Il condomino in regola con i pagamenti può far valere con l’opposizione ex art. 615 c.pc. il beneficio di preventiva escussione del condomino moroso
di Stefania Volonterio, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile, Sez. II, sent. 17 febbraio 2023, n. 5043, Pres. Manna, Est. Scarpa
Atto di precetto – opposizione a precetto – condominio (Cod. Civ. art. 63 disp. att. – Cod. Proc. Civ. artt. 480, 615)
Massima: “Il condomino in regola con i pagamenti, al quale sia intimato precetto da un creditore sulla base di un titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti del condominio, può proporre opposizione a norma dell’art. 615 c.p.c. per far valere il beneficio di preventiva escussione dei condomini morosi che condiziona l’obbligo sussidiario di garanzia di cui all’art. 63, comma 2, disp. att. c.c., ciò attenendo a una condizione dell’azione esecutiva nei confronti del condomino non moroso e, quindi, al diritto del creditore di agire esecutivamente ai danni di quest’ultimo”
CASO
Due condòmini ricevevano la notifica di un atto di precetto da parte di un terzo che aveva ottenuto, nei confronti del condominio, alcune pronunce di condanna divenute definitive.
I due condòmini proponevano quindi opposizione a precetto ex art. 615 c.p.c. sostenendo la violazione dell’art. 63, comma secondo, disp. att c.c., per avere il creditore notificato l’atto di precetto a condòmini in regola con i pagamenti dovuti, e ciò senza aver preventivamente escusso i condòmini morosi.
Il giudice di primo grado rigettava però l’opposizione, ritenendo invece morosi i condòmini opponenti, che quindi impugnavano la decisione.
Il giudice dell’appello riformava la pronuncia del primo giudice, avendo rilevato, da un lato, che, in base ad una lettera che l’amministratore aveva inviato al creditore, i due condòmini opponenti risultavano in regola con i pagamenti dovuti, e che, dall’altro lato, il creditore non aveva dato prova, ai sensi dell’art. 63, comma secondo, disp. att. c.c., di aver preventivamente escusso i condòmini morosi, condizione necessaria per poter procedere esecutivamente verso i condòmini che morosi non sono.
Il creditore ricorreva quindi per cassazione lamentando la violazione del citato art. 63, comma secondo, disp. att. c.p.c..
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione chiarisce subito che la decisione impugnata ha fatto corretta applicazione della norma della quale il ricorrente ha lamentato la violazione.
L’art. 63, comma secondo, disp. att. c.c., infatti, nella formulazione successiva alla riforma della materia condominiale intervenuta ad opera della L. 220/2012, non ha superato i principi della nota sentenza della stessa Suprema Corte, a Sezioni Unite, n. 9148/2008, “nel senso che, in riferimento alle obbligazioni assunte dall’amministratore, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti dei terzi la responsabilità diretta dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione alle rispettive quote. A ciò si è unito, piuttosto, per le obbligazioni sorte dopo l’entrata in vigore della legge n. 220 del 2012, il debito sussidiario di garanzia del condomino solvente, subordinato alla preventiva escussione del moroso e pur sempre limitato alla rispettiva quota di quest’ultimo, e non invece riferibile all’intero debito verso il terzo creditore”, precisando che, per “condomino moroso”, deve intendersi quello che “non abbia versato all’amministratore la sua quota di contribuzione alla spesa necessaria per il pagamento di quel creditore”.
Il creditore che intenda quindi agire nei confronti di singoli condòmini per debiti condominiali, deve prima agire nei confronti di coloro che sono morosi e, precisa la Corte, “la condizione di morosità del condomino convenuto del creditore deve sussistere, peraltro, non soltanto al momento dell’introduzione del giudizio, incidendo, essa, piuttosto, sul diritto del terzo ad ottenere una sentenza di condanna, sicché è indispensabile che la stessa permanga al momento in cui al lite viene decisa”.
