7 Giugno 2022

Conflitto tra crediti prededucibili e prelatizi per garanzia reale nelle procedure da sovraindebitamento

di Carlo Trentini, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Milano 11 aprile 2022

CASO

In una procedura di liquidazione del patrimonio, un creditore ipotecario propone reclamo avverso un progetto di riparto parziale, chiedendone la riforma mediante la postergazione dei crediti dell’occ e dell’avvocato che aveva assistito il debitore nella procedura di composizione del sovraindebitamento, al credito ipotecario.

Deduce l’opponente che, a norma dell’art. 14-duodecies, comma 2, l. n. 3/2012, il ricavato della liquidazione del bene gravato da ipoteca (o pegno) dev’essere prioritariamente destinato alla soddisfazione dei crediti prelatizi reali, e che la soddisfazione dei crediti prededucibili è loro postergata; e che soltanto una volta che i crediti con prelazione reale siano stati soddisfatti per intero, è possibile provvedere alla soddisfazione dei crediti prededucibili.

Le questioni affrontate e la soluzione offerta

Come osservato nella decisione in rassegna, il tenore letterale dell’art. 14-duodecies, comma 2, della legge speciale sembra, obiettivamente, indicare una soluzione in linea con la tesi sostenuta dal creditore ipotecario. La disposizione, destinata specificamente alla disciplina della procedura di liquidazione del patrimonio, e che presenta un perfetto parallelismo con quella contenuta nell’art. 13, comma 4-bis, l. n. 3/2012, in tema di procedure negoziali da sovraindebitamento (accordo di ristrutturazione e piano del consumatore), sembra disegnare una disciplina diversa da quella contenuta nell’art. 111, comma 2, l.fall. che prevede la soddisfazione prioritaria dei crediti in prededuzione nelle “procedure concorsuali di cui alla presente legge”; tanto più che, anche graficamente, a norma del primo comma dello stesso articolo, “le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate nel seguente ordine…” e i crediti prededucibili, nell’elencazione numerica che segue, sono collocati sub n. 1 e soltanto dopo, al n. 2, “i crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute”.

Il Tribunale di Milano, dopo aver diligentemente richiamato gli argomenti a sostegno del reclamo (l’interpretazione analogica basata sull’art. 111-ter l.fall. sarebbe impedita dalla natura di norma speciale dell’art. 14-duodecies, comma 2, l. n. 3/2012), perviene alla soluzione opposta, sulla base delle seguenti argomentazioni:

  1. la legge 3/2012 contiene una disciplina speciale delle procedure da sovraindebitamento e, peraltro, queste procedure risultano ampiamente modellate sulla base della legge fallimentare e, in particolare, la liquidazione del patrimonio sulla scorta della procedura di fallimento;
  2. in assenza di richiami espressi, deve escludersi che la normativa speciale in tema di credito fondiario posa applicarsi alla procedura di liquidazione del patrimonio;
  3. in particolare, costituendo un principio generale della disciplina delle procedure concorsuali, dovrebbe ritenersi applicabile, in via analogica, l’art. 111-terfall. a tenore del quale il creditore ipotecario deve sopportare sia le spese prededucibili specificamente riferite alla liquidazione del bene, sia le spese generali della procedura, pro quota;
  4. su tali premesse, va condiviso l’orientamento già espresso da precedenti pronunzie, a tenore del quale anche nelle procedure da sovraindebitamento i creditori con prelazione reale devono dunque cedere di fronte ai crediti prededucibili per spese specifiche e generali pro quota;
  5. in senso contrario, non vale invocare il disposto dell’art. 111-bisfall. (la cui formulazione è sostanzialmente identica a quella dell’art. 14-duodecies), dal momento che tale norma non riguarda le spese generali, bensì gli altri crediti prededucibili.

Considerazioni

La decisione annotata costituisce un ulteriore tassello della disputa, in corso da qualche anno, circa l’interpretazione da dare all’art. 14-duodecies, comma 2, nonché all’art. 13, comma 4-bis, della legge n. 3/2012.

Vanno segnalati, degli opposti orientamenti, i seguenti precedenti:

  • a favore della tesi seguita dal Tribunale di Milano:

– Trib. Bari 3 giugno 2021, in Il Caso.it, 16.6.2021;

– Trib. Rimini 7 maggio 2021, in Il Caso.it, 16.6.2021;

– Trib. Como 18 dicembre 2019, in Il Caso.it, 11.3.2020;

– Trib. Napoli 16 novembre 2017, in Il Caso.it, 25.11.2017;

– Trib. Pistoia 17 novembre 2014, in www.coccostudiolegale.it;

  • in senso contrario (per la postergazione dei crediti prededucibili, anche specifici e generali pro quota):

– Trib. Mantova 7 giugno 2021, in Il Caso.it, 22.6.2021;

– Trib. Verona 21 agosto 2018, in Il Caso.it, 7.9.2018.

