Il contraddittorio per la dichiarazione di insolvenza delle banche in liquidazione coatta amministrativa
di Luca Andretto, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. I, 28 settembre 2023, n. 27524, ord. – Pres. Cristiano – Rel. Perrino
Parole chiave
Banche – Liquidazione coatta amministrativa – Amministrazione straordinaria – Stato di insolvenza – Legittimazione attiva – Commissario liquidatore – Commissario straordinario – Conflitto di interessi – Legittimazione passiva – Diritto di difesa – Rappresentanza legale
Massime
[1] In tema di liquidazione coatta amministrativa delle banche, il commissario liquidatore che richieda la dichiarazione dello stato di insolvenza della banca non è in conflitto di interessi qualora egli stesso abbia precedentemente ricoperto l’incarico di commissario straordinario della amministrazione straordinaria della medesima impresa bancaria. (massima ufficiale)
[2] Nel procedimento per la dichiarazione dello stato di insolvenza di un’impresa bancaria, il contraddittorio, per l’esercizio del diritto di difesa, deve essere instaurato nei confronti dei soggetti che ne avevano la rappresentanza legale nel momento al quale si fa risalire detta insolvenza. (massima non ufficiale)
Riferimenti normativi
Testo Unico Bancario, artt. 14, 72, 82; Legge Fallimentare, artt. 5, 15, 195, 202; Codice di Procedura Civile, artt. 78, 80.
CASO
Un istituto di credito soggetto alla vigilanza della Banca d’Italia viene posto in amministrazione straordinaria, con scioglimento del C.d.a. e nomina di un commissario straordinario. Successivamente, esso viene sottoposto a liquidazione coatta amministrativa e la Banca d’Italia nomina quale commissario liquidatore il medesimo soggetto che ricopriva la carica di commissario straordinario. Questi chiede l’accertamento giudiziario dello stato di insolvenza e il Tribunale individua, quali soggetti legittimati a contraddire, sia i legali rappresentanti al momento di apertura dell’amministrazione straordinaria, sia il commissario straordinario che aveva in seguito esercitato le funzioni e i poteri del disciolto organo amministrativo. La coincidenza soggettiva tra commissario liquidatore e commissario straordinario induce il Tribunale a nominare un curatore speciale per l’esercizio del diritto di difesa. Il procedimento viene, poi, istruito mediante acquisizione di una relazione scritta della Banca d’Italia, sulla scorta della quale viene dichiarata la sussistenza dello stato di insolvenza.
Confermata la sentenza in sede di reclamo, l’ex presidente dell’istituto di credito propone ricorso per cassazione lamentando: il conflitto di interessi dell’istante commissario liquidatore, che aveva gestito la banca in prima persona in qualità di commissario straordinario, con conseguente suo difetto di legittimazione attiva; l’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dell’intero consiglio di amministrazione dell’istituto; e l’omessa audizione della Banca d’Italia, la cui relazione scritta sarebbe priva di efficacia probatoria.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione respinge tutti i motivi di ricorso.
In primo luogo, la Corte ritiene che la coincidenza soggettiva tra commissario liquidatore della liquidazione coatta amministrativa e commissario straordinario della precedente amministrazione straordinaria non determini un conflitto di interessi idoneo ad incidere sulla legittimazione attiva a richiedere l’accertamento giudiziario dello stato di insolvenza dell’impresa bancaria, ma giustifichi, semmai, la nomina di un curatore speciale affinché si costituisca in luogo del cessato commissario straordinario.
In secondo luogo, la Corte ritiene che necessario contraddittore sia solo chi, per legge o per statuto, rivestisse la carica di organo rappresentativo generale dell’impresa bancaria nel momento al quale si fa risalire la sua insolvenza, con esclusione, dunque, degli amministratori privi di rappresentanza legale.
