Il compenso del sindaco di società di capitali è pignorabile nelle forme dell’espropriazione mobiliare presso terzi
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 12 gennaio 2023, n. 756 – Pres. Rubino – Rel. Rossetti
Sindaco di società di capitali – Professionista facente parte di un’associazione professionale – Pignorabilità dei compensi nelle forme dell’espropriazione mobiliare presso terzi – Ammissibilità – Trasferimento all’associazione della legittimazione all’incasso dei crediti del professionista – Irrilevanza
I compensi dovuti a un professionista facente parte di un’associazione professionale possono essere pignorati nei confronti dei suoi clienti nelle forme del pignoramento presso terzi, a nulla rilevando che egli abbia delegato altri all’incasso, oppure che egli si sia obbligato, nei confronti dell’associazione medesima, a riversare in un fondo comune i proventi della propria attività professionale, salvo che non vi sia stata una formale cessione dei suddetti crediti.
CASO
Una banca promuoveva un’espropriazione mobiliare presso terzi, pignorando i crediti vantati dal proprio debitore nei confronti di alcune società a titolo di compensi per lo svolgimento dell’incarico di membro del collegio sindacale.
Le società terze pignorate, tuttavia, rendevano dichiarazioni negative, affermando che tutti i rapporti contrattuali erano dalle stesse intrattenuti con l’associazione professionale di cui il debitore esecutato faceva parte.
La banca contestava le dichiarazioni e introduceva il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo ai sensi dell’art. 548 c.p.c. (nella versione antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, in l. 10 novembre 2014, n. 162), all’esito del quale il Tribunale di Milano escludeva l’esistenza dei crediti pignorati in capo al debitore esecutato.
La sentenza di primo grado veniva confermata in appello, con pronuncia gravata mediante ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, affermando che il creditore di un professionista appartenente a un’associazione professionale può pignorare i compensi dovutigli dai suoi clienti nelle forme del pignoramento presso terzi, essendo irrilevante la circostanza che l’incasso di tali compensi sia stato delegato ad altri (e, in particolare, all’associazione professionale cui il professionista appartiene), oppure l’esistenza di un obbligo, nei confronti dell’associazione professionale, di riversare in un fondo comune i proventi della propria attività.
QUESTIONI
[1] Con l’ordinanza che si annota, la Corte di cassazione ha precisato le modalità con le quali debbono essere pignorati i compensi di chi riveste l’incarico di membro del collegio sindacale di una società di capitali, che, come noto, vigila sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, svolgendo una funzione di controllo dell’attività degli amministratori, della gestione sociale, della tenuta dei libri contabili e della formazione del bilancio.
La figura del sindaco si distingue nettamente da quella dell’amministratore, cui spetta la gestione dell’impresa e la rappresentanza della società e che, per effetto dell’immedesimazione organica, la impersona all’esterno nei confronti dei terzi e nei rapporti con gli stessi: a questo proposito, va rammentato che le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la sentenza n. 1545 del 20 gennaio 2017, hanno affermato che l’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione di una società per azioni sono legati alla stessa da un rapporto di tipo societario che, in virtù dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso tra quelli previsti dall’art. 409, n. 3), c.p.c., con la conseguenza che i compensi spettanti all’amministratore per le funzioni svolte sono pignorabili – nelle forme del pignoramento presso terzi – senza i limiti previsti dall’art. 545, comma 4, c.p.c.
Anche i crediti per compensi del sindaco di società di capitali sono pignorabili nelle medesime forme e, a maggior ragione, nei medesimi termini, visto che l’incarico ha per oggetto una funzione di controllo che presuppone e implica necessariamente la terzietà e l’imparzialità rispetto all’ente che vi è assoggettato ed esclude, di conseguenza, la ravvisabilità di un rapporto di subordinazione o di parasubordinazione che possa escludere o limitare l’espropriabilità degli emolumenti ai sensi dell’art. 545 c.p.c.
Nella fattispecie esaminata dalla Corte di cassazione, peraltro, la questione dibattuta atteneva propriamente al profilo della titolarità del credito.
La banca creditrice, infatti, aveva promosso il pignoramento nei confronti delle società nel collegio sindacale delle quali il debitore esecutato sedeva come membro.
Tali società, tuttavia, avevano reso dichiarazione negativa, ciascuna di esse affermando che il rapporto contrattuale in cui si inscriveva l’incarico era intrattenuto con l’associazione professionale della quale l’esecutato faceva parte, con la conseguenza che questi non poteva essere considerato loro creditore.
Nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo promosso ai sensi dell’art. 548 c.p.c. (prima dell’entrata in vigore della riforma che lo ha trasformato da procedimento autonomo in parentesi cognitiva svolgentesi nell’ambito del processo esecutivo e condotta dal medesimo giudice dell’esecuzione), il Tribunale di Milano aveva condiviso questa impostazione, rilevando che una delibera dell’associazione professionale cui apparteneva l’esecutato aveva stabilito che questi fosse nominato sindaco effettivo delle società in questione quale componente della medesima associazione, alla quale spettava dunque la remunerazione per la carica.
