Contratto di fornitura ed eccessiva onerosità sopravvenuta: l’impatto del Covid-19 sui contratti
di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Avellino, 29 giugno 2021, Giud. Di Matteo
Parole chiave
Contratto di fornitura – Covid-19 – Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta
Massima: “Nell’ambito di un contratto di fornitura concernente l’allestimento di un’attività di ristorazione, lo scoppio della pandemia di Covid-19, unitamente alle misure di contenimento adottate dal Governo, costituisce evento straordinario e imprevedibile che consente all’impresa di ristorazione di invocare la risoluzione del contratto – non ancora eseguito – per eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 c.c.”.
Disposizioni applicate
Art. 1467 c.c. (contratto con prestazioni corrispettive)
CASO
Due società stipulavano un contratto di fornitura in forza del quale la prima società (appaltatrice o venditrice) si impegnava a fornire alla seconda (committente o acquirente) determinati beni con posa in opera: si trattava dell’arredamento e, più in generale, dell’allestimento necessario per avviare un’attività commerciale di ristorazione. I lavori dovevano iniziare il 2 marzo 2020, ma – a causa dello scoppio della pandemia di Covid-19 e dell’introduzione delle misure di contenimento del Governo – la fornitura non ebbe luogo. Del resto, la società destinataria dell’allestimento si era vista costretta a risolvere consensualmente con il locatore il contratto di locazione dell’immobile da destinarsi all’attività ristorativa.
La società committente aveva però versato a titolo di acconto sul prezzo della fornitura l’importo di € 36.600. Essa agisce dunque in giudizio contro la controparte per ottenere la restituzione della somma. A questo fine, il ricorrente presenta una domanda di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, facendo leva sulla pandemia di Covid-19.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Avellino accoglie la domanda del ricorrente e dichiara risolto il contratto di fornitura per eccessiva onerosità sopravvenuta. In conseguenza della risoluzione, l’acconto versato dal committente deve essere restituito dall’appaltatore al committente.
QUESTIONI
L’ordinanza del Tribunale di Avellino merita di essere segnalata in quanto tocca una tematica (quella della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta) destinata ad acquisire di importanza per due vicende che si stanno verificando sui mercati internazionali: gli aumenti dei prezzi delle materie prime e, più in generale, l’inflazione. È ragionevole attendersi un incremento dei casi in cui le condizioni economiche iniziali dei contratti non potranno essere osservate, e – laddove non si riesca a rinegoziare consensualmente – si potrà giungere a risoluzioni dei contratti per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Peraltro la prima questione di cui si deve occupare il Tribunale di Avellino è di tipo diverso e riguarda la qualificazione del contratto intercorso fra le parti. I contraenti avevano denominato il contratto come “fornitura”. Nel nostro ordinamento, tuttavia, non esiste un contratto tipico di fornitura, dovendosi ricondurre il rapporto contrattuale – alternativamente – al contratto di “vendita” oppure al contratto di “appalto”. Mentre “la vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa … verso il corrispettivo di un prezzo” (art. 1470 c.c.), “l’appalto è il contratto col quale una parte assume … il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro” (art. 1655 c.c.). Nella vendita il carattere essenziale è il trasferimento della proprietà (ossia un “dare”), mentre nell’appalto il carattere essenziale è il compimento di un’opera o servizio (ossia un “fare”). Nel caso affrontato dal Tribunale di Avellino, la qualificazione è dubbia, poiché la fornitura con posa dell’allestimento contiene elementi sia della vendita (dei beni forniti) che del montaggio dei medesimi. Quando un contratto presenta elementi misti della vendita e dell’appalto, la giurisprudenza ritiene che debba prevalere il tipo contrattuale i cui elementi siano prevalenti.
Al di là però della corretta qualificazione del contratto, il tema centrale affrontato dal Tribunale di Avellino è quella della possibilità di ottenere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità. L’art. 1467 comma 1 c.c. prevede che “nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto”.
Presupposto dunque della risoluzione è un avvenimento straordinario e imprevedibile. Secondo la Corte di cassazione (19 ottobre 2006, n. 22396), l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per poter determinare, ai sensi dell’art. 1467 c.c., la risoluzione del contratto richiede la sussistenza di due necessari requisiti: da un lato, un intervenuto squilibrio tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto, dall’altro, la riconducibilità dell’eccessiva onerosità sopravvenuta ad eventi straordinari e imprevedibili che non rientrano nell’ambito della normale alea contrattuale. Il Tribunale di Avellino ritiene che la pandemia configuri un evento straordinario e imprevedibile, che supera i confini di una semplice congiuntura economica sfavorevole. L’evento “pandemia” può pertanto essere invocato come causa di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità.
Ritenuti sussistere gli estremi per la dichiarazione di risoluzione del contratto, si tratta di comprendere quali conseguenze ne derivino. L’effetto è quello della restituzione delle prestazioni che sono state rese. Poiché il committente aveva pagato un anticipo di € 36.600, il Tribunale di Avellino condanna l’appaltatrice a restituire detta somma.
La tematica dell’eccessiva onerosità sopravvenuta potrebbe tornare in auge anche con riferimento al fenomeno inflattivo. I precedenti della Corte di cassazione, datati, paiono contraddittori. Secondo una prima decisione della Corte di cassazione (8 giugno 1982, n. 3464) la sopravvenuta svalutazione monetaria, al pari di ogni altro avvenimento dal quale derivi lo squilibrio tra le prestazioni contrattuali, può giustificare la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità ai sensi dell’art. 1467 c.c. Secondo un’altra decisione della Corte di cassazione (23 giugno 1995, n. 7145), la svalutazione della moneta o l’aumento dei prezzi di mercato degli immobili, verificatisi successivamente alla stipulazione del contratto preliminare, non presentano i caratteri distintivi (straordinarietà e imprevedibilità) dei fatti che, a norma dell’art. 1467 c.c., giustificano la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.