In terzo luogo, la Corte ritiene sufficienti l’acquisizione e la valutazione di una relazione scritta resa dalla Banca d’Italia e che la censura inerente all’omessa sua convocazione formale in udienza risponda, invece, a un vuoto formalismo.
QUESTIONI APPLICATE NELLA PRATICA
[1] L’art. 82, comma 2, TUB disciplina l’accertamento giudiziario dello stato di insolvenza di un’impresa bancaria sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, anche mediante rinvio alle disposizioni suppletive dell’art. 298 CCII (in precedenza, il rinvio era all’art. 195, commi 3-4-5-6, LF).
Il procedimento può essere introdotto “su ricorso dei commissari liquidatori, su istanza del pubblico ministero o d’ufficio”. Il mantenimento, in ambito bancario, di un’iniziativa ufficiosa da parte del Tribunale è eccezionale, essendo stata, invece, preclusa nella generalità delle procedure di liquidazione coatta amministrativa. Essa testimonia la permanenza di una impronta inquisitoria, che si giustifica in ragione del perseguimento di interessi costituzionalmente rilevanti. La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, rammenta a tal proposito che nei confronti degli istituti di credito “lo Stato assume il compito della difesa del pubblico affidamento, con un’ingerenza (voluta dalla stessa Costituzione: art. 47) che si giustifica perché la loro attività costituisce la più importante forma di mediazione nella realizzazione del risparmio e nell’agevolazione delle attività produttive”.
Alla luce di questa precisazione, si comprende come la Corte abbia potuto confermare la legittimazione attiva in capo a un commissario liquidatore che, avendo in precedenza gestito l’impresa bancaria ex art. 72 TUB quale commissario straordinario, verserebbe in evidente situazione di conflitto di interessi quantomeno potenziale. Lo stato di insolvenza potrebbe, infatti, essere sopraggiunto proprio nel corso dell’amministrazione straordinaria, dopo lo scioglimento autoritativo del c.d.a. della banca. L’impronta inquisitoria che a tutt’oggi contraddistingue l’accertamento dell’insolvenza in ambito bancario rende, peraltro, ancora attuale quanto già statuito tempo addietro dalla stessa Corte (Cass. civ., sez. I, 6 febbraio 1998, n. 1213, in Fall., 1999, 251): per un verso, va esclusa “ogni discrezionalità sia del Commissario che del P.M. nel promuovere l’accertamento – poiché entrambi agiscono in osservanza di norme imperative e rispondono in caso di omissione”; per altro verso, il Tribunale “non è vincolato alle deduzioni del richiedente ma deve accertare […] lo stato di insolvenza, mediante l’esame di ogni circostanza che emerga dagli atti acquisiti alla procedura”.
Il potenziale conflitto di interessi non rileva, dunque, sul fronte attivo della legittimazione ad agire, ma semmai sul fronte passivo. Avendo anch’egli gestito l’impresa bancaria, il commissario straordinario deve poter interloquire su quanto accaduto durante l’amministrazione straordinaria. Qualora, pertanto, vi sia coincidenza soggettiva con il commissario liquidatore dell’amministrazione coatta amministrativa e il procedimento sia stato introdotto proprio da quest’ultimo, la situazione giustifica la nomina di un curatore speciale che si costituisca esclusivamente nell’interesse del commissario straordinario, onde consentirgli l’esercizio del diritto di difesa senza soffrire i vincoli funzionali che gli deriverebbero dall’assunzione della nuova carica.
[2] L’art. 82, comma 2, TUB impone che, ai fini dell’accertamento giudiziario dell’insolvenza, vengano “sentiti la Banca d’Italia e i cessati rappresentanti legali della banca”. Le disposizioni suppletive dell’art. 298 CCII (come già quelle dell’art. 195 LF) integrano la disciplina richiamando, ma soltanto per il “debitore”, le “modalità” di convocazione in udienza mediante notificazione, previste per il procedimento volto all’apertura della liquidazione giudiziale (come già quelle previste per il procedimento volto alla dichiarazione di fallimento).
