario

di Stefano Nicita Scarica in PDF

Cass. 16 febbraio 2016 n. 2950 (sent. – rv. 638359)

Pres. Rovelli  – Est. Biagio

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Giurisdizione – Giurisdizione ordinaria o tributaria – Controversia sulla proprietà – Contestazione dei dati catastali – Giurisdizione del giudice ordinario – Sussistenza – Limiti

(C.p.c. artt. 1,37;   D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2) 

[1]  Appartiene al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie tra privati, o tra privati e P.A., aventi ad oggetto l’esistenza ed estensione del diritto di proprietà, controversie nelle quali le risultanze catastali possono essere utilizzate a fini probatori; tuttavia, qualora tali risultanze siano contestate per ottenerne la variazione, anche al fine di adeguarle all’esito di un’azione di rivendica o regolamento di confini, la giurisdizione spetta al giudice tributario, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 e in ragione della diretta incidenza degli atti catastali sulla determinazione dei tributi. (Cassa e dichiara giurisdizione, App. Roma, 26/03/2013) 

 (Massima Ufficiale, CED Cassazione)                                                                             

CASO
[1] I due comproprietari di un immobile sito in un condominio citano avanti al Tribunale di Roma un altro condomino confinante. Nell’atto di citazione, parte attrice propone cumulativamente: a) l’accertamento della proprietà e dei corrispondenti confini, anche previa disapplicazione degli identificativi catastali; b) la richiesta di condanna degli organi competenti, tra i quali l’Agenzia del Territorio, ad apportare una serie di correzioni e rettifiche di vario genere dei relativi dati catastali.

Il Tribunale, ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, pronuncia sentenza non definitiva con cui dichiara il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice tributario, in ordine a capi di domanda specificamente individuati in quanto “relativi alla rimodulazione catastale, previa disapplicazione dell’attuale inquadramento”, delle unità immobiliari in questione. Nel 2013, la Corte d’appello di Roma rigetta l’appello proposto dagli attori avverso la sentenza di primo grado, osservando , da un lato, che le domande proposte nei confronti del confinante “non hanno, sotto il profilo giuridico, alcun punto di contatto con quelle rivolte nei confronti dell’Amministrazione finanziaria”; e dall’altro che “le risultanze catastali non spiegano alcuna influenza sulle liti giudiziali tra privati e non possono mai costituire titolo di diritti di natura privatistica”. In effetti, motiva la Corte, il privato che abbia ottenuto un titolo legittimo (che può anche essere costituito da una sentenza civile passata in giudicato), potrà comunque chiedere all’Amministrazione di adeguare i dati catastali. In caso di diniego, lo stesso potrà, poi, rivolgersi all’autorità giudiziaria. In tal caso, la giurisdizione sulla domanda di condanna dell’Amministrazione ad eseguire le variazioni richieste apparterrà sempre alle commissioni tributarie ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2.

SOLUZIONE
[1] La Corte, a sezioni unite, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. In motivazione la Cassazione, infatti, mostra di ritenere che il criterio di riparto, pur correttamente enunciato, fosse stato erroneamente applicato dai giudici di appello i quali avevano negato la giurisdizione anche per domande chiaramente volte all’accertamento della proprietà e dei confini.

QUESTIONI
[1] La pronuncia in esame è rilevante sotto diversi aspetti.
Innanzitutto, va evidenziato che sebbene il Tribunale avesse imposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, il giudice di appello (pur rigettando in toto il gravame) aveva lucidamente ritenuto in motivazione che le domande proposte nei confronti della parte privata non avevano, sotto il profilo giuridico, alcun punto di contatto con quelle rivolte nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. Nel caso in esame, invero, non pare rinvenibile alcuna di quelle forme di litisconsorzio che non consentono una separazione delle cause ex art. 103, comma 2, c.p.c., ovvero ex art. 104, comma 2, c.p.c. (casi di c.d. “litisconsorzio unitario” o “litisconsorzio necessario processuale”, riscontrabile in quelle fattispecie che costituiscano un litisconsorzio inizialmente facoltativo, ma che diviene necessario per ragioni di carattere processuale).
Nella pronuncia in oggetto, la Cassazione statuisce che, su domande volte all’accertamento della proprietà e dei confini, la giurisdizione spetta al giudice ordinario (v. SALANITRO, Le controversie sull’intestazione catastale tra giudice tributario e giudice ordinario, Riv. Giur. Trib., 2006, 5, 373-378. Sulle questioni pregiudiziali nelle sentenze non definitive ex art. 279 n.4 cpc: v. per tutti GARBAGNATI, Questioni pregiudiziali, dir. proc. civ., in Enc. Dir., XXXVIII, Milano, 1987, 70).
La sentenza in commento (e questo costituisce ulteriore aspetto di rilevanza) enuncia chiaramente la regola atta a delimitare l’ambito della giurisdizione tributaria, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2: il giudice tributario ha giurisdizione attribuita in via esclusiva e ratione materiae, indipendentemente dal contenuto della domanda e dalla tipologia di atti emessi dall’Amministrazione finanziaria (Cass., Sez. un., 27 settembre 2006, n. 20889; Cass., 23 dicembre 2009, n. 27209; Cass., 18 febbraio 2014, n. 3773). Requisito essenziale è costituito dal fatto che la controversia coinvolga l’esercizio del “potere impositivo sussumibile nello schema potestà/soggezione mentre la mancanza di un soggetto investito di potestas impositiva, comporta l’assenza anche del rapporto tributario” (cfr. Cass., 26 giugno 2009, n. 15031; Cass., 8 aprile 2010, n. 8312; Cass., 28 gennaio 2011, n. 2064;  Cass.,  26 marzo 2013, n. 7526). Quando, invece, oggetto del contendere sia la titolarità del diritto di proprietà, la giurisdizione va riconosciuta in capo al giudice ordinario (cfr. Cass., Sez. un., 14 giugno n. 13691; Cass., 26 luglio 2007, n. 16429).

In fine, la Suprema Corte nello stabilire che appartiene al giudice ordinario “la giurisdizione in ordine alle controversie tra privati, o anche tra privati e pubblica amministrazione, aventi ad oggetto la verifica della esistenza e della estensione del diritto di proprietà”, riconosce alle risultanze catastali (es. mappe catastali) una valenza di meri elementi di prova con carattere sussidiario (cfr. Cass., 30 dicembre 2009, n. 28103; Cass., 7 settembre 2012, n. 14993; Cass., 17 gennaio 2013, n. 1050).

In conclusione, secondo la soluzione fornita dalla Cassazione, quando la controversia si incentri sull’accertamento della proprietà ma si contesti anche la relativa intestazione catastale, dovrà prima celebrarsi un giudizio ordinario; soltanto dopo, se l’Amministrazione catastale non si conformi alla pronuncia attraverso corrispondenti revisioni catastali, si dovrà procedere con un giudizio dinanzi al giudice tributario.