Competenza in tema di querela di falso sollevata davanti alla Corte d’Appello
di Massimo Montanari, Professore ordinario di Diritto processuale civile e di diritto fallimentare – Università degli Studi di Parma Scarica in PDFCass., ord., 1 giugno 2020, n. 10361 – Pres. D’Ascola – Rel. Falaschi
Procedimento civile – Querela di falso – Proposizione davanti alla Corte d’appello – Rimessione delle parti al Tribunale – Fori generali delle persone fisiche e giuridiche – Applicabilità (C.p.c. artt. 18, 19, 28, 42, 295, 313, 355; L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3)
[1] Al di fuori del caso di sua proposizione in via incidentale davanti al tribunale e, quindi, anche nel corso del giudizio d’appello, la competenza territoriale sulla querela di falso va individuata in base ai criteri di collegamento di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c.
CASO
[1] Nel corso di un giudizio promosso, ai sensi della l. 24 marzo 2001, n. 89 (c.d. legge Pinto), per l’equa riparazione dei danni dipendenti da violazione del termine di ragionevole durata del processo, è stata interposta, ad opera dell’amministrazione dello Stato convenuta, querela di falso relativamente alla procura alle liti rilasciata dalla controparte ricorrente. Acclarata l’ammissibilità dell’incidente così sollevato, la Corte d’appello di Perugia, adita a norma dell’art. 3, 1° comma, della citata legge, ha pronunciato ordinanza ex art. 355 c.p.c., con la quale ha contestualmente disposto la sospensione del giudizio innanzi ad essa pendente e la rimessione delle parti davanti al Tribunale di Perugia per la riassunzione in quella sede della causa di falso.
Avverso questo provvedimento, parte ricorrente ha proposto regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., denunciando l’errore commesso dalla Corte di merito all’atto della designazione del Tribunale di Perugia come giudice innanzi al quale la causa di falso avrebbe dovuto proseguire e trovare definizione. E il Supremo Collegio, anche facendo séguito alle conclusioni della Procura Generale, ha accolto l’esperito gravame, cassando l’impugnata ordinanza e decretando la translatio dell’incidente di falso davanti al Tribunale di Roma.
SOLUZIONE
[1] La soluzione offerta al problema di competenza emerso nella fattispecie testé riportata rispecchia un orientamento da cui la Suprema Corte, pur ripetutamente sollecitata in differenti direzioni, non ha mai ritenuto di dover deflettere, vale a dire che, eccezion fatta per le sole ipotesi di querela di falso proposta in via incidentale davanti al Tribunale e, dunque, in tutte le restanti ipotesi tanto di esperimento della querela in via principale come in quelle di esperimento in via incidentale al cospetto di Corte d’appello o giudice di pace, la competenza territoriale dev’essere determinata sulla base dei fori generali delle persone fisiche e giuridiche di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c., nella specie inderogabili ex art. 28 c.p.c. trattandosi di causa per la quale è previsto l’intervento necessario del Pubblico Ministero (la pronuncia richiama in tal senso Cass., 23 giugno 2016, n. 13032; Cass., 23 marzo 2006, n. 6465; Cass., 16 luglio 2005, n. 15093; Cass., 21 maggio 2004, n. 9713; cui adde, per il periodo più risalente, Cass., 5 ottobre 1992, n. 10920). Essendo, nella specie, intervenuta, l’impugnazione di falso, contro atto redatto da persona fisica, è stato allora sulla base dell’art. 18, e, conseguentemente, del luogo di residenza di quella persona, che è stato individuato nel Tribunale di Roma il giudice competente a pronunciare sull’impugnazione medesima
[2] In via preliminare, la Corte era stata chiamata pronunciarsi sull’ammissibilità, nel caso di specie, del regolamento necessario di competenza. Ed anche su questo punto, essa si è mossa rigorosamente nel solco della propria precedente giurisprudenza, ribadendo il principio, già scandito da Cass., 23 giugno 2016, n. 13032, e Cass., 23 marzo 2006, n. 6465, per cui, nel rimettere le parti al Tribunale dove dev’essere riassunta la causa di falso promossa in appello (o, come nella circostanza in esame, davanti alla Corte d’appello quale giudice di prima istanza), l’ordinanza ex art. 355 c.p.c. riveste valore decisorio della competenza e, come tale, è soggetta al gravame di cui all’art. 42 c.p.c.
