11 Marzo 2025

Compenso dell’architetto da pagarsi solo mediante cessione del credito oppure in danaro?

di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Monza, 28 dicembre 2024, Giudice De Giorgio

Parole chiave

Contratto d’opera – Compenso – Recesso – Pagamento – Cessione del credito

Massima: “Nell’ambito dei contratti di prestazione d’opera professionale, se il committente è un condominio, basta la delibera condominiale per quantificare il compenso spettante al professionista, anche se la delibera non è seguita da un contratto scritto. Inoltre, se la delibera non specifica che il compenso può essere pagato mediante cessione del credito, il professionista ha diritto a essere pagato in danaro”.

Disposizioni applicate

Art. 2233 c.c. (compenso), art. 2237 c.c. (recesso)

CASO

Un architetto svolte attività di progettazione per la riqualificazione energetica di un edificio condominiale. L’assemblea del condominio ha adottato apposita delibera con la quale ha incaricato il professionista. La delibera prevede anche l’importo da corrispondersi all’architetto, nella misura di 102.600 euro. Buona parte del lavoro viene svolto, fino a quando il condominio recede dal contratto di prestazione d’opera professionale. L’architetto chiede di essere pagato per l’attività svolta, ma il condominio si rifiuta. Conseguentemente il professionista si rivolge all’autorità giudiziaria e il Tribunale di Monza emette decreto ingiuntivo di pagamento per l’importo di 79.447 euro. Il condominio presenta opposizione al decreto ingiuntivo. La tesi del condominio è che sarebbe stato pattuito un pagamento mediante sconto in fattura, cosicché l’architetto non avrebbe diritto a essere pagato con danaro in sostituzione della cessione del credito d’imposta.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Monza esamina i documenti prodotti dalle parti. Non ci sono nella delibera previsioni per il caso di mancato perfezionamento della cessione del credito d’imposta. Il giudice monzese nega rilievo all’istituto della presupposizione. Dal momento che l’importo dei lavori è stato concordato e che i lavori sono stati (in parte) svolti, il compenso deve essere pagato dal condominio.

QUESTIONI

Il successo pratico del superbonus al 110% è dovuto al fatto che i committenti non dovevano sborsare nulla per l’esecuzione dei lavori. Mediante il meccanismo della cessione del credito o dello sconto in fattura era possibile ottenere i lavori cedendo solo un credito d’imposta.

La previsione di un pagamento mediante cessione del credito/sconto in fattura costituisce un’eccezione alla regola per cui il corrispettivo dell’appalto va pagato in danaro. Ciò risulta dalla nozione di appalto che prevede un corrispettivo in danaro (art. 1655 c.c.). Se si vuole prevedere un metodo alternativo di pagamento, occorre che sia specificato nel contratto tra le parti. Questo vale non solo per il contratto di appalto, ma anche per il contratto di prestazione d’opera tra il committente e il professionista tecnico.

L’art. 2233 c.c. prevede che il compenso dovuto al prestatore d’opera può essere convenuto tra le parti. Nel caso di specie vi era una specifica delibera del condominio che determinava l’ammontare del compenso nella somma indicata sopra. Non vi erano invece previsioni relative al possibile pagamento del compenso mediante cessione del credito/sconto in fattura.

Un primo scoglio che il Tribunale di Monza supera è quello relativo all’assenza di un contratto di prestazione d’opera tra le parti. Il giudice ritiene che esso non sia necessario, bastando la delibera condominiale. Dal momento che la delibera indica l’importo per la prestazione professionale e che i lavori sono stati eseguiti dall’architetto, si ha accettazione tacita da parte del professionista della proposta economica fatta dal condominio. Del resto la legge non impone un contratto scritto per i rapporti di prestazione d’opera professionale: l’incarico può essere conferito anche verbalmente (in questo senso si veda Trib. Palermo, 17 aprile 2023, in dirittopratico.it).

La sentenza del Tribunale di Monza si occupa anche di recesso del committente dal contratto di prestazione d’opera professionale. Nel caso concreto, il condominio – quando i lavori erano pressoché terminati – aveva revocato l’incarico all’architetto. L’ipotesi è espressamente disciplinata dalla legge, che prevede che “il cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d’opera le spese sostenute e pagando il compenso per l’opera svolta” (art. 2237 comma 1 c.c.). Ne consegue che l’architetto ha diritto di essere pagato per i lavori svolti fino al momento del recesso. Un caso simile è stato affrontato dal Tribunale di Napoli (25 febbraio 2022, in dirittopratico.it): anche il giudice napoletano ha stabilito che, in caso di recesso del committente, vanno pagati i lavori svolti fino al momento del recesso.

Il punto centrale della sentenza del Tribunale di Monza concerne però le modalità di pagamento del corrispettivo: solo mediante cessione del credito oppure, se la cessione non è possibile, in danaro? La tesi del condominio era che fosse sottinteso che il pagamento sarebbe dovuto avvenire esclusivamente mediante cessione del credito/sconto in fattura. Il committente invoca insomma la figura della presupposizione. Per presupposizione si intende una condizione voluta da ambedue le parti, ma non espressa nel contratto. L’argomentazione del condominio viene però rigettata dal giudice. La presupposizione deve essere una volontà comune di ambedue le parti, seppure non manifestata in modo espresso, e non di una sola di esse. Nel caso di specie, si può anche ritenere che effettivamente il condominio non avrebbe conferito l’incarico se avesse saputo di dover pagare in danaro il corrispettivo. Tuttavia, ciò non vale per il professionista: per questi è tendenzialmente indifferente essere pagato in danaro oppure mediante cessione del credito, purché venga – senza ombra di dubbio – pagato. Inoltre, la mancata realizzazione di quanto dato presupposto da ambo le parti determina la risoluzione dell’intero contratto. Nel caso concreto però la prestazione del professionista è già stata resa. Se la prestazione è già stata resa, a voler far operare la presupposizione il condominio si avvantaggerebbe di una prestazione senza corrispettivo. L’architetto potrebbe insomma invocare l’ingiustificato arricchimento per essere pagato lo stesso.

Una soluzione diversa da quella prospettata dal Tribunale di Monza si può avere se il contratto specifica chiaramente che la cessione del credito è l’unica modalità di pagamento del professionista tecnico. In questi casi i rischi connessi alla mancata cessione del credito ricadono sul professionista. Alcune clausole contrattuali più sofisticate distinguono tra le cause che hanno determinato la mancata cessione del credito: se la colpa è del committente, questi deve pagare il compenso in danaro; se la colpa è del professionista (o dell’appaltatore), il professionista non ha diritto ad alcun compenso.

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