7 Aprile 2021

Conto corrente cointestato: morte di un contitolare, prelievo totale da parte dell’altro Responsabilità della banca?

di Alessandra Sorrentino, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. II, ord., 19.03.2021, n. 7862 – Pres. Di Virgilio – Rel. Criscuolo

Successioni – Deposito bancario cointestato – Prelievo dell’intero importo da parte di un cointestatario – Posizione della Banca

(art. 1854 c.c.)

[1] Nel caso in cui il deposito bancario sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere, sino all’estinzione del rapporto, operazioni, attive e passive, anche disgiuntamente, si realizza una solidarietà del lato attivo dell’obbligazione che sopravvive alla morte di uno dei contitolari, sicché il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell’altro,  l’adempimento dell’intero saldo del libretto di deposito a risparmio e l’adempimento così conseguito libera la banca verso gli eredi dell’altro contitolare.

CASO

Le attrici proponevano azione di reintegra della loro quota di legittima, vantata sulla successione della madre, nei confronti degli eredi del convivente di questa, poi istituito erede testamentario, e dell’Istituto di credito, presso cui la defunta aveva un conto corrente cointestato con il convivente.

Le attrici affermavano che, a seguito del decesso della propria madre, quest’ultimo aveva prelevato l’intero saldo del conto corrente cointestato, e ritenevano la Banca responsabile in quanto, pur essendo a conoscenza del decesso, non si era opposta a tale prelievo.

La domanda delle attrici veniva rigettata in primo grado e la pronuncia del Tribunale veniva confermata dalla Corte d’Appello, che osservava che la defunta, con testamento olografo, aveva attribuito l’usufrutto sui beni relitti al convivente e che nella denuncia di successione erano state indicate anche delle somme giacenti su un conto corrente aperto presso la Banca convenuta, del quale la de cuius era cointestataria con il convivente.

Le attrici lamentavano un inadempimento contrattuale della Banca, che non aveva osservato gli obblighi scaturenti dal contratto di deposito bancario, permettendo all’altro cointestatario di prelevare l’intera somma, pregiudicando così il diritto delle attrici alla loro quota successoria.

La Corte d’Appello escludeva la responsabilità della Banca per avere le attrici concluso una transazione con gli eredi dell’erede testamentario; queste ultime avrebbero potuto, pertanto, far valere le proprie ragioni solo nei confronti di detti eredi e non dell’Istituto di credito.

Le attrici, tuttavia, insistevano per l’accoglimento della domanda formulata nei confronti della Banca, la quale veniva dichiarata prescritta dalla Corte d’Appello. Infatti, mentre il Giudice di prime cure riteneva che la produzione documentale in atti fosse prova dell’interruzione della prescrizione; invece, il Giudice del gravame riteneva che non si rinvenissero in atti documenti aventi tale effetto interruttivo.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello, una delle due attrici originarie proponeva ricorso per cassazione. 

SOLUZIONE

La Suprema Corte con l’ordinanza in commento ha evidenziato lo specifico obbligo della Banca, scaturente dalla disciplina del contratto bancario, di permettere al singolo cointestatario, anche dopo la morte dell’altro titolare del rapporto, di poter pienamente disporre delle somme depositate, ferma restando la necessità di dover verificare la correttezza di tale attività nell’ambito dei rapporti interni tra colui che abbia prelevato e gli eredi del cointestatario deceduto.

QUESTIONI

Nel caso di specie, gli Ermellini sono stati chiamati a decidere se la morte del cointestatario di un conto corrente bancario comporti la cessazione del rapporto con la Banca, impedendo pertanto ogni atto dispositivo sullo stesso da parte del cointestatario superstite.

La conclusione cui perviene la Suprema Corte, richiamando i propri precedenti in materia, è quella per cui i superstiti cointestatari con firma libera e disgiunta possono continuare ad operare sul conto corrente per l’intera giacenza, anche dopo il decesso di un cointestatario, e l’adempimento così conseguito libera la Banca verso gli eredi dell’altro contitolare.

E ciò in quanto si realizza una solidarietà dal lato attivo dell’obbligazione che sopravvive alla morte di uno dei contitolari.

Seguendo tale principio, la Cassazione ha ritenuto infondata la domanda proposta dalla ricorrente; talché anche il rilievo sulla prescrizione, eccepita dalla convenuta e riproposta in appello, non ha inciso sulla decisione.

La Cassazione ha, altresì, evidenziato che sussiste uno specifico obbligo della Banca, derivante dalla disciplina del contratto bancario, di permettere al singolo cointestatario, anche dopo la morte dell’altro titolare del rapporto, di poter pienamente disporre delle somme depositate, ferma restando la necessità di dover verificare la correttezza di tale attività nell’ambito dei rapporti interni tra colui che abbia prelevato e gli eredi del cointestatario deceduto.

Questo è quanto sinteticamente dispone l’ordinanza in commento, la quale, tuttavia, offre lo spunto per esaminare la disciplina del rapporto tra cliente e istituto di credito.

L’art. 1854 c.c., in materia di contratti bancari, regola il caso di conto corrente cointestato con firme disgiunte, ossia con facoltà per i correntisti di compiere operazioni anche separatamente, prevedendo che “gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”.

La norma suddetta, prevedendo la facoltà di utilizzo disgiunto del conto corrente ne facilita la gestione: uno qualsiasi dei correntisti può pretendere per intero l’adempimento dell’obbligazione derivante dal contratto di deposito bancario regolato in conto corrente, ovvero può prelevare l’intera somma a credito; più in generale ciascun correntista è legittimato a impartire ordini alla Banca, con effetto vincolante per tutti.

