Concordato minore, prosecuzione dell’attività imprenditoriale e onere della prova in capo al debitore
di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Brescia, 25 settembre 2024, Giudice Gianluigi Canali
Parole chiave
Concordato minore – Prosecuzione attività
Massima: “Nel caso di concordato minore, il debitore che presenta la domanda e la proposta deve dimostrare come sarà in grado – dopo l’omologa – di assicurare il pagamento dei crediti che sorgeranno nell’ambito dell’ordinaria gestione della società; laddove non venga fornita detta prova, la domanda di concordato non può essere omologata”.
Disposizioni applicate
Art. 74 c.c.i.i. (proposta di concordato minore), art. 78 c.c.i.i. (procedimento), art. 80 c.c.i.i. (omologazione del concordato minore)
CASO
Una s.n.c. chiede di essere ammessa a una procedura di concordato minore. Si prevede il soddisfacimento integrale delle spese di procedura e il pagamento dei creditori (chirografari e privilegiati) nella misura del 7%. Una signora si impegna a versare, a titolo di liberalità nell’interesse dei creditori della società debitrice, la somma di euro 15.000. Con decreto dal 29 aprile 2024, la procedura di concordato viene dichiarata aperta. Tuttavia la proposta non viene approvata dai creditori, in quanto il 75% esprime voto contrario. Il debitore chiede che il concordato, pur non approvato dai creditori, venga omologato. Contro la domanda di omologa presentano opposizione i proprietari dell’immobile locato alla società debitrice. I locatori fanno presente che la s.n.c. non ha pagato i canoni da maggio a settembre 2024.Gli opponenti evidenziano che dal mancato pagamento si può evincere che l’insolvenza della società non verrà meno anche in caso di omologazione della proposta concordataria. Non sarebbe insomma assicurata la continuazione aziendale, ragione per cui la proposta di concordato deve essere rigettata.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Brescia accoglie l’opposizione presentata dal creditore e rigetta la domanda di omologa avanzata dalla s.n.c. debitrice. Quando il concordato prevede la continuazione dell’attività di impresa, il debitore deve dimostrare che attraverso il concordato l’impresa risulta capace di rimanere in attività. Il mancato pagamento dei canoni nel periodo intercorrente tra l’apertura della procedura e la (mancata) omologa costituisce elemento di prova della persistente incapacità di pagamento della s.n.c.
QUESTIONI
Il concordato minore è una delle numerose procedure previste dal codice della crisi. Essa è riservata ai debitori individuati nell’art. 2 lett. c) c.c.i.i.: professionista, imprenditore minore, imprenditore agricolo e start-up innovativa. Alla procedura non può accedere invece il consumatore, cui è riservata la diversa procedura della ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 74 comma 1 c.c.i.i.).
La legge distingue tra concordato minore in continuità e concordato minore liquidatorio, con una chiara preferenza per il primo. Si prevede difatti che la proposta di concordato deve consentire “di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale” (comma 1 dell’art. 74 c.c.i.i.). Tanto è vero che “fuori dai casi previsti dal comma 1, il concordato minore può essere proposto esclusivamente quando è previsto l’apporto di risorse esterne che incrementino in misura apprezzabile l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda” (comma 2 dell’art. 74 c.c.i.i.).
Nel caso trattato dal Tribunale di Brescia, il concordato che viene chiesto dalla debitrice è del tipo in continuazione. In questa prospettiva, la finanza esterna fornita da una signora (si ricorderà che una persona si era dichiarata disponibile ad apportare 15.000 euro) non è di per sé strettamente necessaria. Probabilmente la ragione della liberalità del terzo stava nell’auspicio di aumentare le probabilità di ottenere un voto favorevole da parte dei creditori. Concretamente però la maggioranza favorevole, come detto, non è stata raggiunta.
Escluso dunque nel caso di specie un concordato liquidatorio, presupposto indefettibile del concordato minore è la prosecuzione dell’attività. Il punto trattato nel decreto in commento è quali verifiche debba effettuare il giudice per comprendere se la continuazione dell’attività è possibile. Di fatto il Tribunale di Brescia dà rilievo al periodo intercorrente tra l’apertura della procedura di concordato minore e la sua omologa.
Nella procedura di concordato minore si susseguono due provvedimenti del giudice: un decreto di apertura e una sentenza di omologa. Inizialmente, “il giudice, se la domanda è ammissibile, dichiara aperta la procedura con decreto non soggetto a reclamo e dispone la comunicazione, a cura dell’OCC, a tutti i creditori della proposta e del decreto” (comma 1 dell’art. 78 c.c.i.i.). Fa seguito il voto dei creditori e infine la sentenza di omologazione: “il giudice, verificati l’ammissibilità e la fattibilità del piano e il raggiungimento della percentuale di cui all’articolo 79 in mancanza di contestazioni, omologa il concordato minore con sentenza” (comma 1 dell’art. 80 c.c.i.i.). Tra il decreto di apertura e la sentenza di omologa trascorre un certo lasso di tempo, normalmente di alcuni mesi. Nel caso concreto affrontato dal Tribunale di Brescia, il decreto di apertura è del 29 aprile 2024, mentre il decreto che rigetta la domanda di omologa è del 25 settembre 2024 (poco meno di cinque mesi).
Il giudice omologa, recita la legge, se la proposta “consente di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale” (comma 1 dell’art. 74 c.c.i.i.). Come fa il giudice a formarsi il convincimento positivo in merito alla prosecuzione? La legge tace al riguardo. La base del ragionamento è che, grazie allo stralcio dei debiti preesistenti, l’impresa può riprendere a operare mantenendo il pareggio di bilancio. Ma il giudice deve valutare le prospettive di continuità nel momento in cui dichiara aperta la procedura oppure nel successivo momento in cui omologa il concordato? Come detto, nel caso di specie tra apertura e (rigetto della) omologa sono passati circa cinque mesi e un creditore lamenta i mancati pagamenti dei canoni di locazione proprio nei cinque mesi da maggio a settembre 2024.
Il Tribunale di Brescia rileva che la funzione del concordato minore è l’eliminazione dello stato di insolvenza. Il debitore deve dimostrare che, attraverso la cancellazione dei crediti concorsuali non soddisfatti, l’impresa risulti capace di rimanere in attività. Il giudice bresciano osserva che la società debitrice avrebbe dovuto indicare i costi e i ricavi e provare di essere in grado, una volta omologato il concordato, di far fronte alle proprie obbligazioni alla scadenza. Nella realtà, la parte ricorrente non ha dimostrato nulla al riguardo e il mancato pagamento – alla regolare scadenza – dei canoni di locazione maturati dopo il deposito della domanda costituisce elemento di prova in senso contrario. Il Tribunale di Brescia valorizza anche il fatto che l’OCC, nella memoria presentata il 18 settembre 2024, non ha precisato con quale danaro sarebbero stati pagati i canoni scaduti né ha svolto alcuna analisi per dimostrare che i flussi di cassa della società sarebbero in grado di garantire il puntuale pagamento dei crediti via via maturati.
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