Si delinea così, dice la Corte, una posizione del condòmino non moroso “assimilabile a quella di un fideiussore”, poiché egli è “realmente obbligato (in via diretta verso l’amministratore, e in via indiretta verso il creditore) soltanto per la quota di debito proporzionata al valore della sua posizione, ed invece garante per le quote dei condomini inadempienti”.
Non solo. La Corte precisa che la preventiva escussione dei condòmini morosi, condizione necessaria per poter poi agire nei confronti degli “adempienti”, “richiede, di regola, l’esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso”, procedura che deve essere promossa e continuata “con diligenza e buona fede”, sicché “è il terzo creditore a dover provare l’insufficienza totale o parziale del patrimonio del condomino moroso preventivamente escusso, e l’eccezione del beneficio di escussione rileva non soltanto se in concreto sussistano bene da sottoporre ad esecuzione al momento della scadenza del credito, ma sempre che tale esecuzione sia altresì giuridicamente possibile, ipotesi che non si riscontra, ad esempio, in caso di condomino moroso assoggettato a liquidazione giudiziale, evento che per definizione esclude la sussistenza di beni da poter sottoporre ad esecuzione individuale”.
In conclusione, la Corte ribadisce che il condòmino in regola con i pagamenti gode del beneficio di preventiva escussione del condòmino moroso da parte del creditore, e questa preventiva ed effettiva escussione è “condizione dell’azione esecutiva nei confronti del condomino non moroso” la cui mancanza quest’ultimo può far valere in via di eccezione o mediante opposizione al precetto o all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.
QUESTIONI
La Corte di Cassazione ribadisce alcuni principi ormai consolidati nell’ambito delle esecuzioni forzate per debiti di un condominio.
È noto che la riforma del 2012, in uno con la giurisprudenza, ha cercato di trovare un contemperamento tra i diritti del creditore dell’ente condominiale e i diritti dei soggetti (i condòmini) che di quell’ente non solo fanno parte, ma che hanno già adempito al loro dovere nei confronti del terzo creditore, versando a mani dell’amministratore quanto di loro competenza per far fronte al debito del condominio.
La vita del creditore di un condominio che debba però procedere esecutivamente nei confronti dei singoli condòmini non è comunque semplice, soprattutto in concreto.
È infatti vero che l’art. art. 63, comma secondo, disp. att. c.c. prevede che l’amministratore “è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”, ma in caso di inadempimento a quest’obbligo, il creditore sarà anche onerato ad agire per avere questi dati.
Inoltre, ricordiamo che, secondo Cass. 19756/2022, “in tema di condominio negli edifici, non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, né per il tramite del vincolo solidale di cui all’art. 63 disp. att. c.c., né attraverso la previsione dettata in tema di comunione ordinaria di cui all’art. 1104 c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, nella specie per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente a tali lavori“, ponendosi così a carico del creditore anche un onere di verifica che, senza una estesa collaborazione dell’amministratore, potrebbe essere di difficile adempimento.
Inoltre, rammentando che è legittima non solo una convenzione che ripartisca le spese tra i condomini in misura diversa da quella legale, ma anche quella che preveda l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini, ci sono posizioni contrastanti sul fatto che tali convenzioni possano essere opposte al creditore, anche se pare davvero difficile estendere ad un terzo estraneo ai rapporti condominiali l’effetto, ad esempio, di una convenzione interna che esclusa taluno dei condomini dalla sopportazione di alcune spese.
In ogni caso, ricordiamo anche che, come ribadito da Cass. 20590/2022, “il creditore che intenda promuovere un’azione esecutiva nei confronti del singolo condomino, “pro quota”, sulla base di un titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti del condominio, deve previamente notificare il titolo in forma esecutiva a tale condomino, al fine di consentirgli lo spontaneo adempimento o le opportune contestazioni circa il proprio “status” di partecipe al condominio oppure circa la sua responsabilità per quella specifica obbligazione condominiale, pena la nullità del precetto, da denunciare nelle forme e nei termini di cui all’art. 617, comma 1, c.p.c.”, non essendo a tal fine sufficiente l’avvenuta notifica del titolo esecutivo al condominio.
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