Composizione negoziata della crisi e misure cautelari nei confronti delle banche
di Federica Pasquariello, Ordinario di Diritto commerciale, Università degli Studi di Verona Scarica in PDFTrib. Padova, 13 gennaio 2025, Est. G. Amenduni
Parole chiave: Composizione negoziata della crisi- Misure cautelari – Sospensione obbligo di rimborso finanziamenti – Inibitoria escussione garanzia MCC SACE- Inibitoria iscrizioni Centrale Rischi.
Massima: “Nell’ambito della composizione negoziata della crisi, oltre alle misure protettive tipiche aventi i contenuti dell’art. 18 CCII, è possibile ottenere, per il buon esito delle trattative, anche misure cautelari, ex art. 19 CCII, consistenti: i) nella sospensione per il debitore dell’obbligo di rimborso dei finanziamenti bancari in essere, senza decadere dal beneficio del termine e con contestuale divieto per le banche di estinguere la propria posizione creditoria; ii) nell’inibitoria per gli istituti di credito di segnalare la società debitrice alla Centrale Rischi e alla Crif in conseguenza del mancato rimborso dei finanziamenti; iii) l’inibitoria per le banche di escutere le garanzie rilasciate dal Fondo di Garanzia MCC e da SACE.”
Riferimenti normativi: artt. 18-19 CCII.
CASO
La Società ricorrente, ammessa alla Composizione Negoziata della Crisi, ha domandato l’attivazione degli effetti protettivi previsti dall’art. 18 CCII nonché la concessione delle misure cauteli di inibitoria di iscrizioni in Centrale Rischi e di inibitoria di escussione delle garanzie rilasciate dal Fondo di Garanzia MCC e da SACE.
SOLUZIONE
Nei confronti dei creditori bancari le misure protettive invocate sono state confermate e le misure cautelari sono state concesse, ex artt. 18-19 CCII, per la durata di 120 giorni.
QUESTIONI APPLICATE NELLA PRATICA
Dopo una prima fase di rodaggio, secondo i dati pubblicati del report semestrale di UnionCamere (https://Unioncamere.gov.it), la Composizione negoziata della Crisi ( di seguito: CNC) sta prendendo piede, in special modo nelle regioni del Nord e del Lazio ed in relazione ad imprese capitalistiche di medie dimensioni. Risulta altresì che in due casi su tre vengano attivate le misure protettive e cautelari previste dagli artt. 18 e 19 CCII. Poiché il creditore bancario è interlocutore pressoché inevitabile nelle trattative per la CNC, rilevante è l’incidenza di tali misure sulle posizioni bancarie.
La pronuncia in commento si colloca dunque nell’ambito di una produzione giurisprudenziale già cospicua, relative alle misure protettive e cautelari nei confronti delle Banche; e si sofferma su questioni specifiche di grande interesse applicativo.
In proposito va brevemente ricordato che le Misure Protettive, secondo l’art. 2, lett. p) CCII, sono rivolte ai creditori e consistono in “Misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni o condotte dei creditori possano pregiudicare. sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, anche prima dell’accesso ad uno strumento”. Le stesse sono soggette al limite temporale dell’art. 8 CCII: la durata complessiva, compresa la fase di CNC non può superare i 12 mesi anche non continuativi fino alla eventuale omologazione dello strumento di composizione; nella CNC le stesse durano non più di 240 giorni ( cfr. Tedoldi, Le misure protettive e cautelari, in Crisi ed insolvenza dopo il Correttivo ter, a cura di Cerrato e Irrera, Bologna, 2025, 1, p. 397). Le misure protettive in CNC realizzano effetti di automatic stay al di fuori della concorsualità ( Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, Piacenza, 2025, p.77), potendo colpire anche selettivamente alcuni creditori individuati (probabilmente, quelli con un titolo esecutivo, procedenti o intervenuti; quelli strategici da coinvolgere nelle trattative) e con funzione peculiare: non si tratta di evitare che alcuni creditori si procurino posizioni di vantaggio su altri, ma di proteggere le trattative, per evitare azioni di disturbo, come in una sorta di moratoria unilaterale finalizzata a cristallizzare la situazione esistente. Le misure non scattano automaticamente, ma solo su richiesta e, eccezionalmente – non precludono i pagamenti. Si tratta di misure/effetti tipici, che scattano con l’iscrizione nel R.I. a cura del debitore, con onere di richiesta di conferma al giudice ai sensi dell’art. 19 CCII.
