5 Novembre 2019

Concordato preventivo con cessio bonorum: risoluzione per scarso inadempimento?

di Marta Bellini, Avvocato e Professore a contratto Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. I, 31.7.2019, n. 20652 – Est. A. Pazzi – Pres. F. A. Genovese

Parole chiave: concordato preventivo – inadempimento – risoluzione

MASSIMA

In tema di procedure concorsuali, il concordato preventivo deve essere risolto, a norma della L. Fall., art. 186, qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, a meno che l’inadempimento non abbia scarsa importanza. Infatti, per tale verifica, la percentuale di soddisfacimento, che sia stata eventualmente indicata dal debitore, non è vincolante, salva l’assunzione di una specifica obbligazione intesa a garantirla; e tuttavia essa funge da criterio di riferimento utile ad apprezzare l’importanza dell’inadempimento: ne consegue che il concordato preventivo deve essere risolto, L. Fall., ex art. 186, solo qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione necessaria di soddisfare in una qualche misura i creditori chirografari e, integralmente, i creditori privilegiati ove non falcidiati.

Disposizioni applicate: 186 L. Fall.

La Suprema Corte, nell’analisi dell’art 186 L. Fall. (nella formulazione non più in vigore, conseguente alle modifiche di cui al D.lgs 9 gennaio 2006, n. 5 e prima di quelle intervenute con il D.lgs 12 settembre 2007 n. 169, introduttivo del requisito dell’importanza dell’inadempimento, applicabile alle sole procedure aperte successivamente al 1 gennaio 2008, e quindi anche a quella in esame), affronta nuovamente il tema della risoluzione del concordato con cessione dei beni qualora lo stesso si possa definire non adempiuto, ritenendo causa di inadempimento il mancato integrale soddisfacimento dei creditori privilegiati, oltre all’effettiva previsione di mancato pagamento dei creditori chirografari, qualora il piano omologato prevedesse in realtà l’integrale soddisfazione dei privilegiati e la parziale dei chirografari.

CASO

Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 101/2014 dichiarava su iniziativa del fallimento (OMISSIS) srl in liquidazione e della BANCA (OMISSISI) la risoluzione per grave inadempimento del concordato preventivo di (OMISSIS) spa in liquidazione, omologato con decreto del 18.6.2010, e apriva la procedura fallimentare.

Il Tribunale riteneva che l’impossibilità per il concordato omologato, il cui piano prevedeva la cessione con garanzia di pagamento dei creditori in misura e tempi predeterminati, di pagare non integralmente tutti i privilegiati e i creditori chirografari in misura non simbolica, rappresentasse un inadempimento di non scarsa importanza tale da giustificarne la risoluzione. Con diverso giudizio, la Corte d’Appello di Genova, riteneva, invece, che il concordato, da qualificarsi quale concordato preventivo con cessione dei beni, senza la presenza di alcuna specifica garanzia in ordine al soddisfacimento dei creditori in una predeterminata misura, non potesse essere risolto per inadempimento, in quanto l’oggetto dell’obbligazione del concordato con cessione sarebbe unicamente l’obbligo di mettere i beni dell’impresa, liberi da vincoli, a disposizione dei creditori, risultando quindi irrilevante la misura dell’effettivo soddisfacimento dei creditori privilegiati ed ipotecari.

SOLUZIONE

Attraverso la decisione in esame, la Suprema Corte ritiene che il concordato preventivo con cessione dei beni debba essere risolto, a norma dell’art. 186 L. Fall., qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione, ovvero quando le somme ricavabili dalla liquidazione dei beni ceduti si rivelino insufficienti, in base ad una ragionevole previsione, a soddisfare, anche in minima parte, i creditori chirografari e, integralmente i creditori privilegiati, ovvero quando venga accertata l’obiettiva impossibilità sopravvenuta di attuare le condizioni minime previste dalla legge fallimentare (Cass. 4.3.2015, n. 4398).

QUESTIONI

Il sistema normativo introdotto dal D.lgs 169/2007 pone il problema di stabilire se, in caso di cessione dei beni, la risoluzione possa essere giustificata soltanto in caso di mancato pagamento in una qualsiasi percentuale, anche minima dei creditori chirografari oltre il mancato integrale pagamento dei creditori privilegiati (A. Bonsigonri, Concordato preventivo, in Commentario Scialoja – Branca, Bologna, – Roma, 1979, p.531. In giurisprudenza Trib. Milano n. 10644/2016; Trib. Modena 11.6.2014; Trib. Ravenna 7.6.2012; Cass. 4398/2015; Cass. 13446/2011 e soprattutto Cass. SS.U. 1521/2013).

La soluzione al quesito presuppone chiarezza di premessa: da una parte, nel caso in cui il debitore si sia limitato nella sua proposta, alla cessione dei suoi beni, o di determinati beni, senza vincolarsi ad alcuna minima percentuale di garanzia di soddisfacimento, la risoluzione del concordato deriverebbe dal totale mancato pagamento dei creditori chirografari e dal mancato soddisfacimento dei privilegiati in misura integrale o nella misura promessa (Cass. 20.6.20111, n. 13446; Cass. 31.3.2010, n. 7942). Nell’altra prospettiva, invece, il debitore deve comunque nella propria proposta concordataria prevedere un risultato: ne deriva la necessità di individuare il presupposto per la risoluzione, anche nelle forme concordatarie caratterizzate dalla cessione dei beni, esclusivamente in caso di inadempimento di non scarsa importanza.

Indiscusso il principio introdotto con la riforma, che il concordato debba necessariamente avere ad oggetto la regolazione della crisi, secondo le diverse modalità indicate dal debitore. Per questo motivo, seppur nell’accezione privatistica accentuata dall’odierno istituto del concordato, dove la proposta concordataria con cessione dei beni la percentuale di pagamento eventualmente prospettata non è vincolante (Cass. SS.U. n. 1521/2013 e Cass. n. 13817/2011), tuttavia non deve essere dimenticato che la funzione del concordato è quella di consentire il superamento della situazione della crisi di impresa a fronte del riconoscimento in favore dei creditori di una sia pur minimale consistenza del credito da essi vantato.

In conclusione, la Corte di Cassazione cassando la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, ha precisato che il concordato preventivo con cessione dei beni, salva la fattispecie del concordato traslativo, deve essere risolto ove emerga che esso sia venuto meno alla sua naturale funzione.