La tesi secondo cui il trattamento dei crediti prededucibili relativi alle spese di specifica imputazione alla conservazione e alla vendita dei beni gravati dalla prelazione reale si basa, fondamentalmente, sul seguente sillogismo.

Premessa maggiore: nelle procedure concorsuali, il disposto dell’art. 111-ter l.fall. (che mediante la previsione della tenuta di un conto speciale, antepone i crediti per spese specifiche e spese generali, pro quota, ai crediti muniti di garanzia reale) costituisce uno dei principî generali delle procedure concorsuali;

premessa minore: le procedure disciplinate dalla legge n. 3/2012 sono procedure concorsuali;

conclusione: il principio desumibile dall’art. 111-ter l.fall. è dunque applicabile, per analogia, alle procedure sovraindebitamentarie, tanto negoziali quanto di liquidazione del patrimonio.

Come talora accade, tale costruzione, apparentemente solida, non resiste ad un esame attento e che si prenda carico di vagliare non soltanto singole disposizioni o principî generali, ma che si faccia carico di una disamina generale della disciplina degli istituti.

Possiamo anche accettare la premessa maggiore[1]: se consideriamo il complesso delle procedure concorsuali, come regolate dalla legge fallimentare (e, assai presto, dal c.c.i.i.), nonché dalle varie leggi speciali (in particolare la legislazione in tema di amministrazione straordinaria e delle varie tipologie di liquidazione coatta amministrativa), dobbiamo prendere atto che la regola dettata dall’art. 111-ter l.fall. è assunta a principio generale, che trova applicazione, vuoi per disciplina diretta, vuoi in via analogica, alle procedure concorsuali tutte (salvo, si badi bene, quanto infra si specificherà).

Né è assolutamente in contestazione che le procedure di composizione del sovraindebitamento vadano annoverate tra le procedure concorsuali.

Le procedure sovraindebitamentarie negoziali hanno certamente natura di procedure concorsuali, non solo e non tanto[2] perché così sono definite nella legge speciale del 2012[3] le procedure di accordo di ristrutturazione[4] e di piano del consumatore, ma perché la giurisprudenza, tanto di legittimità[5] che di merito[6] ha riconosciuto loro detta natura; quali che siano le caratteristiche che le diverse scuole di pensiero ritengono qualificare la natura concorsuale di una procedura, i due istituti di composizione negoziale del sovraindebitamento presentano sicuramente quelle caratteristiche. Ancor più appare certa la natura di procedure concorsuali delle procedure sovraindebitamentarie del c.c.i.i.; a tal fine basti considerare come la disciplina del concordato minore sia dichiaratamente improntata al modello del concordato preventivo (cfr. art. 74, comma 4, c.c.i.i.), la ristrutturazione dei debiti del consumatore vada inquadrata tra i concordati coattivi, e la procedura di liquidazione controllata possa a giusta ragione definirsi un subgenus semplificato della liquidazione giudiziale, la cui normativa, richiamata esplicitamente (cfr. art. 275, comma 2, secondo periodo), fornisce l’imprinting ai corrispondenti istituti.

Anche la liquidazione del patrimonio del debitore si contraddistingue[7] per la natura di procedura concorsuale[8] non negoziale, i.e. liquidatoria. Depongono in tal senso:

i) l’espressa qualificazione (art. 6, comma 1) di tutte e tre le procedure previste nel capo II della legge[9] (ancorché l’argomento qualificatorio non sia decisivo, posto che la natura concorsuale di una procedura non dipende dalla definizione legislativa, quanto dalle sue caratteristiche di regime);

 ii) la cristallizzazione del patrimonio del debitore[10] e la sua acquisizione tendenzialmente integrale alla procedura[11];

 iii) l’affidamento della gestione dell’attivo ad un soggetto terzo, nominato dall’autorità giudiziaria[12];

 iv) il mancato perseguimento di finalità di risanamento[13].

Bene, dunque, circa le due premesse.

Ma ciò che proprio non può condividersi è la conclusione.

Date per corrette le premesse (maggiore e minore), per potersi applicare alle procedure sovraindebitamentarie un principio generale delle procedure concorsuali è necessario che nella disciplina delle procedure cui si vuole estendere tale norma non si rinvenga una norma speciale. Ed è proprio su tale punto che il sillogismo si manifesta fallace. La norma speciale c’è; anzi, ve ne sono ben due, una per le procedure negoziali (art. 13, comma 4-bis, l. n. 3/2012) ed una per le procedure di liquidazione del patrimonio (appunto l’art. 14-duodecies, comma 2, l. n. 3/2012).