Nella CNC le misure/effetti protettivi sono ( cfr. Irrera, Pasquariello F., Perrino, Lineamenti di diritto della crisi e dell’insolvenza, Bologna, 2025, p. 91): – l’improcedibilità di azioni esecutive e cautelari su beni del debitore o comunque su beni coi quali egli esercita attività d’impresa ( pertanto potrebbero essere iniziate o proseguire azioni di mero accertamento: v. Trib. Bari 30.5.2024, in DirittodellaCrisi); – le prescrizioni sono sospese e le decadenze non si verificano; – divieto di acquisire diritti di prelazione non concordati; – preclusione dei rimedi contrattuali sinallagmatici a fronte degli inadempimenti del debitore ( cfr. altresì art. 64 CCII per gli Accordi di ristrutturazione e art. 94 bis CCII per concordato in continuità); – la preclusione di dichiarare ( e non già di richiedere) la Liquidazione Giudiziale ( e forse anche Liquidazione Controllata), che scatta in via automatica alla conferma delle Misure protettive e per tutta la durata delle trattative (art. 18, comma 4, CCII), senza bisogno di conferma ( mentre secondo l’art. 54 CCII nel procedimento unitario tale inibitoria va espressamente richiesta); – sospensione degli obblighi di c.d. ricapitalizza o liquida, secondo il diritto societario ( cfr. art. 2447 c.c.), dietro mera dichiarazione del debitore e senza necessità di conferma del Giudice.
Invece le Misure cautelari, di cui all’art. 2, lett. q) CCII, non hanno un destinatario prestabilito per legge, ma sono sempre selettive, potendo riguardare creditori o terzi ( ad es. i garanti, inibendo al creditore l’escussione di fideiussioni; o il custode dell’azienda); nemmeno vanno soggette al limite temporale dell’art. 8 CCII. Si tratta de “i provvedimenti emessi dal giudice a tutela del patrimonio o dell’impresa del debitore, che appaiono secondo le circostanze i più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative, gli effetti degli strumenti e delle procedure d’insolvenza e l’attuazione delle relative decisioni”. Le stesse richiedono i consueti presupposti del fumus boni iuris (la probabile fondatezza del diritto, ossia nella fattispecie, la realizzabilità dello scopo di risanamento e concretezza delle trattative in CNC) e del periculum in mora ( che lo scopo della CNC sia vanificato), oltre a dover risultare proporzionate ( cioè non ultronee allo scopo prefisso, attribuendo vantaggi non funzionali alla parte che ne beneficia; e senza poter produrre effetti definitivi o irreversibili, come ad es. lo scioglimento di un contratto).
Per la sovrapposizione tra misure cautelari e protettive e per il rischio che lo strumento cautelare atipico sia impiegato per superare i limiti anche temporali delle misure protettive ( cfr. Tribunale di Torino, 5.12.2023, in DirittodellaCrisi) il Trib. Brindisi, 3.12.2024, ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione ex art. 363 bis c.p.c.: “Della questione relativa alla natura delle misure protettive tipiche e atipiche previste dal Codice, palesandosene incerti la qualificabilità come misure cautelari ex art. 700 c.p.c. e i correlati presupposti applicativi e apparendo, pertanto, dubbia anche l’opportunità per l’impresa di conseguire una misura cautelare dello stesso contenuto di quella protettiva, una volta decorso il periodo di dodici mesi ex art. 8 CCII (Fattispecie in tema di sospensione degli effetti cambiari e degli assegni postdatati)”. Sul tema cfr. da ultimo De Gennaro, Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata della crisi, in DirittodellaCrisi, 3.12.2024; Pagni, Il “sistema” delle misure protettive e cautelari negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza: note a margine di un provvedimento del Tribunale di Milano, in Fallimento, 2024, p. 273.
Quanto in particolare alla inibitoria alla escussione delle garanzie MCC-SACE, si sta consolidando la prassi di concedere la misura cautelare di inibitoria pro tempore, come previsto dalla pronuncia in commento, per il rischio che “l’escussione delle garanzie di MCC possa pregiudicare il buon esito della composizione – sussistendo quindi il nesso di funzionalità tra le misure chieste e il buon esito delle trattative – a discapito della possibilità di un concreto risanamento imprenditoriale: la richiesta cautelare è volta a impedire che nelle more della conclusione delle trattative, per effetto dell’escussione all’esito del procedimento di attivazione della garanzia, la società si trovi costretta a considerare un diverso e maggiore “super-privilegio” ante primo grado di MCC, non riuscendo più a destinare le stesse risorse finanziarie all’ipotesi di soddisfazione proposta alle banche stesse” (cfr. Trib. Milano, 4.9.2024; Trib. Milano.12.5.2024; Trib. Chieti, 10.10 2024, tutte in Dirittodellacrisi.it).
