Condominio: utilizzo del lastrico solare di proprietà esclusiva e divieti regolamentari – antenna telefonia cellulare
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFCorte di Cassazione civile, Sezione seconda, sentenza 10.9.2019 n.32685, Presidente F. Manna, relatore dott. Aldo Carrato
Impugnazione delibera condominiale, violazione articolo 1102 e 1122 c.c.
“I divieti ed i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, esplicito ed inequivoco; pertanto, l’individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti”.
CASO
La vicenda trae origine dall’impugnazione di una delibera condominiale che vietava ad uno dei condomini, proprietario di terrazzo esclusivo, l’installazione su di esso di un’antenna per telefonia cellulare e connessi impianti. L’impugnante deduceva con ricorso nei vari gradi di giudizio e sino a quello di legittimità, l’illegittimità della delibera sotto molteplici aspetti, deducendone conseguentemente la nullità e/o annullabilità per violazione articoli 1102 e 1122 cc.
SOLUZIONE
Tanto il Tribunale quanto la Corte d’Appello genovese rigettavano l’impugnazione, ritenendone infondati i motivi, poiché il ricorrente non avrebbe posto a fondamento della domanda la prova della proprietà esclusiva del lastrico solare, ma soprattutto in relazione alla corretta interpretazione del regolamento di condominio sulla c.d. “turbativa della tranquillità dei condomini”, asseritamente violata dall’installazione del manufatto.
Tuttavia il soccombente depositava ricorso per cassazione e la Suprema Corte accoglieva il gravame, per le motivazioni che di seguito si esporranno e cassava con rinvio la sentenza d’appello.
QUESTIONI
Varie sono le questioni sottese che si collegano, anche a precedenti commenti, del medesimo autore dell’articolo ed ai quali si rimanda[1].
In particolare, pur avendo il ricorrente articolato il ricorso per cassazione con svariati e “corposi” motivi, la Corte si sofferma ed accoglie il quarto motivo di gravame che: “ sul piano della preliminarità logica – va affrontato anticipatamente rispetto al terzo (che rimane perciò assorbito)”.
Nel rigetto del primo motivo di ricorso, la Corte richiama i suoi precedenti consolidati orientamenti, statuendo che il vizio di extrapetizione non è ravvisabile, allorquando la sentenza impugnata rimane nell’ambito di quanto dedotto dalle parti così come concretamente prospettato secundum iuxta alligata et probata, anche laddove la decisione afferisca ad una questione, non esplicitamente formulata, ma implicitamente contenuta nel thema decidendum.
Nella fattispecie, il Condominio aveva “allargato” le proprie difese e contestato quanto dedotto dall’impugnante, anche con riferimento all’illegittimità dell’antenna – sotto il profilo riconducibile alla protezione della salute umana, dall’inquinamento delle onde elettromagnetiche – ed alla violazione dell’articolo 7 del regolamento contrattuale, dettante limiti ulteriori e più pregnanti sull’utilizzo delle parti esclusive.
Anche nel rigetto del secondo motivo di gravame, la Cassazione rimarca la circostanza che i regolamenti contrattuali possano prevedere maggiori limitazioni alle proprietà esclusive, allorquando si tratti di tutelare “la tranquillità” degli altri condomini e si concretizzino in pregiudizio; nella fattispecie la previsione regolamentare risultava genericamente richiamare un divieto alle “attività moleste”, SIC !
Ciò nondimeno, la Suprema Corte esamina ed accoglie il quarto motivo di gravame, rimarcando che pur essendovi una previsione regolamentare di divieto all’utilizzo del lastrico solare esclusivo, allorquando l’utilizzo risultasse “molesto ai vicini”, esso divieto è da qualificarsi: “obiettivamente ampio e generico, poichè sarebbe stato idoneo ad includere qualsiasi attività in grado di produrre molestie più o meno indifferenziate e sarebbe stata sufficiente la mera opposizione della maggioranza condominiale per impedire la fruizione del godimento della proprietà esclusiva da parte di uno dei condomini”.
La Corte ancora una volta ha l’arduo compito di segnare il confine tra piena e completa espansione del diritto di proprietà (art. 832 c.c.) e limiti al suo utilizzo esclusivo in ambito condominiale, laddove tale limite è dettato dal regolamento contrattuale di condominio, allo scopo di impedire la costituzione di limiti ai diritti degli altri condomini ovvero come nella fattispecie in esame “molestia alla tranquillità”.
Nella fattispecie in commento, già la Corte d’appello genovese, ricostruiva il quadro normativo della materia in tema di inquinamento elettromagnetico, rilevando, come secondo lo stato delle conoscenze attuali, l’installazione di tali impianti siano assoggettati al “c.d. principio di precauzione”, ossia l’obbligo di osservare i limiti legislativamente imposti all’esposizione ed ai valori di attenzione di cui all’articolo 4 della legge n.36/01 ed al DPCM 8 luglio 2003; cosicchè la Cassazione, accogliendo il gravame, ha gioco facile nel qualificare come illegittima la clausola regolamentare che genericamente non preveda, in che cosa debbano consistere concretamente le molestie, specie a fronte della realizzazione di un’opera (antenna telefonia mobile), che rispettando il principio di precauzione, non rechi alcun pregiudizio ai condomini.
La Corte rimarca ancora una volta la necessità che i divieti ed i limiti di destinazione delle cose di proprietà individuale in condominio, debbano essere formulati attraverso i regolamenti (contrattuali) tanto mediante l’elencazione delle attività vietate, quanto attraverso i pregiudizi che si intendono evitare, ma in tale ultima ipotesi, risulta necessario che: “risultino da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, ovvero non suscettibile di dar luogo ad incertezze”.
Proprio compenetrandosi nel c.d. “diritto vivente”, con la sentenza in commento, la Suprema Corte intende segnare il solco in una materia nella quale risulta “intollerabile” incidere sui limiti di utilizzo delle proprietà individuali dei condomini, se non attraverso limitazioni/divieti, non astratti, ma in guisa della protezione di un interesse meritevole di tutela, attraverso l’interpretazione non già della clausola regolamentare in sé, bensì in ragione dell’attività e del correlato pregiudizio che la previsione intenda impedire.[2]
[1] Euroconference legal 15.gennaio 2019; Euroconference legal 28.5.2019, autore Saverio Luppino
[2] Cass. civ. n. 19229/14; Cass. civ. n.21307/16.
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