17 Marzo 2020

È consumatore chi rilascia una fideiussione per finalità estranee alla propria attività, ma comunque per garantire debiti di un professionista? La Cassazione cambia indirizzo

di Daniele Calcaterra, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ. Sez. VI, 16/01/2020, n. 742, Pres. Di Virgilio, Rel. Dolmetta

Consumatore – Fideiussione – Finalità estranea alla propria attività professionale – Collegamento con l’attività professionale del professionista – Deroghe alla competenza per territorio (artt. 3 e 33 lett. t) d.legisl. n. 206/2005; artt. 1936ss. c.c.)

 [1] Deve essere considerato consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità non inerenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa, nel senso che si tratti di atto non espressivo di questa, né strettamente funzionale al suo svolgimento (c.d. atti strumentali in senso proprio).

CASO

[1] La Banca Alfa ottiene un decreto ingiuntivo nei confronti di Tizio, quale fideiussore in relazione a quanto dovuto alla stessa Alfa da Caia, titolare della omonima ditta individuale, in ragione di un mutuo chirografario e uno scoperto di conto.

Il decreto ingiuntivo che veniva opposto sia da Tizio che da Caia, che sollevavano preliminarmente l’eccezione di incompetenza territoriale del giudice adito. La banca, infatti, aveva radicato la causa presso il foro di residenza del fideiussore (usando il foro del consumatore), nonostante i contratti di mutuo e di fideiussione prevedessero la competenza del giudice del luogo in cui aveva sede l’istituto di credito, ciò che gli opponenti rilevavano affermando la competenza del giudice del luogo indicato nei contratti.

Il giudice dell’opposizione, accogliendo l’eccezione degli opponenti, dichiarava la nullità del decreto ingiuntivo. Secondo il giudicante, infatti, ambedue i contratti indicavano la competenza del giudice del luogo in cui aveva sede la banca, salvo solo il foro del consumatore, qualora il cliente rivestisse tale qualità. Ma nel caso di specie, si affermava, poiché il mutuatario rivestiva la veste di professionista, la qualità di consumatore del fideiussore era assorbita da quella di professionista del primo. Pertanto, non operando l’eccezione rappresentata dal foro del consumatore, la banca aveva errato nel radicare la causa presso il giudice del luogo di residenza del fideiussore.

Avverso tale decisione viene sollevata istanza per regolamento di competenza da parte dell’istituto di credito.

SOLUZIONE

La Suprema Corte, mutando il precedente indirizzo, accoglie il ricorso, rilevando come la qualifica di consumatore in capo al fideiussore debba essere valutata in maniera a se stante, con esclusione quindi di qualsiasi interferenza legata al rapporto di accessorietà che lega la fideiussione al debito principale.

QUESTIONI

Va richiamato anzitutto il dettato dell’art. art. 3 lett. a, d.lgs. 206/2005 (cod. cons.) secondo cui è consumatore la persona fisica che agisca per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.

Ad una controversia avente ad oggetto il rapporto contrattuale tra un istituto di credito e il cliente-consumatore si applica quindi la disciplina del codice del consumo e, in particolare, trova applicazione il foro esclusivo del consumatore (art. 33, co° 2, lett. u) d.legisl. n. 206/2005), il quale esclude l’applicabilità di qualsiasi altro foro concorrente o alternativo.

I contratti di mutuo e di fideiussione posti all’attenzione della Corte contenevano però clausole di deroga del foro territoriale, in un caso in cui non vi era dubbio che il mutuatario (debitore principale) fosse un professionista e che il fideiussore fosse invece un consumatore. L’interrogativo che si è posto è quindi quello di stabilire se la qualità di professionista del debitore principale sia tale da attrarre e assorbire quella di consumatore del fideiussore, stante il rapporto di accessorietà che esiste tra fideiussione e debito principale.

In pratica, la Suprema Corte è stata chiamata a stabilire se il consumatore, che presti fideiussione a garanzia di un debito di un soggetto che non è consumatore, rimanga tale o debba considerarsi come soggetto diverso dal consumatore (cosiddetto professionista di riflesso o di rimbalzo).

Sul punto si segnalano diversi indirizzi interpretativi.

Il primo, quello più tradizionale (Cass. 16/24846; Cass. 16/16827; Cass. 11/25212; Cass. 06/13643; Cass. 05/10107; Cass. 01/314), non ritiene che il fideiussore possa qualificarsi come consumatore, se presta garanzia a favore di un soggetto professionale, in linea con quanto affermato anche in passato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-45/96), secondo cui la disciplina consumeristica è applicabile solo qualora il contratto principale (il mutuo, nel nostro caso) sia un “atto di consumo”, in quanto l’obbligazione del garante (contratto di fideiussione) ha natura accessoria. Il rapporto di interdipendenza tra il contratto principale e quello accessorio, cioè, sarebbe tale per cui ogni vicenda del primo si trasmette al secondo, con la conseguenza che occorre considerare il rapporto di accessorietà anche per stabilire l’applicabilità della disciplina del codice del consumo.

Per il secondo, rinvenibile sino ad ora in alcune pronunce limitate (Cass. 18/32225; Cass. 05/449), la conclusione dovrebbe essere invece diametralmente opposta.

La stessa Corte di Giustizia, tornando sui propri passi, ha infatti mutato opinione con nuove pronunce di segno opposto alla precedente (causa C-74/15 e causa C-534/15), in ragione del fatto che il consumatore si troverebbe, anche nel caso analizzato, in una situazione di inferiorità e come tale dovrebbe essere tutelato; l’esigenza di tutela sarebbe anzi ancor più pregnante nel caso del contratto di fideiussione, ove si consideri che spesso il contratto è concluso tra un istituto bancario (soggetto particolarmente qualificato) e un consumatore.

Poiché gli interventi del giudice europeo rivestono rilievo ai fini della ricostruzione del diritto interno (sul punto, Cass. 17/5381; Cass. 16/2468), la S.C., con l’ordinanza in commento ritiene quindi di dover abbandonare l’orientamento tradizionale in favore di quello in precedenza minoritario.

Ovviamente non si nega il rapporto di accessorietà tra il contratto principale e quello di garanzia, ma correttamente si limita tale interdipendenza solo al contenuto delle obbligazioni assunte, escludendosi con ciò che il rapporto di subordinazione di un contratto rispetto all’altro possa spingersi sino ad incidere sulla qualificazione di uno dei contraenti (se così non fosse, si potrebbe arrivare addirittura al paradosso di dover considerare consumatore ad esempio la banca, ove sia questa a prestare la fideiussione in favore di un consumatore).

All’esito di questo argomentare, la S.C. arriva allora a considerare consumatore il fideiussore-persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità non inerenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa, nel senso che si tratti di atto non espressivo di questa, né strettamente funzionale al suo svolgimento (c.d. atti strumentali in senso proprio). La conclusione cui giunge la Cassazione, quindi, è quella poi che occorre ritenere competente il Tribunale del consumatore, ossia il giudice originariamente adito dalla banca, per il fideiussore in quanto consumatore (nel caso di specie anche nei confronti del mutuatario, benché non consumatore, in quanto il contratto di mutuo conteneva l’indicazione di un foro territoriale alternativo ma non esclusivo nei rapporti mutuante-mutuatario).