13 Settembre 2016

Concordato preventivo c.d. “con riserva”: natura del termine per il deposito della proposta e ammissibilità di nuove domande di concordato

di Giuseppe Bertolino Scarica in PDF

Cassazione civile, Sezione I, Sentenza, 31 marzo 2016, n. 6277

Pres. Ceccherini – Rel. Cristiano – P.M. Soldi (conf.)

Concordato preventivo cd. “con riserva” – deposito documenti – termine perentorio –- deposito nuova domanda – ammissibilità – limiti  (r.d. 16 marzo 1942 n. 267, legge fallimentare, art. 161, primo e sesto comma)

[1] La domanda di concordato preventivo c.d. “con riserva”, respinta l’istanza di proroga e scaduto il termine perentorio di cui all’art. 161, sesto comma, l. fall. per il deposto della proposta, va dichiarata inammissibile, ex art. 162 l. fall., salva la facoltà per il debitore, in pendenza dell’udienza fissata per tale declaratoria o per l’esame di eventuali istanze di fallimento, di depositare una nuova domanda, ex art. 161, primo comma l. fall., da cui si ricavi la rinuncia a quella con riserva e sempre che non si traduca in un abuso dello strumento concordatario.

CASO

[1] Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 6 marzo 2013, dichiarava il fallimento della A. M. S.p.A. in liquidazione e, con decreto coevo, dichiarava inammissibile la domanda di concordato preventivo “con riserva” presentata dal debitore, ai sensi del sesto comma dell’art. 161 l. fall., il 28 settembre 2012, per mancata approvazione da parte dei creditori, di una precedente domanda di concordato depositata dal debitore nel gennaio 2011.

Con successivo decreto, del 25 marzo 2013, il Tribunale dichiarava improcedibile, atteso l’intervenuto fallimento della società, una seconda domanda di concordato, che era stata depositata il 19 febbraio 2013.

La società proponeva reclamo contro la sentenza e i due decreti.

La Corte di Appello confermava la dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato preventivo “con riserva”, rilevando il mancato deposito, entro il termine assegnato, del piano e della documentazione, così condividendo il giudizio del Tribunale che aveva negato la proroga del termini in assenza di giustificati motivi.

La Corte, inoltre, statuiva che la ulteriore domanda di concordato preventivo, appariva strumentale e preordinata ad evitare l’esame del ricorso per l’accertamento dello stato di insolvenza della A. M. S.p.A. in liquidazione e la presentazione di tale domanda non impediva al Tribunale di dichiarare il fallimento della società debitrice.

La A. M. S.p.A. in liquidazione proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

La Suprema Corte ha affermato che, in presenza di una domanda di concordato preventivo con riserva, il provvedimento del Tribunale che abbia rigettato l’istanza di proroga del termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 161 l. fall., è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.

Secondo la Suprema Corte, il termine in questione è perentorio e ed è prorogabile solo in presenza di giustificati motivi.

La Corte ha aggiunto che, ai sensi dell’art. 161, comma, l.fall., nel caso di concordato “con riserva”, il debitore non può presentare un ulteriore concordato “con riserva” nei due anni successivi.

Tuttavia, in pendenza dell’udienza fissata per la dichiarazione di inammissibilità, ovvero anche per l’esame di eventuali istanze di fallimento, il debitore conserva la facoltà di depositare una nuova domanda di concordato, ai sensi del primo comma dell’art. 161 l. fall. (corredata della proposta, del piano e dei documenti), ma soltanto se rinuncia alla domanda di concordato “con riserva” e  sempre che la nuova domanda non si traduca in un abuso dello strumento concordatario.

Nel caso sottoposto all’esame della Corte, però, il debitore non aveva rinunciato alla precedente domande di concordato “con riserva” e pertanto il Tribunale non era tenuto ad esaminare la successiva domanda di concordato prima di provvedere sulla istanza di fallimento.

QUESTIONI

[1] Il d.l. 22 giugno 2012, n. 83 convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, entrata in vigore in data 11 settembre 2012, prevede (art. 33, primo comma, lett. b, n. 4) l’aggiunta di due commi dopo il quinto dell’art. 161 l. fall., in virtù dei quali, rispettivamente, è consentito al debitore di depositare il solo ricorso, riservandosi di integrarlo, entro un termine fissato dal giudice tra i sessanta ed i centoventi giorni e prorogabile, al cospetto di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni a meno che non penda il procedimento per la dichiarazione di fallimento, caso in cui il termine è di sessanta giorni, prorogabili, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.

Con la sentenza in esame la Suprema Corte ha statuito che il termine fissato dal giudice al debitore, ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall., per la presentazione della proposta, del piano e dei documenti del c.d. concordato “con riserva” ha natura perentoria, la cui disciplina è mutuata da quella dell’art. 153 cod. proc. civ..

