16 Marzo 2021

Concordato preventivo e strumenti finanziari partecipativi

di Giulio Marconcin, Avvocato Scarica in PDF

Trib. Ravenna, Sez. Fall., 29 maggio 2020 – Presidente R. Sereni Lucarelli – Rel. A. Farolfi

Parole chiave: Concordato preventivo – Ammissione – Piano concordatario – Datio in solutum – Strumenti finanziari partecipativi

Massima

Nel concordato preventivo è ammissibile la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante strumenti finanziari partecipativi (SFP), sotto forma di datio in solutum a favore dei creditori o di singole classi di essi. Con l’assegnazione degli SFP il concordato per quel creditore è eseguito integralmente.

Disposizioni applicate

Art. 160 l. fall.; art. 2346 cod. civ.; art. 1197 cod. civ.

Con la pronuncia in commento, il Tribunale di Ravenna, Sezione Fallimentare, affronta il tema dell’ammissibilità di una proposta concordataria che faccia ricorso alla categoria degli SFP quale modalità di soddisfacimento dei creditori alternativa rispetto a quella prevista in forma monetaria, il tutto secondo lo schema dell’art. 1197 cod. civ.

Nello specifico, il Tribunale si sofferma a illustrare le ragioni di tale ammissibilità, richiamando in particolare l’art. 160 l. fall., che ha sancito il principio di atipicità della proposta concordataria, e ammettendo la possibilità che il piano concordatario venga realizzato anche attraverso il compimento di operazioni di carattere straordinario.

CASO

Con ricorso ex art. 161, sesto comma, l. fall., la Cooperativa (OMISSIS) chiedeva al Tribunale di Ravenna di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo in continuità. La proposta era finalizzata a estinguere le passività non solo attraverso la generazione di flussi di cassa derivanti dalla continuazione dell’attività di impresa, ma anche attraverso l’emissione di SFP convertibili in obbligazioni il cui regolamento prevedeva il rimborso dei medesimi assegnati ai creditori chirografari mediante la distribuzione annuale di dividendi e riserve nella misura minima garantita del 10% dell’importo dei crediti oggetto di conversione entro la data del 30 giugno 2031.

Depositato il piano concordatario, la relazione del professionista e l’ulteriore documentazione prevista dall’art. 161 l. fall., il Tribunale romagnolo dichiarava aperta la procedura di concordato preventivo e differiva al 11 marzo 2020 l’adunanza dei creditori per sottoporre a voto la proposta concordataria. Raggiunto il quorum richiesto dall’art. 177, primo comma, l. fall., cui seguiva parere favorevole da parte dei commissari giudiziali, con decreto del 22 aprile 2020 il Tribunale fissava udienza ex art. 180 l. fall. per l’omologazione della proposta concordataria.

All’udienza si procedeva alla discussione delle opposizioni pervenute rispetto alla richiesta di omologazione. Una di queste contestava, in particolare, la legittimità del meccanismo di conversione del credito mediante datio in solutum costituita da SFP che, a detta dell’opponente, non avrebbero avuto valore economico e avrebbero altresì privato il concordato della possibilità di ottenerne la risoluzione.

SOLUZIONE

Con decreto emesso in data 29 maggio 2020, il Tribunale di Ravenna omologava la proposta di concordato preventivo evidenziando, inter alia, come l’utilizzabilità degli SFP in sede concordataria vada ricercata non solo nell’art. 160, primo comma, l. fall., ove parla espressamente di “attribuzione di … altri strumenti finanziari e titoli di debito”, ma anche nell’art. 2346 cod. civ., il cui ultimo comma stabilisce che “resta salva la possibilità che la società, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, le legge di circolazione”.

QUESTIONI

La pronuncia in esame offre l’occasione di approfondire la figura degli SFP e il loro utilizzo in ambito restructuring, con particolare riferimento alla procedura di concordato preventivo. Uno strumento cui negli ultimi anni si fa sempre più ricorso visti i vantaggi di cui il debitore può beneficiare, primo tra tutti la riduzione della leva finanziaria e l’incremento del proprio patrimonio netto.

