2 Febbraio 2021

Il concetto di decoro architettonico quale parametro per la libertà dei condomini e il suo significato offerto dalla giurisprudenza

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte Suprema di Cassazione, seconda sezione civile, ordinanza 18928/2020

«Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio. La relativa valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove non presenti vizi di motivazione».

CASO

La sentenza di primo grado del Tribunale di Roma rigettava le domande di parte attrice relative alla richiesta di accertamento di intollerabili immissioni rumorose prodotte dalla società convenuta, esercente attività di ristorazione nel medesimo edificio condominiale in cui era sita l’abitazione dell’attore. Ulteriormente, il giudice di primo grado rigettava anche le domande di riduzione in pristino, previo accertamento, delle opere realizzate dalla società, che l’attore asseriva recare pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio.

Avverso la sentenza proponeva appello la parte soccombente, ma la Corte di Appello rigettava quasi tutti i motivi di impugnazione, accogliendo solamente la doglianza relativa alla richiesta di rimozione di un’insegna luminosa, per la quale veniva riconosciuta la violazione del decoro architettonico. Per il resto, la Corte non riteneva invece provata l’esistenza di immissioni rumorose, riteneva insufficienti le prove addotte per l’accertamento di talune opere asseritamene realizzate all’interno dell’edificio, ed infine, per le opere la cui sussistenza poteva ritenersi accertata, stabiliva di dover confermare la sentenza di primo grado nella parte in cui le aveva giudicate legittime, in quanto espressione del diritto del condomino ex art. 1102 c.c. e realizzate in conformità con il regolamento condominiale.

SOLUZIONE

L’attore proponeva ricorso per cassazione, adducendo diversi motivi, che tuttavia venivano rigettati dalla Suprema Corte, sulla base di consolidati orientamenti di legittimità.

QUESTIONI

La pronuncia della Corte di Cassazione, di cui si è dato cenno, restituisce tre principali questioni di diritto meritevoli di attenzione, di cui due di natura procedurale ed una di carattere sostanziale:

  1. La valenza non probatoria, ma meramente indiziaria, della perizia stragiudiziale allegata dalla parte e condotta da terzi, la cui valutazione – non obbligatoria – è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito.
  2. L’inammissibilità di consulenze tecniche d’ufficio c.d. esplorative, in assenza di almeno un principio di prova tale da far ritenere sussistente il fatto, non essendo la CTU un mezzo istruttorio in senso proprio, utilizzabile al fine di sopperire al deficit di onere probatorio della parte che intenda far valere la propria pretesa.
  3. La valutazione sulla configurabilità della lesione al decoro architettonico di un fabbricato condominiale da parte di innovazioni realizzate dai condomini, nonché l’insindacabilità in sede di legittimità della valutazione prospettata dal giudice di merito ove non ricorrano vizi di motivazione.

Per quanto concerne il primo punto, la Corte di Cassazione nella presente ordinanza aveva rigettato il motivo di ricorso che lamentava la mancata ammissione di CTU nonostante l’appellante avesse allegato una perizia giurata stragiudiziale relativa alle opere innovative realizzate dalla società convenuta, costituite da vetrine, tende e fari, di cui si lamentava la lesione al decoro architettonico. A tal proposito la Corte si rifaceva ad un consolidato orientamento di legittimità, secondo cui una siffatta perizia stragiudiziale non può avere valenza probatoria nemmeno rispetto ai fatti in essa accertati dal consulente, al pari di ogni documento proveniente da un terzo.[1] Conferma di quanto così affermato è rinvenibile anche in dottrina.[2] In particolare, la perizia stragiudiziale, con riferimento alle valutazioni tecniche espresse, integra sotto il profilo giuridico un semplice mezzo difensivo, al pari delle deduzioni e delle argomentazioni difensive, soggetto al libero apprezzamento del Giudice, che è tenuto quindi a motivare adeguatamente laddove ponga le risultanze di tale perizia alla base della decisione; [3] e non incorre in vizio di motivazione laddove le disattenda senza confutarle ed analizzarle specificamente.[4] Con riferimento poi ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, la perizia stragiudiziale non ha valore probatorio, non essendo prevista dall’ordinamento la precostituzione fuori del giudizio di un siffatto mezzo di prova, ma solo valore indiziario.[5] Tuttavia, «alla parte che ha prodotto la perizia giurata è riconosciuta la facoltà di dedurre prova testimoniale avente ad oggetto le circostanze di fatto accertate dal consulente, che, se confermate dal medesimo in veste di testimone, possono acquisire dignità e valore di prova, sulla quale allora il giudice di merito dovrà, esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria valutazione ai fini della decisione».[6]