Quanto invece alla Misura Cautelare della inibitoria di iscrizione al Crif o alla Centrale Rischi del debitore in CNC, si registra il contrasto tra pronunce che hanno negato la misura, ritenendo che la stessa non interferisce con le trattative o col loro buon esito e non incide sul patrimonio del debitore ( cfr. Trib Varese, 24.4.2023; Trib Salerno, 10.10.2023, in DirittodellaCrisi) ed altre che, come quella in commento, la hanno concessa, ritenendo la misura necessaria per non vanificare la misura cautelare di sospensione del pagamento della quota capitale degli ammortamenti e delle rateazioni a scadere nei confronti degli istituti finanziari, nonché di revoca delle linee di credito già esistenti e utilizzate. “Tale rischio, infatti, non potrebbe essere scongiurato ex lege dal disposto dell’art. 16, comma 5, CCII, dal momento che la sospensione o la revoca potrebbero essere comunque disposte se richiesto dalla normativa di vigilanza prudenziale” (Trib. Lodi, 18.5.2023 in DirittodellaCrisi).
In effetti, le segnalazioni in Centrale Rischi dovrebbero essere inibite in CNC, nell’ipotesi in cui espongano la società al rischio di non poter accedere, per effetto della segnalazione, al credito necessario per la realizzazione del proprio piano di risanamento. Ciò anche tenuto conto che la segnalazione da parte di un istituto di credito potrebbe comportare un “effetto sistemico” sul sistema creditizio, creando delle difficoltà nella gestione delle trattative nella composizione negoziata: la segnalazione, infatti, sarebbe visibile agli intermediari partecipanti alla Centrale Rischi, i quali hanno facoltà di chiedere informazioni su soggetti che essi non segnalano laddove ciò sia utile ai fini della valutazione del merito di credito della clientela potenziale o effettiva. Si veda Bissicoli e Turchi, Il ruolo dei creditori finanziari nella composizione negoziata: Va anche ricordato che secondo l’art. 16 CCII, per come novellato dal Correttivo ter del settembre 2024, si è stabilito espressamente che l’accesso alla composizione di per sé non porta ad una diversa classificazione del credito. “In tal modo si sottolinea la necessità che gli istituti bancari valutino, di volta in volta, se l’impresa che apre le trattative si trovi effettivamente in una situazione di difficoltà tale da determinare l’applicazione della normativa prudenziale, tenuto conto delle sue condizioni ma anche e soprattutto del progetto di piano che viene depositato e quindi delle concrete prospettive di risanamento. Del resto, la composizione negoziata è, come si è detto, uno strumento utilizzabile anche in una situazione di pre-crisi e comunque solo nei casi in cui sia effettivamente possibile il pieno recupero dell’equilibrio economico-patrimoniale dell’attività imprenditoriale, con la conseguenza che l’impresa che lo utilizza va valutata attentamente considerando tali prospettive” ( cfr. Relazione Illustrativa Correttivo ter sub art. 16).
In effetti in precedenza era incerto se l’accesso a CNC potesse essere assimilato agli eventi ( concordato in bianco; concordato in continuità) che secondo la Banca d’Italia, Circolare n. 272 del 30 luglio 2008, 14° aggiornamento, comportano equiparazione alle “inadempienze probabili”.
Va ricordato che la disciplina bancaria dei crediti deteriorati si articola in diversi segmenti (contabilità; accantonamenti di vigilanza prudenziale; segnalazioni a fini informativi pubblici, statistici e per vigilanza informativa) e che il credito è considerato deteriorato ( cfr. Reg. UE n. 575 del 26.6.2013 relativo ai requisiti prudenziali degli enti creditizi, c.d. capital requirement regulation o “CRR”) se: a) è Past Due, in caso di “inadempimenti persistenti”; b) è Unlikely-To-Pay, in sintesi UTP, in caso di “inadempienze probabili”); c) è a “sofferenze” o “non performing loans” o “NPL”. Tutto il deteriorato di qualsiasi specie va classificato in stage 3, come “non performing” (dove invece lo stage 1 comprende i crediti “in bonis” o “performing”, e lo stage 2 comprende i crediti “underperforming”, ossia i crediti che hanno subito un significativo incremento del rischio di credito rispetto alla rilevazione iniziale). Sul tema v. per tutti Presti, Le banche e la composizione negoziata della crisi, in DirittodellaCrisi, 9.2.2023.
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