Introdotti, in attuazione della L. delega n. 366/2001, all’art. 2346, sesto comma, cod. civ, gli SFP costituiscono un tertium genus nel diritto societario: si tratta infatti di titoli c.d. ibridi, una categoria intermedia tra le azioni e le obbligazioni che contiene sia elementi tipici delle azioni (o quote) sia una componente legata a passività quali le obbligazioni (o i titoli di debito).

Sono beni che possono formare oggetto di investimento, connotati da diritti patrimoniali e, ma non necessariamente, da diritti amministrativi; la disciplina codicistica è volutamente scarna, e lascia gli SFP come scatola vuota a disposizione degli operatori che la riempiranno di contenuti di volta in volta negoziati tra loro attraverso l’autonomia statutaria e contrattuale della società (cfr. R. Costi, Strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa – G.B. Portale, 1, 2006, 733 ss.).

Discusso in dottrina è l’inquadramento degli SFP. Se, da un lato, vi sono autori che ritengono si tratti sempre e comunque di un titolo di debito, secondo altri gli SFP potrebbero essere emessi tanto a fronte di un apporto di rischio, tanto a fronte di un apporto di credito (cfr. Notari, Le categorie speciali di azioni e gli strumenti finanziari partecipativi, in Il nuovo ordinamento delle società. Lezioni sulla riforma e modelli statutari, Milano, 2004, p. 54 ss.; Fimmanò , Assetti rigidi e assetti variabili nell’articolazione del patrimonio della S.p.A., in Giur. comm., 2005, I, 883; Giannelli, Sulla competenza a deliberare l’emissione di strumenti finanziari partecipativi, in Riv. dir. comm., 2006, I, 172; Bruno, Rozzi, Dall’azione di risparmio all’Azione sviluppo: il primo strumenti finanziario ibrido “qualificato”, in Società, 2008, 840; Abriani, Le azioni e gli altri strumenti finanziari, in Abriani, Ambrosini, Cagnasso, Montalenti, Le società per azioni, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, IV, I, Padova, 2010, 339; Colavolpe, Azioni e altri strumenti partecipativi nella s.p.a., Milano, 2010, 24 ss.). Altri sostengono, invece, che gli SFP incorporino una costante causale di rischio all’apporto (cfr. R. Costi, cit.; A. Valzer, Gli strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi nella società per azioni, Giappichelli, Torino, 2012).

Il ricorso agli SFP in ambito restructuring è peculiare in quanto l’apporto di risorse da parte del sottoscrittore non è mai rappresentato da nuova finanza, ma dalla conversione totale o parziale di precedenti crediti (spesso finanziari) in SFP. Non vi è tanto un cambiamento della liquidità aziendale – trattandosi sempre di debiti scaduti – quanto nella patrimonialità e dunque nella situazione finanziaria: con la sottoscrizione di SFP da parte di taluni creditori si ottiene, contemporaneamente, la riduzione della leva finanziaria e l’incremento del patrimonio netto del debitore.

La sfera dei diritti patrimoniali spettanti al creditore che abbia sottoscritto/convertito in SFP il proprio credito va compresa partendo dal piano (di ristrutturazione o concordatario) che disciplina la distribuzione dei proventi del patrimonio del debitore tra quest’ultimo, i sottoscrittori di SFP e gli altri creditori. Questi ultimi, tipicamente, percepiranno il denaro o le altre utilità previste dal piano, e nel rispetto della disciplina emergente dallo strumento utilizzato, dunque con riferimento agli ordini di prelazione nel concordato preventivo. Soddisfatte queste categorie di creditori, la liquidità e/o i beni ulteriori possono essere destinati ai titolari di SFP. Questi ultimi potranno avere diritto alla distribuzione di utili, riserve di utili o di capitale (inclusa la riserva SFP), al riparto del residuo attivo di liquidazione, fattispecie quest’ultima presente in tutti gli accordi aventi natura liquidatoria.