Insomma, non difetta alcuna previsione specifica. Al contrario, nella legge c’è. E quando si è in presenza di una norma speciale, invocare interpretazioni per analogia o per principi generali dell’ordinamento è contra legem, posto che l’art. 12, primo comma, delle disposizioni sulla legge in generale dispone che, nell’interpretare la legge, non si può attribuirle “altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole”; e, a norma del secondo comma, il ricorso all’analogia legis così come, in ultima istanza, all’analogia iuris, è consentito soltanto se difetti “una precisa disposizione”[14].

Né può invocarsi l’art. 111-ter e la necessità di tenere un conto speciale proprio perché tale norma ha un senso nella legge fallimentare, in cui vige la regola dell’art. 111, primo comma, l.fall., della antergazione dei crediti prededucibili. Se nelle procedure da sovraindebitamento la regola è diversa, i.e. i prelatizi speciali non hanno priorità rispetto ai prededucibili, si vede bene come non c’è motivo di tenere un conto speciale.

Perché nelle procedure da sovraindebitamento la disciplina sia diversa da quella della legge fallimentare non è, poi, troppo difficile da chiarire. Il legislatore accompagna gli istituti di composizione del sovraindebitamento con un particolare favor, attesa anche la funzione sociale, ben nota, del superamento della situazione di minorità del debitore sovraindebitato: in tale ottica, si spiega, ad esempio, come nella procedura di piano del consumatore, i creditori non votino sulla proposta. Ma, allora, se interest rei publicae l’esdebitazione del sovraindebitato, si può anche spiegare che, al fine di limitare il più possibile le opposizioni dei creditori e quindi per agevolare il superamento del sovraindebitamento, il legislatore possa aver previsto che lo stesso diritto al compenso dell’occ e gli altri crediti in prededuzione possano essere sacrificati per una migliore soddisfazione dei creditori ipotecari e pignoratizi.

Prospettive di riforma

L’intera questione è destinata ad un nuovo assetto all’entrata in vigore del c.c.i.i. La prededuzione trova una disciplina generale, per tutte le procedure concorsuali (ivi comprese per definizione anche quelle sovraindebitamentarie) nell’art. 6 c.c.i.i., che, alla lettera a), menziona espressamente i crediti dell’organismo per la composizione delle crisi da sovraindebitamento; quanto all’ordine di soddisfazione dei crediti, l’art. 221 c.c.i.i., non diversamente dall’art. 111-bis, secondo comma, l.fall. pone sul gradino più alto quelli prededucibili.

Le ragioni del superamento della regola contenuta nella legge n. 3/2012 non sono di facile intelligenza e può anche essere che il legislatore abbia ritenuto di uniformare tale disciplina per renderla omogenea tra le varie procedure. Come che sia, al giurista non resta che prenderne atto.

[1] Ancorché, a onor del vero, una simile norma non sia prevista per la procedura di concordato preventivo. Per un’applicazione della regola in una procedura di amministrazione controllata, cfr. Cass. 14 gennaio 2004, n. 335.

[2] Poiché un asino non diventa un cavallo soltanto perché la legge lo qualifica per tale, ancorché la qualificazione legislativa possa essere assai rilevante, essa, di per sé, di certo non è decisiva, soprattutto con riferimento ad una nozione (quella di procedura concorsuale) della quale non esiste una definizione normativa e intorno alla quale i dibattiti, tanto in dottrina che in giurisprudenza, sono particolarmente accesi.

[3] Art. 6, comma 1: “Al fine di porre rimedio alle situazioni … non soggette né assoggettabili a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo …”, disposizione che attribuisce alle procedure di accordo e di piano la qualità di “procedure concorsuali”. Cfr. M. Perrino, La “crisi” delle procedure di rimedio al sovraindebitamento (e agli accordi di ristrutturazione dei debiti), in Giust. civ. 2014, 449.