La regola della solidarietà attiva e passiva concerne, però, il rapporto obbligatorio esistente tra istituto di credito e titolari del conto.

Infatti, la disposizione dell’art. 1854 c.c. non riguarda i rapporti interni tra cointestatari, o tra gli eredi di questi ultimi, e non è, quindi, idonea a disciplinare l’effettiva titolarità delle somme depositate nel conto corrente.

Nei rapporti interni tra contitolari del conto, si applica la disposizione dell’art. 1298, co. 2°, c.c., in forza del quale, ove nulla di diverso sia addotto dalle parti interessate, le somme depositate si presumono appartenenti alla pluralità di intestatari in pari misura. Ciò significa che, da un lato deve presumersi che le somme presenti sul conto corrente cointestato spettino ai titolari in parti uguali; dall’altro è possibile per ciascun correntista dimostrare il contrario e cioè che, in realtà, le somme devono essere suddivise secondo criteri differenti.

I problemi principali si pongono nel caso di decesso di uno dei cointestatari, come nella fattispecie all’esame della Corte di Cassazione.

Ci si chiede, in tale ipotesi, se l’obbligazione solidale attiva sopravviva alla morte di uno dei contitolari.

La giurisprudenza di legittimità, come nel caso di specie, in più occasioni ha affermato che “nel caso in cui il deposito bancario sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere, sino alla estinzione del rapporto, operazioni, attive e passive, anche disgiuntamente, si realizza una solidarietà dal lato attivo dell’obbligazione, che sopravvive alla morte di uno dei contitolari, sicché il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell’altro, l’adempimento dell’intero saldo del libretto di deposito a risparmio e l’adempimento così conseguito libera la banca verso gli eredi dell’altro contitolare” (Cass. civ., 03.06.2014, n. 12385; Cass. civ., 29.10.2002, n. 15231).

Nel medesimo senso sono anche le decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario che ribadisce che gli istituti di credito devono corrispondere, al cointestatario superstite che lo richiede, l’intero saldo (ABF 06.08.2018, n. 16884; ABF 12.04.2018, n. 8128; ABF 13.03.2018, n. 5805; ABF 15.01.2018, n. 750; ABF 01.12.2017, n. 15951, secondo cui “(…) il rapporto tra i correntisti e la banca è disciplinato dall’art. 1854 c.c. che riconosce, in caso di firma disgiunta, il vincolo di solidarietà (attiva e passiva) in capo a ciascuno di essi nei confronti della banca; ciò legittima ciascuno dei correntisti a pretendere dalla banca il prelievo dell’intero saldo a prescindere dalla ripartizione in quote. Con specifico riferimento alla morte di uno dei cointestatari di un conto a firma disgiunta, la sopravvivenza del vincolo di solidarietà attiva in capo al contitolare superstite è riconosciuta sia dalla giurisprudenza di legittimità (cita le sentenze della Cass. civ., 29 ottobre 2002, n. 15231, Cass. civ., 03 giugno 2014, n. 12385) sia dall’ABF (cita le decisioni del Collegio di Roma, n. 1867/2016, n. 3020/2015, n. 7691/2015 e n. 7787/2014)”).

Sopraggiunta la morte di uno dei cointestatari, in mancanza di specifica previsione negoziale, e applicando i principi generali, il rapporto bancario continuerà immutato in capo agli eredi del de cuius, mantenendosi, in caso di firma disgiunta, quel carattere di solidarietà dal lato attivo che consente a ciascun correntista di disporre liberamente delle somme depositate.

Sebbene l’ordinanza in commento non dica nulla sul punto, va tuttavia precisato che la Banca può rifiutare l’ordine (ad esempio di prelevare l’intera giacenza) di un contitolare o di un erede del contitolare defunto solo in caso di opposizione, comunicata con lettera raccomandata, da parte di chi ne ha diritto. In tali casi, l’Istituto di credito procede al blocco del conto corrente nella misura del 50%, non potendosi pretendere indagini della Banca sull’appartenenza delle somme depositate.

In generale, poi, nonostante le numerose pronunce, come quella in esame, è prassi delle banche bloccare in ogni caso le quote in conto corrente, da un lato temendo azioni di responsabilità da parte degli eredi, per avere consentito ai cointestatari il prelievo di somme di competenza del defunto; dall’altro richiamando la normativa fiscale.

Infatti, l’articolo 48 del Testo Unico in materia di successioni e donazioni stabilisce che la Banca non può provvedere ad alcuna annotazione nelle scritture contabili né ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, se non è stata fornita la prova dell’avvenuta presentazione della dichiarazione di successione o se non è stato dichiarato per iscritto dall’interessato che non vi era obbligo di presentarla. Il Comitato di coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario ha affermato che la norma fiscale contenuta nell’articolo 48 del Testo Unico anche se «non incide sul profilo relativo alla legittimazione dei cointestatari, che resta regolata dalle disposizioni del Codice civile, impone un adempimento che può essere qualificato alla stregua di un vero e proprio vincolo di indisponibilità della somma. Da ciò deriva che la presentazione della denuncia di successione da parte degli eredi…costituisce una condizione senza la quale il debitore (la banca) può legittimamente opporre il mancato pagamento nei confronti del creditore pur legittimato ad esigere la liquidazione dell’intera somma».

Quella che qui si è appena accennata è, evidentemente, una questione complessa e tutt’altro che pacifica: lo conferma il fatto che si sia dovuti arrivare, più volte, fino in Cassazione per ottenere pronunce comunque non esaurienti, in quanto trascurano l’aspetto fiscale.

L’auspicio è che la materia trovi quanto prima una chiara ed univoca sistemazione a livello legislativo, eliminando le contraddizioni fra gli aspetti civilistici e quelli tributari.