Tra i diritti amministrativi non è, invece, annoverabile il diritto di voto assembleare ex art. 2356, sesto comma, cod. civ. E’ invece consentita la partecipazione in assemblea del sottoscrittore di SFP (e, dunque, il diritto di intervento e di informazione sulla convocazione assembleare) e ogni altra forma di partecipazione alla vita societaria (cfr. M. Notari – G. Giannelli, Art. 2346, comma 6, in M. Notari (a cura di), Commentario alla riforma delle società, diretto da P.G. Marchetti – L.A. Bianchi – F. Ghezzi – M. Notari, Azioni, Milano, 2008). In ambito restructuring il creditore titolare di SFP potrebbe esercitare il diritto di nominare un amministratore indipendente o un componente dell’organo di controllo della società; il diritto di partecipare alle sedute assembleari ovvero consiliari (e di ricevere, dunque, gli avvisi di convocazione); il diritto di impugnare le deliberazioni assembleari; il diritto di votare su argomenti di competenza dell’organo amministrativo (cfr. Giacomo D’Attorre, Gli strumenti finanziari partecipativi nella crisi d’impresa, Il Diritto Fallimentare e delle Società Commerciali, 2, 2017; Busani-Sagliocca, Gli strumenti finanziari partecipativi nelle operazioni di restructuring, in Società, 2011, p. 925 ss.).

L’utilizzo di tale strumento nell’ambito del concordato è un fenomeno cui si è assistito in tempi recenti. In tale contesto il debitore può, come visto, formulare ai creditori una proposta ex art. 160 l. fall., finalizzata all’estinzione dei propri debiti non solo in forma monetaria, attingendo dai flussi di cassa generati dalla continuazione dell’attività di impresa (ove si tratti, ad esempio, di concordato in continuità ex art. 186-bis l. fall.), ma anche facendo ricorso a cessione dei beni, accollo e altri strumenti, tra cui l’attribuzione ai creditori di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito. Quest’ultima opzione si concreta in una datio in solutum che assegna SFP ai creditori, i quali non saranno interessati alla previsione dei flussi di cassa di cui al piano concordatario, ma focalizzeranno la loro attenzione sul piano industriale incluso nella proposta; saranno infatti le prospettive economiche e finanziarie della società emittente a generare i flussi di cassa e di reddito oggetto del diritto patrimoniale associato agli SFP. Una differenza rilevante se si considera che solo i primi sono sottoposti alla valutazione di fattibilità economica e giuridica degli organi della procedura.

Diversamente, infatti, nel secondo caso i controlli del Tribunale potranno spingersi sino alla validità della delibera di emissione degli SFP, alla legittimità del regolamento e delle procedure di conversione, essendo escluso ogni ulteriore giudizio sulla convenienza o meno della sottoscrizione degli SFP.

Elemento chiave di successo degli SFP sono le informazioni ai creditori assegnatari cui è subordinata la disponibilità degli stessi a votare la proposta concordataria. Sotto questo profilo, documentare il valore degli SFP mediante l’elaborazione di un apposito piano industriale e di una perizia potrebbe essere utile al fine di evitare contestazioni circa il diritto del creditore assegnatario di SFP a votare una proposta che, se omologata ed eseguita, avrebbe determinato l’automatica sottoscrizione di SFP alle condizioni stabilite. Il tutto, con conseguente estinzione dei relativi crediti.

Si pone cioè il tema di verificare se sia applicabile, in sede concordataria, la disciplina dell’art. 94 del D. Lgs. n. 58/1998 (Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria), che, in materia di offerta pubblica di acquisto, prevede l’obbligo di pubblicare un prospetto informativo volto a consentire all’investitore non qualificato di esprimere un giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell’emittente. La Consob si è espressa chiarendo come la norma de qua non sia applicabile in tale contesto posto che, diversamente dall’offerta pubblica, laddove la proposta concordataria preveda l’assegnazione di SFP, il creditore non potrebbe accettare individualmente né sarebbe libero di scegliere quali strumenti sottoscrivere (cfr. P. Rinaldi, Strumenti finanziari partecipativi come modalità satisfattiva principale nel concordato preventivo in continuità, in Fallimento, 1, 2021, 96).

Nel caso di specie non si sono posti particolari problemi poiché la ricorrente, pur non essendovi espressamente obbligata, aveva diligentemente sottoposto ai creditori assegnatari un apposito piano industriale e una perizia che hanno consentito loro di esprimere il voto previa adeguata informativa.

Pertanto, accertata l’ammissibilità dell’utilizzo degli SFP nell’ambito della procedura di concordato e rigettate integralmente le opposizioni formulate da alcuni creditori, il Tribunale ravennate omologava la proposta concordataria.