Contenzioso bancario e oneri probatori
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFNel contenzioso bancario è spesso disputata, ad es. in materia di anatocismo, la distribuzione degli oneri probatori che gravano su banca e correntista.
Secondo parte della giurisprudenza di merito, nel giudizio di ripetizione d’indebito, anche se la banca non abbia proposto domanda riconvenzionale, se non siano stati depositati gli estratti conto fin dall’inizio del rapporto e il saldo contabile risulti ‘negativo’ per il correntista, deve assumersi, quale base del riconteggio, un saldo di partenza pari a zero, in quanto il principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., deve essere adeguatamente temperato avendo riguardo al principio della vicinanza alla fonte della prova che le Sezioni Unite, n. 13533 del 2001, hanno elevato a criterio principe nella ripartizione dell’onere stesso (Trib. Brindisi 9.8.2012; conf. App. Lecce 23.9.2010; Trib. Ancona 18.11.2014 e 28.1.2015).
La più recente giurisprudenza di legittimità – da ultimo, Cass. 7.5.2015, n. 9201 – è invece ferma nel ritenere che l’onere della prova ex art. 2697 c.c. non subisce deroghe né per effetto della natura dell’azione (accertamento negativo) proposta dal correntista né avuto riguardo al c.d. principio di vicinanza della prova: “l’onere probatorio gravante, a norma dell‘art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto ‘fatti negativi’, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, in tal caso la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo”.
A siffatte condivisibili conclusioni giunge anche altra parte della giurisprudenza di merito che, proprio in riferimento al c.d. principio di vicinanza della prova, rileva criticamente che “porre uguale a zero lo stato del conto corrente a una certa data successiva al suo inizio, anziché, come risulterebbe dalla documentazione di causa, un saldo negativo, costituisce una manifesta violazione del principio che regola l’onere della prova, perché, appunto, premia chi l’onere non ha adempiuto pur avendone l’obbligo e sanziona chi l’onere non era tenuto a rispettare: con il c.d. saldo zero si abbuona al cliente, in definitiva, un saldo sicuramente negativo a una certa data, senza avere la prova che fosse negativo per colpa di illecite pratiche contrattuali dell’istituto piuttosto che per colpa della condotta morosa del cliente, e senza neppure avere la possibilità di accertamenti in proposito” (Trib. Arezzo 30.5.2013).