QUESTIONI
[1] Dal testo della pronuncia in rassegna, non è desumibile sulla base di quale criterio la Corte di merito abbia identificato il Tribunale di Perugia come giudice presso il quale radicare la causa di falso che davanti ad essa Corte era stata intrapresa: se, ad es., in virtù della domiciliazione ivi effettuata dal ricorrente tramite il procuratore costituito in giudizio, ovvero perché luogo ove provvedere alla notifica dell’atto di riassunzione (presso l’Avvocatura dello Stato coinvolta nel giudizio dove l’incidente di falso era stato sollevato). Trattasi, in ogni caso, di criteri che la Cassazione, nell’invocare i fori generali ex artt. 18 e 19 c.p.c., ha sempre, e pure espressamente (v., con riguardo al secondo, la menzionata Cass. n. 9713/2004), messo fuori gioco, al pari di altri criteri, come quello avente riferimento agli effetti della pronuncia sui rapporti giuridici della cui prova si tratti (apertis verbis confutato da Cass. n. 15093/2005, cit., oltre che dall’ordinanza in rassegna) ovvero quello della competenza per attractionem rispetto alla causa di merito (qui, peraltro, nemmeno in abstractis ipotizzabile, stante l’appartenenza della causa di merito alla competenza per materia della Corte d’appello e non del Tribunale).
[2] Il problema della soggezione al regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. dell’ordinanza regolata dall’art. 355 dello stesso corpus normativo va affrontato con partito riferimento ai due capi fondamentali in cui il provvedimento si lascia scomporre: il capo dichiarativo della competenza del Tribunale presso cui è ordinata la transmigratio della causa di falso; e il capo decretante la sospensione della causa di merito pendente innanzi alla Corte d’appello (scontato come, in caso di appello pendente innanzi al Tribunale avverso sentenza del giudice di pace, le due cause sarebbero oggetto di trattazione congiunta da parte del Tribunale medesimo, senza, logicamente, problemi di sospensione della causa di merito: per tutti, Tedoldi, L’appello civile, Torino, 2016, 552 s.).
Relativamente al primo di detti capi – e fatta salva l’eventualità (in merito alla quale v. Cass., 4 settembre 2015, n. 18892) che l’ordinanza non abbia individuato il giudice territorialmente competente presso cui eseguire la riassunzione della causa di falso -, l’ammissibilità del regolamento necessario di competenza appare sostanzialmente fuori discussione, constando in proposito soltanto un’isolata professione di dissenso in dottrina (cfr. Tedoldi, sub art. 355, in Consolo [diretto da], Codice di procedura civile. Commentario, VI ed., II, Milano, 2018, 1435 s.).
Diverso discorso vale con riguardo al secondo capo. Prevale certo, oggi, la tesi della spendibilità anche in quella direzione del rimedio di cui si discorre, alla condizione che esso sia limitato alla verifica che la sospensione sia stata disposta nel rispetto dello schema legale di riferimento, senza possibilità di sindacare, per suo tramite, l’accertata presenza delle condizioni di ammissibilità della querela di falso, delle quali è esclusivamente il giudice investito dell’incidente a potersi occupare (cfr. Cass., 30 settembre 2015, n. 19576; Cass., 7 giugno 2013, n. 14497; Cass., 4 agosto 2010, n. 10890; nonché, nella sostanza, Cass., 16 maggio 2017, n. 12035, in Giur. it., 2017, 2107, annotata da M. Vanzetti, Querela di falso, sospensione del processo ed efficacia naturale della sentenza). Ma non sono mancate, anche in tempi recenti, posizioni di segno contrario, fondate su un’esegesi rigorosamente restrittiva dell’art. 42 c.p.c., tale per cui il regolamento necessario sarebbe esperibile solamente nei casi, ivi espressamente contemplati, di sospensione necessaria per pregiudizialità-dipendenza ex art. 295 c.p.c. nonché in altre fattispecie tipizzate di sospensione che a quella siano riannodabili secondo un rapporto di species a genus: ciò che, della sospensione prevista dall’art. 355 c.p.c. nonché di quella, analoga, di cui al precedente art. 313 (conseguente alla rimessione al Tribunale della querela di falso sollevata innanzi a giudice di pace), non si potrebbe dire, siccome non radicate sulla contemporanea pendenza di separate controversie legate da un rapporto di pregiudizialità-dipendenza (così Cass., 22 settembre 2002, n. 14062, con nota di Trisorio Liuzzi, Il regolamento di competenza e le sospensioni diverse da quella necessaria ex art. 295 c.p.c.; Cass., 22 novembre 2011, n. 24621; per una valutazione critica di questa giurisprudenza, sulla scorta del rilievo che, stante la sua esperibilità in via principale, la querela di falso non rappresenterebbe una semplice fase della causa di merito ma un giudizio autonomo, v. però M. Vanzetti, Querela di falso, cit., 2112 ss.; P. Farina, La querela civile di falso. II. Profili teorici e attuativi, Roma, 2018, 186 s.).
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