[4] Secondo F. Di Marzio, Le principali novità apportate dal “Decreto Sviluppo-bis” alla disciplina del sovraindebitamento, in Il Fallimentarista.it, p. 6.12.2013, “a discapito del nome (nel testo della legge si parla appunto di accordo), si tratta di una vera e propria procedura concorsuale”. L’affermazione si basa sul presupposto che gli accordi di ristrutturazione non sarebbero una procedura concorsuale. Egualmente, ma con scritto risalente ad epoca anteriore alla riforma dell’autunno del 2012, R. Battaglia, La composizione delle crisi da sovraindebitamento del debitore non fallibile: alcuni profili problematici, in Dir. fall. 2012, I, 426, che contesta la tesi della natura di procedura concorsuale dell’accordo di composizione delle crisi da sovraindebitamento “al pari dell’accordo di ristrutturazione”, perché non vi sarebbe stato lo spossessamento del debitore né l’obbligo di rispettare il principio di parità di trattamento dei creditori. In senso contrario, ci permettiamo di richiamare C. Trentini, Piano attestato di risanamento e accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2016, 158 segg. Che tutte e tre le procedure della legge sul sovraindebitamento abbiano natura di procedure concorsuali è affermato anche da D. Vattermoli, La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto “oggettivamente” concorsuale, in Dir. fall. 2013, I, 764, nota 7.

[5] Cass. 12 aprile 2018, n. 9087, in Fall. 2018, 988, con nota di C. Trentini, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono una procedura concorsuale: la Cassazione completa il percorso.

[6] Cfr. Trib. Torino 11 novembre 2019, in Il Caso.it, p. 31.01.2020, desume l’applicabilità alle procedure da sovraindebitamento delle regole generali sulla liquidazione fallimentare e delle procedure concorsuali in genere, e segnatamente, della necessità che le vendite siano attuate mediante procedure competitive. Per la tesi della necessità di procedure competitive e l’impossibilità di disporre la cancellazione dell’ipoteca se il creditore ipotecario non è interamente soddisfatto v. Trib. Torino 7 maggio 2018, in Juris Data.

[7] Per le osservazioni che seguono riconosciamo il nostro debito principalmente verso D. Vattermoli, La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto “oggettivamente” concorsuale, cit., 768.

[8] Nella nozione di procedura concorsuale facciamo rientrare i caratteri della universalità e della generalità (menzionati da D. Vattermoli, La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto “oggettivamente” concorsuale, cit., 768), che non rappresentano, quindi, caratteri distintivi del fallimento (e della liquidazione del patrimonio del debitore) rispetto ad altre procedure concorsuali. Per la natura di procedura concorsuale della liquidazione del patrimonio v. anche F. Di Marzio, Introduzione alle procedure concorsuali in rimedio del sovraindebitamento, in F. Di Marzio-F. Macario-G. Terranova, La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, in Il Civilista, Milano, 2013, 14, che trova conferma di tale tesi nella previsione dell’art. 14-ter, comma 7, che dispone la sospensione degli interessi sui crediti concorrenti “ai fini del concorso”; G. Di Marzio, L’estensione e la tutela del patrimonio oggetto della liquidazione nella novella legislativa, in F. Di Marzio-F. Macario-G. Terranova, La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, cit., 83.

[9] G. Di Marzio, L’estensione e la tutela del patrimonio oggetto della liquidazione nella novella legislativa, in F. Di Marzio-F. Macario-G. Terranova, La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, cit., 83.

[10] Tale cristallizzazione trova manifestazione anche attraverso l’inopponibilità alla procedura delle cessioni dei crediti futuri (in particolare del quinto dello stipendio), per quanto attiene ai crediti non ancora maturati: cfr. Trib. Brescia 15 marzo 2019, in Il Caso.it, p. 12.11.2019.

[11] S. Leuzzi, La liquidazione del patrimonio dei soggetti sovraindebitati tra presente e futuro, in Il Caso.it, p. 9.3.2019, 9.

[12] S. Leuzzi, La liquidazione del patrimonio dei soggetti sovraindebitati tra presente e futuro, cit., 9; S. Giavarrini, La procedura di liquidazione del patrimonio nella legge 3/2012, in Giur. comm. 2016, 712.

[13] Tutte queste caratteristiche sono proprie del fallimento, della liquidazione coatta amministrativa e dell’amministrazione straordinaria “comune” (cioè indirizzata alla cessione): D. Vattermoli, La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto “oggettivamente” concorsuale, cit., 768.

[14] Parla di un vuoto normativo, F. M. Cocco, Conflitto tra crediti prededucibili e crediti ipotecari nella liquidazione dei beni e applicabilità per analogia dell’art. 111 ter L. fall.: giurisprudenza ancora divisa, in Diritto della crisi.it, 11.5.2022, § 5; ma la lacuna cui si riferisce l’A. è quella della mancata previsione della possibilità di un compenso per l’occ, nel caso in cui non vi siano altre attività da cui ricavare la liquidità per far fronte al credito dell’organismo (e alle altre spese prededucibili), affermando che, per ovviare, va ritenuta l’applicabilità in via analogica dell’art. 111-ter l.fall. A tali considerazioni, merita rispondere che adducere inconveniens non est solvere argumentum.

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