Il termine in questione non è prorogabile a mera richiesta della parte o d’ufficio se non in presenza di giustificati motivi, che devono essere allegati dal richiedente e verificati dal giudice, la cui decisione è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata.

In ragione della natura decadenziale del menzionato termine, la sua inosservanza determina, così come chiarito dall’ultimo periodo del sesto comma dell’articolo 161 l. fall., l’inammissibilità della domanda concordataria.

La Corte, sulla scorta dell’affermato principio, ha valutato la diversa ipotesi di avvenuta presentazione, in pendenza dell’udienza fissata per la declaratoria di inammissibilità (per inosservanza del termine) o per l’esame di eventuali istanze di fallimento, di una nuova domanda di concordato, in particolare verificando se la dichiarazione di fallimento è subordinata alla preventiva delibazione della sua ammissibilità.

Sul punto le Sezioni Unite con le sentenze n. 9935 e n. 9936 del 2015 avevano affermato che, pur non potendosi ravvisare un rapporto di pregiudizialità tecnica tra il procedimento di concordato preventivo e quello di dichiarazione di fallimento, non può essere ammesso, durante la pendenza del primo, l’autonomo corso del secondo, che si concluda con la dichiarazione di fallimento, essendo maggiormente coerente con il sistema ritenere che il fallimento non possa intervenire finché la procedura di concordato non abbia avuto esito negativo.

Tuttavia secondo le citate Sezioni Unite è inammissibile una domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi d’impresa, ma per procrastinare la dichiarazione di fallimento, poiché la domanda integrerebbe l’abuso del processo con violazione dei canoni generali di correttezza, buona fede e lealtà processuale (sugli argomenti trattati dalle Sezioni Unite si veda la nota di Cacciatore, Concordato preventivo e fallimento: ordine di trattazione dei due procedimenti, in Eclegal del 29 febbraio 2016).

Al debitore non ammesso al concordato c.d. “con riserva” è precluso unicamente, ai sensi del comma nove dell’art. 161 l. fall., di ripresentare nel biennio una nuova domanda di concordato “con riserva”. A contrario, si ricava che il medesimo debitore può presentare una nuova domanda di concordato ai sensi del comma uno dell’articolo citato.

Va altresì considerato che il concordato non può che essere unico. Difatti, qualora la procedura di concordato sia pendente non è configurabile un’ulteriore domanda di ammissione avente carattere di autonomia, salvo che da quest’ultima non si desuma l’inequivoca volontà del proponente di rinunciare a quella in precedenza depositata (cfr. Cass. civ., Sez. I, 14 gennaio 2015, n. 495).

Con la sentenza in commento i giudici di legittimità, sulla scorta dei principi già affermati in materia dalla Corte, hanno precisato che, nell’ipotesi in cui sia respinta l’istanza di proroga e sia scaduto il termine concesso ex art. 161 sesto comma l. fall., è fatta salva per il proponente la facoltà, in pendenza dell’udienza fissata per la dichiarazione di inammissibilità ovvero in caso di esame di eventuali istanze di fallimento, di depositare una nuova domanda di concordato, ai sensi dell’art.1 61 l. fall.

Tuttavia, quest’ultima nuova domanda, corredata della proposta, del piano e dei documenti, deve caratterizzarsi per la rinuncia a quella con riserva precedentemente depositata e sempre che la nuova non si traduca in un abuso del processo dello strumento concordatario, utilizzato per finalità deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento le ha predisposte.

La pronuncia è da condividere poiché il procedimento di concordato preventivo “con riserva”, sebbene concepito per il superamento dello stato di crisi dell’impresa, previa verifica della dell’attitudine della proposta presentata, non può realizzarsi in violazione dei principi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost..

Le facoltà riconosciute dal legislatore con l’istituto della domanda di concordato preventivo “con riserva” devono, infatti, essere svolte con modalità tali da non determinare un sacrificio sproporzionato ed ingiustificato delle ragioni dei creditori dilatando in modo abnorme la durata del procedimento e gli effetti protettivi previsti dall’art.168 l. fall. (c.d. automatic stay), così comportando uno sviamento abusivo dell’iter processuale e un prolungamento sine die.

Sulle innovazioni in materia di concordato preventivo “in bianco” e sui requisiti della domanda si veda il d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito in l. 6 agosto 2015, n. 132, ed in particolare sulla disciplina transitoria, v. Tribunale di Trento, decreto 15 ottobre 2015, in Eclegal, 9 dicembre 2015, con nota di Iovino, La disciplina transitoria delle nuove disposizioni sul concordato in bianco: prevale la legge applicabile alla data del deposito della domanda.