Comunicare il pro bono
di Amalia Di Carlo - Ufficio stampa di Marketude Scarica in PDFMoltissimi studi professionali, anzi quasi tutti, seguono dei progetti pro bono, assistono, per le materie legali o tributarie fondazioni, associazioni, onlus, istituti, organizzazioni no profit o persone svantaggiate, sposandone, in alcuni casi la causa.
Pro bono deriva dal termine di matrice latina pro bono publico “per il bene di tutti”, l’espressione è utilizzata per descrivere un fardello professionale di cui ci si fa carico volontariamente e senza la retribuzione di alcuna somma, appunto, come un servizio pubblico.
A differenza del volontariato, il pro bono, particolarmente comune nella professione legale, rappresenta la concessione gratuita di servizi o di specifiche competenze professionali al servizio di coloro che non sono in grado di affrontarne il costo.
A questo proposito, in Italia, è stata istituita, nel 2017, su iniziativa di avvocati, studi legali e associazioni forensi, l’associazione, Pro Bono Italia, con l’obiettivo di promuovere una cultura pro bono nel Bel Paese, della Funzione Sociale dell’Avvocatura, e come tale, strumento fondamentale per la tutela dei diritti umani e il miglioramento dell’ordinamento giuridico. L’associazione, attorno alla quale gravitano più di 750 persone, con 100 no profit nella rete, ha avuto 220 richieste di pro bono dalla sua fondazione.
Ma come è giusto comunicare, pubblicizzare, rendere nota la propria attività pro bono? Ed è giusto e opportuno farlo? O il rischio è quello di apparire ostentatori?