Le differenziate “modalità” di audizione rispondono al diverso ruolo rispettivamente svolto nel procedimento. L’impresa bancaria e i suoi legali rappresentanti, per le possibili conseguenze che la dichiarazione dello stato di insolvenza proietta sulla loro sfera giuridica, rendendo tra l’altro configurabili alcune fattispecie di reato (cfr. art. 343 CCII e art. 237 LF), assumono la qualità di parte e, pertanto, debbono essere posti “in grado, nella fase anteriore alla dichiarazione del Tribunale, di affermare e dimostrare le proprie ragioni e di avanzare le proprie richieste” (Corte Cost., 27 giugno 1972, n. 110, in www.giurcost.org). Per contro, “tale qualità non può competere all’autorità di vigilanza, la cui sfera non è in alcun modo incisa dalla funzione giurisdizionale esercitata” (Cass. civ., sez. I, 10 ottobre 1992, n. 11085, in www.unijuris.it).
La Corte, in questa pronuncia, esclude anzitutto che tra i “cessati rappresentanti legali della banca” debba ricomprendersi il commissario straordinario dell’amministrazione straordinaria, giacché la sua nomina “non ha certo prodotto effetti più incisivi rispetto a quelli derivanti dalla successiva sottoposizione della società a liquidazione coatta, tali da escludere la persistenza, ai fini della legittimazione ad essere sentito e a interloquire, dell’organo ordinario di gestione”. La decisione è, sotto questo profilo, condivisibile e si conforma all’orientamento maggioritario (cfr. da ultimo Cass. civ., sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1645, in www.ilcaso.it, e Cass. civ., sez. I, 4 luglio 2013, n. 16746, in www.ilcaso.it), pur dovendosi dar conto dell’esistenza di un minoritario orientamento opposto (cfr. Cass. civ., sez. I, 2 dicembre 2010, n. 24547, in www.unijuris.it, e App. Bologna, 19 maggio 2016, in www.ilcaso.it).
Per il resto, adottando un’interpretazione letterale dell’espressione “cessati rappresentanti legali”, la Corte rigetta il motivo di ricorso con cui veniva lamentata l’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri amministratori dell’istituto bancario: essi erano, infatti, per legge e per statuto, privi del potere di rappresentanza legale generale. La decisione appare, sotto questo aspetto, discorde rispetto ad altra recente pronuncia (Cass. civ., sez. I, 27 dicembre 2023, n. 35959, ord., inedita), nella quale si è, in analogo contesto, riconosciuta la qualità di parte processuale alla generalità degli amministratori, “in quanto soggetti portatori di un interesse qualificato dall’aver ricoperto in passato cariche gestorie che li rende soggetti potenzialmente destinatari di azioni di responsabilità o di conseguenze di natura penale, correlate al collocamento temporale della dichiarazione di insolvenza”. Quest’estensione della legittimazione passiva parrebbe più aderente alla ratio della norma; ma occorre evidenziare come, in quest’altra fattispecie, gli amministratori privi di rappresentanza legale avessero manifestato concretamente il proprio interesse qualificato, spiegando intervento volontario nel procedimento di accertamento dell’insolvenza.
Da ultimo, la Corte di Cassazione respinge altresì il motivo di ricorso inerente all’omessa audizione della Banca d’Italia, ritenendo adeguate l’acquisizione e la valutazione di una relazione scritta. Il coinvolgimento dell’autorità di vigilanza viene, in sostanza, ritenuto funzionale a scopi prettamente informativi e consultivi, alla stregua dell’assunzione ufficiosa d’informazioni ex art. 213 CPC presso la pubblica amministrazione. Poiché la Banca d’Italia non riveste la qualità di parte processuale, la sua convocazione in udienza risponderebbe, dunque, secondo la Corte, a “un vuoto formalismo”.
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