Contenzioso bancario e principio di vicinanza della prova
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFIl c.d. principio di vicinanza della prova prevede che l’onere della prova debba essere ripartito tenendo conto in concreto della possibilità per l’uno o per l’altro dei contendenti di provare circostanze che ricadono nelle rispettive sfere d’azione, per cui è ragionevole gravare dell’onere probatorio la parte a cui è più vicino il fatto da provare (nei rapporti bancari, la banca, che predispone il contratto di finanziamento e gli estratti conto).
L’eccezionale rimedio probatorio rappresentato dal principio di vicinanza della prova, in quanto deroga alla regola generale sull’onere della prova, si giustifica solo in casi particolari nei quali l’onerato è in una condizione di impossibilità o grave difficoltà di adempiere; tale situazione, secondo la giurisprudenza di legittimità, non sussiste nei rapporti banca-cliente nei quali quest’ultimo si trova, al pari della banca, di regola nella piena disponibilità di tale documentazione; è parimenti escluso che il principio di vicinanza della prova possa “sanare” condotte negligenti dell’attore (ancor più se questi è un imprenditore con una propria organizzazione aziendale e contabile, su cui ricadono anche obblighi di conservazione della documentazione) (Cass., Sez. Un., n. 13533/2001 e Cass., Sez. Un., n. 141/2006; Cass. n. 6511/2016; Cass. n. 17923/2016; Cass. n. 28819/2017).
L’onere della prova ex art. 2697 c.c., non subisce deroghe né per effetto della natura dell’azione (accertamento negativo) proposta dal correntista né avuto riguardo al c.d. principio di vicinanza della prova: « l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, in tal caso la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo » (Cass. 7.5.2015, n. 9201; conf. Cass. n. 6511/2016; Cass. n. 29983/2017; Cass. n. 24641/2021).
Sulla base di questi presupposti, con espresso riferimento al contenzioso bancario, il richiamato principio di prossimità o vicinanza della prova, in quanto eccezionale deroga al canonico regime della sua ripartizione – secondo la regola ancor oggi vigente che impone un onus probandi ei qui dicit non ei qui negat – deve trovare una pregnante legittimazione che non può semplicisticamente esaurirsi nella diversità di forza economica dei contendenti (banca-cliente) ma esige l’impossibilità della sua acquisizione simmetrica, che nella specie è negata dall’obbligo richiamato dall’art. 117, comma 1, TUB, secondo cui, in materia bancaria, « I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti » (nei termini Cass. n. 6511/2016; conf. Cass. n. 31667/2019; Cass. n. 6050/2021; Cass. n. 19566/2021; Cass. n. 24641/2021; Cass. n. 4028/2022; Cass. n. 15033/2022).
Quanto precede è ancor più valido allorquando il correntista (specie se un soggetto professionalmente qualificato con obblighi di conservazione della documentazione contabile: ad es. una società, cfr. Cass. n. 6511/2016) non si sia attivato per ottenere dalla banca la documentazione mancante ex art. 119, comma 4, TUB e, successivamente, in assenza di riscontri, non abbia chiesto al giudice di ordinarne l’esibizione a norma dell’art. 210 c.p.c. (App. Milano 24.10 2017; Trib. Arezzo 22.1.2016). È stata anche valorizzata la circostanza che l’attore non abbia dedotto, all’atto della sottoscrizione del contratto di finanziamento, che non gli sia stata consegnata una copia del testo contrattuale (Cass. n. 19566/2021).
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