Il compenso del CTU in caso di plurimi accertamenti non interdipendenti
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. I, 23 novembre 2023, n. 32521, Pres. Cristiano, Est. Crolla
[1] Consulente tecnico d’ufficio – Liquidazione del compenso – Pluralità di accertamenti non interdipendenti
In tema di liquidazione del compenso al consulente tecnico d’ufficio, la pluralità di accertamenti non interdipendenti, che presuppongono necessariamente una pluralità di incarichi di natura differente, comporta una liquidazione autonoma del compenso per ciascun accertamento.
CASO
[1] All’interno di un giudizio instaurato a norma degli artt. 146 l.fall. e 2497 c.c. veniva disposta consulenza tecnica d’ufficio per accertamenti di natura contabile.
Il decreto di liquidazione del compenso del CTU veniva impugnato dal Fallimento ai sensi dell’art. 15, d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150 (c.d. di semplificazione dei riti).
Il ricorso veniva tuttavia rigettato dal Tribunale di Firenze, il quale ha ritenuto che il giudice istruttore avesse correttamente liquidato le somme spettanti all’ausiliaria procedendo alla sommatoria dei compensi relativi a ciascuno dei tre diversi quesiti oggetto dell’indagine affidatale, calcolati, per i primi due, a norma dell’art. 2 del D.M. 30 maggio 2002 e, per il terzo, a norma dell’art. 11 dello stesso D.M.
Il Fallimento proponeva ricorso per cassazione avverso tale ordinanza deducendo, per quanto di interesse nella presente sede, violazione o falsa applicazione degli artt. 49 e ss. del d.p.r. 15 giugno 2002, n. 115 e degli artt. 1, 2 e 11 delle tabelle allegate al D.M. 30 maggio 2002 in relazione all’art 360, 1°co., n. 3), c.p.c. Nel dettaglio, il Fallimento lamentava che il giudice istruttore prima e il tribunale poi fossero incorsi nell’errore di prendere a base del calcolo degli scaglioni non il valore globale della controversia, come prescritto dall’art. 1 del D.M. citato, ma i singoli dati numerici estrapolati da ciascun quesito procedendo alla loro sommatoria; sempre secondo quanto sostenuto dal ricorrente, l’ordinanza impugnata avrebbe confermato la liquidazione del giudice istruttore che aveva applicato, per il terzo quesito, gli scaglioni dell’art 11 del D.M. menzionato, inerenti a una materia completamente estranea all’oggetto dell’incarico conferito al CTU.
SOLUZIONE
[1] La Cassazione rigetta il ricorso per cassazione proposto, dichiarando l’inammissibilità del motivo qui in esame: lo stesso, infatti, sotto l’apparente deduzione della violazione di legge, mirerebbe in realtà a sollecitare un nuovo giudizio in merito alla natura – unitaria o plurima – degli accertamenti demandati dal giudice al CTU, ossia un accertamento in fatto che è sottratto al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti di cui all’art 360, 1°co., n. 5), c.p.c. o per carenza di motivazione o motivazione apparente. Tale vizio, nella fattispecie in esame, non sussiste, in quanto il giudice ha spiegato che il compenso liquidato al CTU è stato ottenuto tenendo conto dei valori medi ricavabili dall’applicazione degli artt. 2 del D.M.
30 maggio 2002, per i primi due quesiti e 11 del medesimo D.M.
per il terzo quesito, così disattendendo, implicitamente, l’impostazione unitaria e onnicomprensiva di calcolo dell’onorario prospettata dal Fallimento.
QUESTIONI
[1] La questione posta all’attenzione della Suprema Corte riguarda la possibilità per il giudice di procedere, in relazione ai singoli accertamenti demandati al CTU, alla liquidazione dei singoli compensi, da sommarsi tra di loro, per ogni quesito ritenuto autonomo rispetto agli altri.
Possiamo a tal proposito ricordare il testo dell’art. 29, D.M. 30 maggio 2002 (recante «Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell’autorità giudiziaria in materia civile e penale»), il quale prevede che «Tutti gli onorari, ove non diversamente stabilito nelle presenti tabelle, sono comprensivi della relazione sui risultati dell’incarico espletato, della partecipazione alle udienze e di ogni altra attività concernente i quesiti», così sancendo un principio di onnicomprensività dell’onorario.
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, però, tale principio “riguarda le attività complementari e accessorie che, pur non essendo specificamente previste in sede di conferimento dell’incarico, risultano tuttavia strumentali all’accertamento tecnico, e non trova applicazione in presenza di una pluralità di indagini non interdipendenti, che presuppongono necessariamente una pluralità di incarichi di natura differente, come nel caso di richiesta di rilievi topografici e planimetrici da un lato, e di attività di stima dei beni dall’altro che, in quanto previsti distintamente dagli art. 12 e 13, comportano una liquidazione autonoma del compenso” (Cass., 25 marzo 2010, n. 7174; Cass., 4 giugno 2018, n. 14292; implicita conferma è rinvenibile anche in Cass., 2 ottobre 2019, n. 24605, secondo la quale “ai fini della liquidazione del compenso al consulente tecnico, deve aversi riguardo all’accertamento richiesto dal giudice e non al tipo di indagini che il consulente ha svolto per pervenire a quell’accertamento, essendo esse lo strumento utilizzato dall’ausiliare per pervenire al risultato richiesto. Pertanto, nel caso in cui la consulenza richieda l’esame di una pluralità di bilanci, l’onorario (da calcolarsi a percentuale secondo il disposto dell’art. 4 del d.p.r. n. 352 del 1988) va liquidato globalmente e non per singole annualità se, avuto riguardo alla natura dell’incarico conferito all’ausiliare, è unico il risultato finale da fornire al giudice”).
Dunque, se è vero che, ai fini della determinazione giudiziale del compenso dovuto al consulente tecnico d’ufficio, un incarico avente ad oggetto una pluralità di quesiti deve essere considerato unico (Cass., 16 febbraio 2006, n. 3414), è altrettanto vero che, qualora si tratti di accertamento plurimo, ancorché in base a incarico unitario, è legittima la liquidazione degli onorari sommando quelli relativi a ciascuno dei distinti accertamenti richiesti (Cass., 23 marzo 2007, n. 7186; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21224).
Ciò significa che il criterio da seguire non può essere ancorato esclusivamente al dato formale dell’unicità dell’incarico, ma diviene essenziale accertare se le finalità del quesito abbiano prodotto accertamenti autonomi e distinti o, invece, accertamenti accessori o accertamenti i quali, seppure distinti, siano ripetitivi o omogenei. Nel primo caso potrebbero ricorrere i presupposti per applicare la cumulabilità dei compensi; nella seconda, invece, varrebbe il concetto dell’unitarietà del compenso. (cfr. da ultimo Cass., 8 marzo 2023, 6927).
Nel decidere l’opposizione proposta, il Tribunale di Firenze, dopo aver riportato nel corpo dell’ordinanza i quesiti formulati al CTU, ha espressamente richiamato i principi appena ricordati, correttamente applicandoli al caso di specie.
Accertata la legittimità della modalità di determinazione separata degli onorari per ciascuna indagine tecnica, deve ritenersi corretto anche il calcolo degli onorari sulla base dei singoli accertamenti.
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