Collegato alla sopracitata questione in punto di perizia stragiudiziale, la Corte di Cassazione affrontava anche il tema della valenza probatoria della CTU, ribadendo la giurisprudenza costante che non ammette consulenze c.d. esplorative, dal momento che una consulenza tecnica d’ufficio non costituisce mezzo istruttorio in senso proprio, avendo solamente la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi già acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitano di specifiche conoscenze settoriali.[7] Nel caso di specie la parte, per ottenere l’ammissione di CTU, avrebbe dovuto indicare quantomeno dei testimoni che potessero rendere dichiarazioni sugli orari in cui si verificavano le asserite immissioni rumorose, o verbali di polizia a seguito di chiamate in orario notturno anche effettuate da terzi, giacché il fastidio da musica e schiamazzi generalmente si diffonde a raggera. In mancanza di simili allegazioni, non risultava esservi nemmeno un principio di prova, anche solo indiziario, che potesse far ritenere sussistente il fatto e consentire l’assunzione della CTU.

In ultimo, la Suprema Corte illustra il principio di diritto, consolidato in materia, di lesione al decoro architettonico di un edificio, specificando come la stessa risulti integrata non solo da un’innovazione, come tale vietata, che alteri le linee architettoniche, ma anche da quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico dell’edificio, a prescindere dal pregio estetico che quest’ultimo possa avere.[8]

Come è noto, il legislatore non ha fornito un’elaborazione tassativa del concetto di “decoro architettonico”, dove il codice civile si limita a indicarlo come parametro generale[9], lasciando poi all’interpretazione giurisprudenziale il compito di colmarne il contenuto. La nozione di decoro architettonico assolve la funzione di limite per i condomini all’utilizzo della cosa comune e dunque funge da presupposto per stabilire la legittimità o meno di una determinata opera o attività posta in essere da questi. In relazione a ciò, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che il decoro del fabbricato consiste e si riferisce all’insieme delle linee, dei motivi architettonici e ornamentali, che nel loro equilibrio, imprimono una specifica armonia all’edifico, ovvero anche alla complessiva armonia che conferisce al fabbricato una propria specifica identità, anche nel caso in cui sia estremamente semplice e senza necessità che si tratti di un edificio di particolare pregio artistico.[10] È evidente che l’individuazione dello specifico decoro di un edificio è un problema la cui soluzione non può che essere affidata all’interprete (e quindi al giudice, o meglio al suo consulente tecnico), il quale non potrà valutare se non in base alla sua sensibilità, condizionata non solo dal gusto estetico personale, ma anche da quello generale della determinata epoca storica.[11] Inoltre, la tutela al decoro architettonico deve essere assicurata non in astratto, ma in concreto, valutando la simultanea ricorrenza di due circostanze di fatto: da un lato, un’eventuale apprezzabile alterazione delle linee e strutture fondamentali dell’edificio, o di singole parti o di elementi dotati di sostanziale autonomia; dall’altro, una consequenziale diminuzione del valore dell’intero edificio e quindi di ciascuna unità immobiliare che lo compone. L’accertamento del giudice di merito circa la sussistenza di una lesione al decoro, prefigurata nei suddetti termini, dovrà pertanto avvenire in relazione al caso concreto, tenendo sempre conto delle peculiarità del caso di specie; se correttamente motivato, un siffatto accertamento – negativo o positivo che sia – risulterà insindacabile in sede di legittimità, proprio come è avvenuto nel caso di cui si è in commento.

[1] Sez. 5, Ord. n. 33503 del 2018

[2] Tra i vari contributi dottrinali, si faccia riferimento a La consulenza tecnica d’ufficio nel processo civile; Il Merito; 1 ottobre 2016, n. 10, p. 2

[3] Cass., sentenza n. 1902/2002;

[4] Cass., sentenze nn. 2574/1992, 1416/1987 e 5286/1980;

[5] Cass., sentenze nn. 1902/2002 5687/2001 e 2486/2001.

[6] Cass., sentenza n. 4437/1997.

[7] Cass., sez. 6, Ord. n. 30218 del 2017

[8] Cass., sez. 2, Sent. n. 10350 del 2011

[9] Art. 1120 c.c.

[10] Cass. 6496/95; Cass. 7 dicembre 1994, n. 10507; Cass. 10513/93e Cass. 7 marzo 1988, n.2313

[11] Definizione e disciplina del decoro condominiale, in Consulente immobiliare, 15 febbraio 2018, n. 1038, p. 212-213, di Luigi Salciarini

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