In secondo grado, al fine di escludere che l’esecutato fosse titolare dei crediti per emolumenti legati alla carica di sindaco, veniva dato rilievo anche al fatto che lo statuto dell’associazione professionale stabiliva che tutti gli associati si obbligavano a svolgere la propria attività a favore della stessa in modo esclusivo, partecipando agli utili in misura proporzionale alla redditività effettiva di ciascuno di essi; al fatto che, negli atti di nomina, era precisato che la remunerazione per lo svolgimento dell’incarico di sindaco spettava non all’esecutato, ma all’associazione professionale; al fatto che, di conseguenza, la facoltà di riscuotere i crediti oggetto del pignoramento spettava alla sola associazione professionale, di modo che le società terze pignorate erano debitrici di quest’ultima e non dell’esecutato.
La Corte di cassazione è andata di contrario avviso, evidenziando innanzitutto che sindaco di una società di capitali può essere solo una persona fisica (come si evince dall’art. 2397 c.c.), che, nello svolgimento dell’incarico, adempie una prestazione professionale che dev’essere eseguita personalmente, come prescritto dall’art. 2232 c.c.
Un tanto esclude in radice che il rapporto che si instaura con il conferimento e l’assunzione dell’incarico di membro del collegio sindacale possa fare capo a un soggetto diverso dalla persona fisica chiamata a svolgerlo, quand’anche si tratti dell’associazione professionale di cui faccia parte (che non può, dunque, assumerlo in sua vece e delegarglielo successivamente).
Non vi è dubbio, pertanto, che, con il conferimento dell’incarico, la società diviene debitrice del professionista che ricopre il ruolo di sindaco.
Trattandosi di un credito – quello per emolumenti legati allo svolgimento dell’incarico – per il quale non vige il divieto sancito dall’art. 1261 c.c., esso è peraltro liberamente cedibile; allo stesso modo, al professionista creditore è consentito trasferirne la legittimazione a esercitarlo (per esempio, conferendo un mandato) o a incassarlo (indicando un altro soggetto quale destinatario del pagamento dovuto dalla società).
Fermo restando ciò, la Corte di cassazione ha sottolineato come il mero trasferimento della legittimazione all’esercizio o all’incasso del credito non sia opponibile al creditor creditoris, che può, dunque, pignorare i crediti del sindaco, a meno che non sia intervenuta una loro cessione, idonea ad attribuirne la titolarità ad altri (ossia, nel caso di specie, all’associazione professionale di cui l’esecutato faceva parte).
Di una tale cessione, tuttavia, non vi era evidenza nel caso di specie, né l’obbligo di versare all’associazione professionale i compensi derivanti dallo svolgimento dell’incarico di sindaco statutariamente assunto dall’esecutato poteva essere opposto ai suoi creditori, trattandosi di un vincolo di carattere interno che impegnava i soli membri dell’associazione ed esplicava i propri effetti esclusivamente nei loro confronti, senza trasferire la titolarità del credito.
Parimenti inopponibile al creditore pignorante doveva considerarsi il patto con cui l’associazione professionale e le società nelle quali il professionista ricopriva la carica di sindaco avevano stabilito che le seconde sarebbero state obbligate a versare gli emolumenti alla prima, in quanto res inter alios acta. In ogni caso, anche volendo qualificare tale accordo come indicazione di pagamento ai sensi dell’art. 1188 c.c., ovvero come delegatio solvendi, sia un caso che nell’altro la qualità di creditore sarebbe rimasta comunque in capo a chi aveva compiuto l’indicazione o la delegatio, vale a dire il professionista, legittimato a effettuarle proprio in quanto, conservando il diritto al compenso per l’incarico svolto ed essendone dunque titolare, poteva disporre del credito in questione.
Da ultimo, è stato evidenziato che dallo statuto dell’associazione non potevano evincersi disposizioni idonee a condurre a una soluzione contraria.
In particolare, quella che obbligava gli associati a prestare la propria opera a favore dell’associazione in modo pieno ed esclusivo non determinava un trasferimento della titolarità dei relativi crediti, costituendo semplicemente un patto di esclusiva, mentre quella che attribuiva agli associati il diritto di partecipare agli utili in proporzione alla redditività effettiva di ognuno di loro dettava semplicemente una regola di ripartizione, inidonea a incidere – anche in questo caso – sulla titolarità dei crediti che tali utili generavano.
Pertanto, è stato affermato il principio di diritto in forza del quale, poiché solo la cessione del credito – e non la mera delega all’incasso – priva il creditore di tale sua qualità, chi vanta un credito nei confronti di un professionista può pignorare i compensi dovutigli dai suoi clienti nelle forme dell’espropriazione mobiliare presso terzi, a nulla rilevando che quel professionista abbia delegato altri all’incasso o si sia obbligato, nei confronti dell’associazione professionale cui appartiene, a riversare in un fondo comune i proventi della propria attività professionale.
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